125 anni, e la saga Fiat continua

La storia della Fiat è la storia di 125 anni della dinastia Agnelli e prosegue ancora con il maggiore azionista di Stellantis, sebbene faccia Elkann di cognome. D’altra parte il capitalismo automobilistico mondiale è saga famigliare dai Ford ai Toyota, dai Peugeot ai Tata, dai Piech-Porsche ai Quandt e da fine Ottocento ai primi Novecento a Torino, sino alla parabola finale dei carrozzieri negli anni ottanta/novanta, era un pullulare di officine meccaniche che diventavano costruttori di auto. Su tutti la Fratelli Ceirano da cui nasce Fiat, con un Giovanni Agnelli arrivato all’ultimo minuto e che con disinvoltura e scaltrezza “elimina” con il tempo i suoi soci.

Come tutti i grandi agglomerati imprenditoriali anche la Fiat si avvantaggia in termini produttivi e economici con i due conflitti mondiali. Commesse e capitali con acquisizioni in ogni campo industriale. Dalla Thyssen a Ford ciò avviene per chi vince e per chi è sconfitto. Questo è possibile se non si disturba troppo il potere politico e infatti anche con il regime fascista non ci fu avversione, mentre Riccardo Gualino, per un periodo socio degli Agnelli e costruttore di un impero industriale fu cacciato, esiliato e perseguitato dal fascismo.

Sicuramente uno dei momenti in cui la dinastia vacillò fu il 30 maggio del 2004 appena sepolto Umberto Agnelli: Giuseppe Morchio chiede i pieni poteri e Gianluigi Gabetti, la chioccia della giovane nidiata Agnelli rimasta orfana, capisce il tentativo di golpe ed ecco che spunta, non troppo a caso, il nome di Sergio Marchionne per guidare la Fiat. Con Gabetti a fare muro c’è anche Luca di Montezemolo. Il resto è storia recente.

Quella recentissima dice che Exor, la cassaforte della famiglia Agnelli controlla il 14,4% delle azioni, la famiglia Peugeot l’8,5 e lo Stato francese il 6,2%. il dividendo di Exor è stabile da 3 anni e pure l’utile veleggia sopra i 4 miliardi. Insomma, l’impero Agnelli continua a godere di ottima salute.

E la storia di Fiat? Oggi Fiat è un brand e non più un’azienda ma in Italia continuiamo a guardarla con occhi “provinciali” mentre lei si è salvata aprendosi al mondo e diventando Stellantis, presente in 29 Paesi e con oltre 50 stabilimenti. Ciò comporta una grande forza ma anche un problema quando il mercato è incerto a causa, in Europa, di scelte politiche giuste come la transizione ecologica ma non condivise con le parti sociali nei tempi e nei modi. Questo sta provocando un calo del mercato e anche difficoltà occupazionali in tutta Europa che coinvolgono tutti i costruttori. Stellantis, stando al primo trimestre 2024, con vendite invariate rispetto all’anno precedente ha, però, una crescita in Medio Oriente e Africa del 23% anno su anno, mentre nell’Europa allargata è del 6%. Le vendite globali di auto elettriche sono aumentate dell’8% e le vendite delle ibride in Nord America sono aumentate del 79% anno su anno. Jeep Wrangler, Jeep Grand Cherokee e Dodge Hornet sono state le tre ibride più vendute negli Stati Uniti. I veicoli commerciali Stellantis Pro One hanno raggiunto la leadership di mercato nella regione del Medio Oriente & Africa nel trimestre con il 26% di quota di mercato, mantenendo la propria posizione di numeri uno sia in nell’Europa a 30 che in Sud America.

Leggere questi dati ci conferma che noi abbiamo gli occhi puntati sull’Italia e non vediamo la decadenza del vecchio continente, sperando che la nuova Commissione europea riveda le scadenze della transizione ecologica ridando fiato al mercato. Sopratutto i nostri occhi non vedono il nuovo mondo in rapida crescita, lo indicano i risultati delle vendite  mondiali e dove Stellantis investe. Gli Elkann-Agnelli non hanno perso il “vizio” del nonno e del bisnonno di fiutare gli affari, di investire e di guadagnare. 125 anni dopo la saga continua.

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