La Margherita non rifiorirà

A volte nella politica italiana si lanciano slogan confondendoli con nobili e grandi progetti politici del passato. Uno fra questi è il cosiddetto “ritorno della Margherita”. Operazione ovviamente impossibile per una ragione persino troppo semplice da spiegare. La Margherita nasce nel 2002 come un partito di centro riformista, plurale e di governo alternativo ai Ds e poi decide, alcuni anni dopo, di dar vita ad un nuovo soggetto politico, il Partito democratico. Per la precisione nel 2007. I suoi principali leader – da Rutelli a Marini a Parisi a molti altri – confluirono tutti nel Pd dell’epoca che era un vero ed autentico partito di centro sinistra, molto lontano dall’attuale profilo del Pd che è diventato, e del tutto legittimamente, un partito espressione di una sinistra radicale, massimalista e libertaria.

Ora, e per restare alla Margherita, è addirittura grottesco, se non addirittura comico, leggere simpatiche dichiarazioni di chi vuole rifare la Margherita collocandola nell’attuale alleanza di sinistra. E questo per tre motivi di fondo. Innanzitutto, ed è la ragione principale e come ho appena accennato, gli esponenti di centro - di matrice cattolico popolare, laica, socialista, ambientalista e moderata - sono confluiti tutti, e da molto tempo, nel Pd. Sarebbe curioso se qualcuno di questi decidesse, di comune intesa con la segretaria nazionale del Pd, di uscire momentaneamente da quel partito per dar vita ad una nuova ed inedita Margherita. Tesi talmente ridicola da neanche prendere in considerazione.

In secondo luogo, la Margherita – primo esperimento di partito culturalmente plurale nella storia democratica del nostro Paese – non può essere il banale prolungamento di un piccolo partito personale. Penso, nello specifico, ai partiti personali di Renzi o di Calenda.

In ultimo, ma non per ordine di importanza, la Margherita non nasce come un esperimento da laboratorio. Per la semplice ragione che non può decollare perché ad un certo punto ci si rende conto che alla sinistra radicale della Schlein, alla sinistra estremista e fondamentalista del trio Fratoianni/Bonelli/Salis e alla sinistra populista e demagogica dei 5 stelle manca un segmento politico e allora, di comune intesa, si dà il mandato a qualcuno di allestire una baracca centrista e moderata per riequilibrare l’intero caseggiato. Operazione, quest’ultima, che assomiglia molto alla presenza dei vecchi “partiti contadini” di comunista memoria. Cioè partiti che venivano inventati e panificati a tavolino per poter dire che la coalizione era plurale in quanto erano presenti le varie sensibilità politiche e culturali.

Ecco perché parlare, oggi, di Margherita significa semplicemente divagare attorno ad un tema che, invece, era e resta molto serio. E cioè, come ricostruire una vera e credibile alleanza di centro sinistra nel nostro paese. A livello nazionale come a livello locale. Ma i tempi cambiano inesorabilmente e il passato, molto semplicemente, non si può riproporre in modo meccanico perché, nel frattempo, è cambiato radicalmente lo scenario storico, politico, culturale e sociale.

Per questi motivi la Margherita, come la Dc o il Pci o il Psi e molti altri partiti del passato sono strumenti politici, culturali ed organizzativi consegnati alla storia. Che vanno certamente studiati, approfonditi, analizzati e sviscerati ma che, come ovvio a quasi tutti, non possono essere riproposti come se nulla fosse capitato nel frattempo. Con buona pace dei furbacchioni e di tutti coloro che pur di essere presenti sulla scena pubblica ne inventano una al giorno.

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