TRAVAGLI DEMOCRATICI

Pd unito, per finta (e necessità)

Alla vigilia dell'assemblea si profila una segreteria regionale con tutti dentro, dai vincitori agli sconfitti. Soluzione imposta dall'avvicinarsi della scadenza elettorale ma soprattutto suggerita dalle convenienze correntizie. Ruolo di peso per Bragantini

Come in una foto di famiglia scattata dopo essersi lanciati i piatti e pure i bicchieri. Così il Pd piemontese si presenterà unito di fronte all’assemblea di domani in cui il neo segretario Paolo Furia annuncerà, salvo sorprese, l’accordo per una gestione condivisa del partito. Tutti dentro, la “solita ammucchiata”, a detta di molti, per tentare di mascherare una realtà affatto diversa, quella di un partito più balcanizzato che mai, in cui le alleanze sono variabili e il futuro quanto mai incerto. E allora a che serve avere una maggioranza e una opposizione? Così dopo aver sdegnosamente respinto ogni offerta di intesa unitaria, il senatore Mauro Marino e tutta la composita area che l’ha sostenuto al recente congresso, ci han messo poco a cedere alle lusinghe del giovane ricercatore biellese. Giorno dopo giorno, telefonata dopo telefonata, Marino ha accettato di far parte di un esecutivo in cui è minoranza dopo aver vinto le primarie, seppur con un risultato ben al di sotto delle attese.

Alla conta del 16 dicembre il senatore “B2B” – dalla Bindi alla Boschi – aveva ottenuto il 41 per cento delle preferenze, Furia il 36 e Monica Canalis il 22, tralasciando i decimali. Per garantirsi l’elezione diretta il candidato renziano avrebbe avuto bisogno della maggioranza assoluta e così, in vista del passaggio in assemblea, già poche ore dopo la chiusura dei gazebo, iniziava a circolare la voce di un possibile ribaltone frutto di un accordo tra il secondo e la terza. Un’intesa “innaturale”, s’è detto, tra il diavolo e l’acqua santa. Marino è stato messo di fronte al fatto compiuto sei giorni più tardi.

È passato poco più di un mese da quando Furia, affiancato dall’allora numero due in pectore Canalis, avanzò per la prima volta uno schema di accordo al senatore, ancora tramortito dalla batosta della conta interna e non meno dall’influenza. In quell’occasione, era il 22 dicembre e il parlamentino del partito non aveva ancora eletto il nuovo segretario, Marino, in un impeto d’orgoglio, fece cadere ogni ipotesi di soluzione unitaria. Il suo era un “no milanese, categorico”, come quello pronunciato da Claudio Bisio in un celebre film, e via via si è acconciato verso un più romanesco se po’ fa’.

Anche l’intesa sulla ripartizione dei membri della segreteria, in proporzione al risultato delle primarie, è quella proposta a dicembre da Furia, schema secondo cui Marino potrà indicarne quattro componenti su dieci. Sui nomi però i colonnelli sono in ambasce, tanto che c’è chi medita di chiedere un ampliamento della squadra per poter contare proporzionalmente su più nomi: opzione che difficilmente sarà presa in considerazione. Marino vorrebbe piazzare il fido Michele Paolino a presidiare il territorio, i fassiniani rivendicano un posto, così come Davide Gariglio; dal Piemonte 2 c’è chi fa i nomi dell’alessandrina Cristina Bargero e di Chiara Gribaudo. Ma per il momento sono solo ipotesi buttate lì.

Chi avrà un ruolo di peso nella nuova governance del partito è Paola Bragantini, ex segretaria della federazione di Torino, deputata nella passata legislatura, di professione tassista dopo lo smacco elettorale dello scorso marzo e prossima coordinatrice della segreteria. Assieme a lei, in quota Furia, dovrebbero entrare anche Ilaria Gritti, presidente della Commissione Cultura nella Circoscrizione 1 di Torino, il vicepresidente della Sala Rossa Enzo Lavolta, sul quale, però, c’è chi storce il naso essendo lui già in segreteria provinciale, e l’astigiano Michele Miravalle. Per quanto riguarda l’area Canalis (ovvero Stefano Lepri) i nomi che circolano sono quelli dell’ex sindaco di Ciriè Francesco Brizio e del primo cittadino di Volpiano Emanuele De Zuanne.

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