GIALLOVERDE

Fuoco "amico" su Appendino, Salvini fa il pompiere

Il leader della Lega chiede ai suoi di abbassare i toni contro la sindaca. Non vuole aprire l'ennesimo fronte con l'alleato di governo. "Possiamo mica stare con il Pd". La telefonata al capogruppo in Sala Rossa e la prudenza sulla marcia pro Tav

“Prendila bassa, non è ancora il momento”. La voce di Matteo Salvini entra nell’aula del consiglio comunale di Torino, ma non esce oltre lo smartphone del capogruppo leghista Fabrizio Ricca, che tuttavia racconterà poi di quella telefonata ricevuta nel giorno in cui una Chiara Appendino contumace a Dubai e il M5s sanciranno lo strappo con gran parte della città – dal mondo dell’impresa al sindacato – con l’ordine del giorno contro la Torino-Lione. Telefonata che, forse giocando sulla quasi omonimia, sarebbe stata fatta da Matteo Pandini che del Capitano è il portavoce e stretto collaboratore al Viminale.

Tanto bassa Ricca non l’aveva poi presa definendo il documento “un atto inutile ed esclusivamente ideologico”, dicendosi convinto che “il Governo non abbia tempo per queste sceneggiate”. Ma neppure, quella del leghista, era un’intemerata tale da contravvenire la chiara indicazione del leader.

Non era il momento, quello. Non lo è, ancora, adesso. Salvini deve tenere la posizione favorevole alla Tav per non smentire la linea del suo partito sulle grandi opere, per non perdere gran parte dei consensi in Piemonte e un po’ in tutto il Nord consegnando a Forza Italia o addirittura al Pd i voti di chi vuole che l’opera si completi, ma allo stesso tempo il vicepremier si guada bene dall’aprire un fronte contro la sindaca torinese.

Se per quella della Capitale, probabilmente sta già pensando a un sostituto attrezzandosi per una crisi in Campidoglio, non lesinando attacchi a Virginia Raggi, diverso è, per il momento appunto, l’approccio nei confronti della Appendino.

Probabilmente non direbbe con la stessa convinzione che se abitasse a Torino la voterebbe, come aveva fatto al ballottaggio, ma da qui a lasciare i suoi a briglia sciolta ce ne passa. Un salvacondotto forse a termine, ma tale oggi è quello fornito dal leader della Lega alla sindaca, sempre più sola e abbandonata anche da chi l’aveva sostenuta nella sua ascesa a Palazzo di Città e nella assai breve luna di miele, a tratti di melassa, con il prima ostracizzato e poi vellicato establishment. Lo stesso che tutto o quasi sabato scenderà in piazza per dire sì alla Torino-Lione e, di fatto, no all’amministrazione grillina della città.

Che sarebbe un facile bersaglio per l’opposizione di cui la Lega è parte, sul fronte destro, ma non può interpretarne la parte fino in fondo. Siamo per la Tav, continuano a ripetere dal Carroccio senza tuttavia mai esimersi dal premettere o postporre ora il richiamo al contratto di governo con l’analisi costi-benefici, con ricorrenti sospetti su fumosi ripensamenti francesi. Ieri il sottosegretario alle Infrastrutture Edoardo Rixi ha detto: “Siamo per l'alta velocità e per fare le infrastrutture. Bisogna vedere i francesi, abbiamo questo problema con Macron, che non sa se vuole investire oppure no sulla galleria di valico".

Prenderla bassa, la parola d’ordine che vale a Torino più che altrove. Messaggio che semmai sia stato ricevuto, certo non è stato seguito da Gianna Gancia: “L’opera va fatta. Si Tav” ha twittato la capogruppo in Consiglio regionale, mosca bianca o pecora nera su un Carroccio che, sul tema della Torino-Lione e al rapporto con l’alleato di governo, più che a barbari sognanti pare rifarsi a svegli democristiani. Più si avvicina il verdetto della commissione voluta dal ministro Danilo Toninelli, previsto a ridosso di Natale, più si riduce il tempo da qui alle elezioni regionali e più ondeggia il filo su cui i funamboli leghisti sono costretti a camminare. Interessate sarà vedere se lo faranno sabato per arrivare anche loro, sia pure come ci se la cava in questi casi “a titolo personale”, in piazza Castello.

“Dalla Lega ci aspettiamo una forte presa di coscienza” ha detto il deputato di Forza Italia Alessandro Cattaneo nella conferenza stampa a Montecitorio dov’è stata dichiarata l’adesione del partito alla manifestazione di sabato e l’organizzazione di un’altra, sempre a Torino, il 17 novembre con la partecipazione del presidente del Parlamento Europeo Antonio Tajani.

Molto dipenderà anche proprio dalla partecipazione che si registrerà sabato: di fronte a un segnale inequivocabile e pesante di una città, una regione (chiamata al voto tra pochi mesi), Salvini continuerà a prenderla bassa, oppure comprenderà che è arrivato il momento in cui l’apertura di un fronte torinese contro la sindaca e i Cinquestelle non è più evitabile, pena il rischio di pagarla cara alle regionali?

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