In auto con von der Leyen

Mirafiori-Bruxelles sola andata. Speriamo ci sia il ritorno. Si, perché se nel discorso della riconfermata presidente della Commissione Europea Von der Leyen ci sono importanti novità, come la revisione dei trattati, sul tema della transizione ecologica e ambientale nell’automotive sostanzialmente non cambia nulla. La larga maggioranza che l’ha eletta, smentendo le preoccupazioni della vigilia, hanno accentuato le promesse che si accompagnano con la vaghezza degli impegni. Eppure il voto europeo dei segnali li ha mandati e che non vanno letti come fa la nostra presidente del Consiglio. La destra ha perso in Europa ma gli elettori hanno indicato delle volontà che vanno colte. Soprattutto ci riguarda da vicino la tempistica sulla transizione all’elettrico e le scelte strategiche dei costruttori nei prossimi anni.

Il voto europeo va di pari passo con il mercato dell’auto e gli acquirenti ci dicono che l’orientamento, o meglio il disorientamento, del cliente resta verso i motori endotermici. Lo riprova che gli incentivi all’elettrico sono stati utilizzati in larga parte dalle flotte aziendali e non dal cittadino-consumatore. Non tenere conto di questo sarebbe un grave errore che si pagherebbe nelle prossime  elezioni dei parlamenti dei singoli stati.

In questo contesto Mirafiori ha bisogno del ritorno da Bruxelles di un segnale chiaro perché abbiamo solo più la testa fuori dalla “pauta”. Le indicazioni del mercato sono chiare, in Italia l’unico dato produttivo in crescita è la produzione della Panda, un’utilitaria, mentre tutte le altre produzioni, di segno meno, sono di media-alta gamma e/o elettrici. A Mirafiori la Maserati, full-elettric è affondata, la 500E crolla e abbiamo la promessa di un modello di piccola cilindrata endotermico. Potrebbe essere un mix perfetto perché se un settore di mercato va in crisi può essere supportato dalla crescita di un altro.  Purtroppo per ora la 500 endotermica è una promessa e questo mix può anche essere letto all’opposto e cioè con l’indeterminatezza del futuro. Non sarà sfuggito agli attenti torinesi che Mirafiori non è più lo stabilimento prioritario, nel futuro, vocato alla produzione della Maserati, ma lo diventa Cassino.

La presidente della Commissione europea affronta, nel suo discorso, un altro tema: i costi dell’energia. Fondamentale  per l’industria in generale e che determina dove vengono allocate le produzioni, anche di Stellantis, nei vari paesi. In Italia si ignora il nucleare sulla base di un referendum, è il caso di dirlo, dell’altro secolo. Oltretutto sempre nel Belpaese si alzano voci indignate rispetto ai sostegni statali alla Fiat, e infatti il ministro Urso non perde occasione di attaccare Stellantis facendo sbellicare di risate la platea, considerate le profondità dei problemi che pone, dal nome Milano per la nuova Alfa ai tricolori sulle auto prodotte in altri Paesi. Urso viene sbeffeggiato da Stellantis che mette in guardia Ford dal chiamare Capri un suo modello ma poi ricorda, sempre a Ford, che sta al gioco e ringrazia, che anche in Sudafrica c’è una località di nome Capri!

Se in Italia i modelli prodotti sono tutti di alta gamma ciò è dovuto a una scelta strategica derivante da un problema: l’alto costo dell’energia necessaria a muovere uno stabilimento produttivo che causa alti costi di produzione. Mentre gli altri Paesi fanno a gara per offrire condizioni migliorative il nostro governo va a caccia di bandierine sulle fiancate delle auto. Salvo poi proporre di cedere i marchi Autobianchi e Innocenti ai cinesi e ora anche l’antitrust indaga su DR che a Macchia d’Iserrnia assemblerebbe auto cinesi “fittiziamente” ma pubblicizzandole come prodotto italiano. C’è un po' di caccia alle streghe autarchica e inutile in questo periodo. Ricordo che il motore DR è austriaco, come la mettiamo?

Rimane il problema: in Italia produrre utilitarie ha costi elevati e pochissimo margine di profitto, circa 500 euro su una Panda. Non conviene, ma molti dovrebbero riflettere su quella scommessa vinta, ancora oggi, da Marchionne, in accordo con i sindacati firmatari del contratto collettivo specifico, su Pomigliano. Scordavo che in questo Paese e in questo sindacato le storie divisive ma vincenti sono da dimenticare ed è incomprensibile per chi ha fatto scelte coraggiose  e giuste.

Il segnale chiaro che ci si attendeva dall’Europa sull’industria dell’auto e di modifiche e aggiustamenti alla politica di transizione energetica per il 2035, per ora, non è arrivato, lasciando nell’indeterminatezza costruttori e consumatori con l’effetto di un mercato che non decolla.

I carburanti  alternativi all’elettrico che consentirebbero la vita, oltre il 2035, al motore endotermico come gli e-fuels non sono praticabili perché non è possibile, ad oggi, realizzare impianti in scala industriale, in grado di soddisfare la richiesta a prezzi paragonabili alle fonti fossili, per “ripulire” il settore dei trasporti tradizionale. Gli studi condotti dall’Icct (International Council on Clean Transportation) prevedono che nel 2035 gli e-fuels avranno ancora un costo di produzione 4 volte maggiore dei derivati del petrolio, a causa dell’energia elettrica impiegata e della scarsa efficienza dei processi, oltre a un costo proibitivo alla pompa. Inoltre Per ottenere gli e-fuel occorre tanta acqua, circa due litri per ottenerne uno di e-fuel, e molta energia; in un futuro in cui l’acqua sarà sempre più preziosa sorge più di un interrogativo.

La ricerca del sistema di alimentazione principale per il futuro e dei suoi costi per produrlo è alla base delle scelte che l’Europa deve compiere, nel frattempo Mirafiori acquista sempre più marginalità nel sistema produttivo di Stellantis in Italia. La storia sindacale ci ha insegnato che Torino è sempre stato cuore pulsante di proposte innovative e qualificanti per il territorio e determinante per le politiche industriali sindacali nazionale. Che ruolo ha oggi? Forse a partire dai sindacalisti ai vari politici lo slogan: duecentomila vetture per Mirafiori, avrebbe bisogno di diventare una politica per il territorio realistica uscendo dalla realtà demagogica.

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