GEOGRAFIA POLITICA

Vco in balia del referendum

Dal destino dell'ospedale di Ornavasso al Tribunale di Verbania. L'annessione alla Lombardia presenta una serie di rischi di cui nessuno aveva tenuto conto. E ora il comitato promotore pare politicamente sempre più isolato

“Un referendum emozionale”, indetto sull’onda di una non meglio definita voglia di secessione che ora rischia di rimanere impantanato su questioni prettamente prosaiche. Non ci sono i soldi per organizzare la consultazione popolare e chiedere ai cittadini del Verbano Cusio Ossola la loro opinione sul trasloco in Lombardia e pure dal punto di vista politico iniziano a manifestarsi, sempre meno sotterraneamente, non poche resistenze.

La stima di 400mila euro fatta dal comitato promotore guidato dall’ex parlamentare berlusconiano, ora leghista Valter Zanetta sembra fin troppo ottimistica, poiché secondo il deputato verbanese Enrico Borghi (Pd) “non tiene conto degli straordinari che vengono richiesti ai dipendenti dei Comuni”. Insomma, un bel pasticcio. Un cortocircuito politico-istituzionale in cui è pienamente coinvolto pure il Viminale di Matteo Salvini, giacché è stato il governo a indire il referendum per il 21 ottobre e “ora deve garantire ai cittadini la possibilità di esprimersi”. Come? La norma prevede che siano gli enti locali promotori a mettere a disposizione le risorse per necessarie, ma la Provincia, dopo i tagli dello stato centrale e con un bilancio deficitario non ha i soldi. Anche il presidente Stefano Costa, dopo aver prospettato la possibilità di attingere al fondo di riserva, è tornato sui suoi passi e molti Comuni, cui era stato chiesto di anticipare di tasca propria, hanno già risposto marameo, compreso il capoluogo Verbania.

Il problema è finanziario, ma anche politico. La Lega, che a lungo ha soffiato sul fuoco della secessione verbanese ora pare decisamente più prudente e pure Zanetta, principale sostenitore del trasferimento in Lombardia (e neo leghista dopo una carriera politica tra Dc e Forza Italia) pare che da giorni trovi i cellulari di Salvini e Riccardo Molinari irraggiungibili. “Mi chiedo come mai il Ministero dell'Interno abbia indetto il referendum e poi se n’è lavato le mani in modo pilatesco” prosegue Borghi.

Ma perché in tanti stanno tirando i remi in barca? Difficile comprendere questo dedalo in cui si intersecano dinamiche territoriali e nazionali. Prendiamo per esempio l’investimento programmato dalla Regione Piemonte per la realizzazione del nuovo ospedale di Ornavasso: in caso di trasferimento è evidente che quest'onere spetterebbe alla Lombardia, ma anche questa eventualità non è affatto pacifica. E se il nosocomio, pensato per servire proprio il distretto del Vco, non si dovesse più realizzare è presumibile che per una questione di vicinanza geografica molti verbanesi (che intanto sono diventati lombardi) andrebbero a curarsi nella nuova Città della Salute di Novara aumentando la mobilità passiva dalla Lombardia. Un altro esempio riguarda il tribunale di Verbania, salvato dall’ultima riorganizzazione della geografia giudiziaria messa in atto dal precedente governo, ampliandone l’area di influenza anche ai Comuni più a Nord della provincia di Novara. Con il trasferimento in Lombardia rischia di non avere più i numeri per rimanere aperto. Che il governatore Attilio Fontana (e non solo) stia iniziando a rendersi conto di questi effetti collaterali? “Sono imbarazzato per loro – conclude Borghi –. C’è un comitato promotore che ha voluto questo referendum senza aprire un vero negoziato con la Regione Piemonte, cioè senza entrare seriamente nel merito delle questioni e ora tanti nodi stanno venendo al pettine”.

Per il sindaco di Verbania Silvia Marchionini, che assicura il suo voto contrario, il referendum è una questione di cui “non si parla in città”. Bolla l’iniziativa come mera “propaganda” poiché “manca un progetto, non si sa cosa accadrebbe anche da un punto di vista di integrazione degli uffici”.

Semmai si farà, l’ultimo ostacolo riguarda il doppio quorum previsto dalla legge. Perché la consultazione sia valida, infatti, è necessario che si rechino alle urne il 50 per cento più uno degli elettori, ma perché il Sì risulti vincente avrà bisogno di ottenere la metà più uno dei voti rispetto alla platea totale degli elettori. Un risultato tutt’altro che scontato. E poi, trattandosi di referendum consultivo, bisognerà vedere come si comporteranno i Consigli delle due regioni interessate: e se a loro volta indicessero un referendum per far esprimere tutti i loro cittadini sulla questione? Insomma, un bel ginepraio.