LE REGOLE DEL GIOCO

Legge elettorale sul binario morto

Si allungano i tempi e si allontanano le possibilità di modificare il sistema di voto regionale. Consultazioni sui cinque testi presentati. Maggioranza divisa. Le opposizioni non intendono fare regali al "candidato Chiamparino"

Prendere tempo per perdere tempo. Questa appare la mossa che ispira ormai gran parte del Consiglio regionale sulla legge elettorale. Anche la seduta odierna della Commissione Affari costituzionali, presieduta da Vittorio Barazzotto, che doveva essere determinante per tracciare la road map per una celere approvazione della riforma si è conclusa con l’ennesimo nulla di fatto, un conclave con ancora una fumata nera. Un gioco dell’oca in cui si parte sempre dal punto di partenza e la sensazione è che a molti, in fondo, stia bene così. L’unica mossa che davvero temono i consiglieri è l’iniziativa di Leu, volta a introdurre la doppia preferenza di genere: se quella proposta, che ha in Silvana Accossato la prima firmataria, dovesse approdare in aula chi avrebbe l’ardire di votare contro? E, soprattutto, al netto del nobile proposito di allargare la partecipazione delle donne, potrebbe trasformarsi in un pericoloso cavallo di Troia e far scatenare il pandemonio. E se si apre il vaso di Pandora tutto può accadere, compresa l'approvazione di un sistema elettorale talmente pasticciato da rendere ingovernabile l'ente nella prossima legislatura.

Questa mattina è stato deciso di avviare la consultazione fisica e online di tutti i soggetti istituzionali, a partire dall’Anci e dall’Associazione dei comuni montani, per analizzare le diverse proposte presentate. A oggi sono cinque i testi depositati: quello dell’allora capogruppo dem Davide Gariglio (accorpamento dei collegi – Torino, Asti+Alessandria, Cuneo, Novara+Vco+Vercelli+Biella - e premio di maggioranza secco sul modello dei Comuni), quello dell’Uncem che prevede l’istituzione di collegi uninominali su tutto il territorio (una sorta di Provincellum regionale), quello di Forza Italia, primo firmatario Gilberto Pichetto (simile a quello di Gariglio ma con ripartizione in 5 collegi), quello di Leu (Silvana Accossato), volto a introdurre la doppia preferenza di genere, e infine quello del nuovo capogruppo del Pd, Domenico Ravetti che rispetto a Gariglio mantiene l’attuale geografia con le otto province e modula il premio di maggioranza a seconda del risultato ottenuto dalla coalizione vincente. Quasi inutile ribadire che ogni consigliere sta ragionando nell’ottica di tornare su quei banchi come dimostra la scarsa propensione dell’alessandrino Ravetti ad accorpare la sua provincia con Asti, dove l’attuale assessore all’Agricoltura, Giorgio Ferrero, minaccia di fagocitarlo in un testa a testa. Ma è solo uno dei mille esempi che si potrebbero fare.

Una sintesi, almeno sulla carta, sarebbe possibile, vista la disponibilità di tutti a procedere con l’abolizione del listino (e relativa redistribuzione del premio di maggioranza), e l’inserimento nella riforma della doppia preferenza, peraltro prevista dalla norma nazionale. “Ci siamo dati tempi stretti, entro metà ottobre intendiamo chiudere le consultazioni e proseguire con la trattazione – afferma Ravetti –. Il tempo è poco ma siamo determinati a chiudere poiché la legge elettorale non è, come dicono ora alcuni consiglieri di opposizione, un tema di poco interesse. Sono in discussione questioni importanti come la rappresentanza di tutti i territori piemontesi e la rappresentanza di genere”. In commissione, inoltre, è stata inserita nella discussione generale anche la proposta di Daniele Valle di ampliare da tre a sei il numero massimo di assessori esterni.

La sensazione, tuttavia, è che non se ne farà nulla, con buona pace di Sergio Chiamparino, il quale sul tema ci ha messo la faccia e dopo aver battuto i pugni sul tavolo ora rischia di trovarsi con un pugno di mosche. Ha spronato i suoi al limite dell’incidente diplomatico con quell’attacco (in parte rimangiato) al Consiglio regionale di cui un po’ “mi vergogno”. Certo non un affondo verso un organismo costitutivo della Regione, quanto piuttosto a chi ne occupa gli scranni. Insomma, il governatore ha affermato chiaramente che la legge elettorale è diventata una sua priorità, innescando nella sua maggioranza anche una certa disponibilità a chiudere in breve tempo. Allo stesso tempo, però, l’estrema personalizzazione della riforma (do you remember Renzi?) rischia di trasformarla in una battaglia del presidente al quale evidentemente, con la campagna elettorale orami alle viste, nessuno tra le opposizioni vuole fare questo regalo. Soprattutto dopo che ha annunciato la sua disponibilità a ricandidarsi mutando la sua posizione da governatore uscente a bersaglio (im)mobile, come immobile è stata la sua maggioranza per quattro anni e mezzo.

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