VERSO IL VOTO

"Chiamparino non celebri se stesso, serve una proposta politica nuova"

Rischia di commettere lo stesso errore di Fassino: imperniare la campagna elettorale solo sulla propria azione di governo. Ma i piemontesi chiedono risposte ai loro problemi e una visione del futuro. Il "quasi successore" Valle dà la sveglia al sonnacchioso centrosinistra

I risultati delle elezioni in Abruzzo sono un pannicello caldo che dà sollievo per qualche minuto ma non basta per certificare una guarigione ancora lungi dall’arrivare. E mentre ieri il leader dei Moderati Mimmo Portas esortava Sergio Chiamparino a cambiare passo, se vuole davvero recuperare i quindici punti (almeno) che lo separano dal centrodestra (tutte le altre cifre sono balle), oggi il pungolo arriva direttamente dal Pd e da quel Daniele Valle, torinese di 35 anni, presidente della Commissione Cultura, Sport e Turismo a Palazzo Lascaris, che per qualche settimana ha accarezzato l’idea di succedere al governatore, offrendo pure la propria disponibilità, per poi ritirarsi spintaneamente in buon ordine, quando il grande vecchio ha deciso che sarebbe stato ancora lui il candidato a presidente.

Valle, anche lei pensa che Chiamparino sia moscio?
«Piuttosto mi pare stia facendo gli stessi errori di Fassino e Renzi».

In che senso?
«Sabato ha presentato il manifesto con i suoi trenta Sì per il Piemonte ma dentro non c’è nessuna battaglia per il futuro, solo la rivendicazione delle tante cose fatte che però in campagna elettorale non paga».

Serve un orizzonte verso cui tendere… 
«Lo ripeto, pensiamo a Fassino e Renzi: entrambi erano legittimamente orgogliosi delle rispettive esperienze di governo e hanno focalizzato la loro campagna su quell’elemento, relegando in secondo piano il progetto per il futuro. È un errore facile da commettere per chi ha lavorato bene, comprensibilissimo. Oggi, però, vince soprattutto chi riesce a generare delle speranze attraverso proposte politiche nuove».

Quindi tutto sbagliato, tutto da rifare? 
«Dico semplicemente che servono degli elementi di novità, una necessità più volte evocata anche dallo stesso Chiamparino. Non sono stati introdotti nella scelta del candidato, ma ora devono emergere almeno nel programma, altrimenti è finita».

Che fa, rosica? 
«Figuriamoci. Sergio ha voluto correre in prima persona, ha imposto le condizioni per la sua candidatura, escludendo le primarie. Ora che ha voluto la bicicletta, però, deve pedalare e alzarsi sui pedali per quest’ultimo tratto: non stiamo capitalizzando i ritardi e le divisioni della destra».

Anche lei, come molti dei presenti, ha respirato un’aria un po’ stantia sabato allo Sporting Dora? 
«Certo la location non era il massimo, ma se ci fosse stata una proposta politica forte e innovativa magari non ci saremmo ritrovati come tante comari a parlare del colore delle tende o di altre amenità”.

La faccia lei una proposta politica forte. 
«Ne dico una, così offro il mio contributo: io partirei da un grande piano di edilizia popolare. Serve un investimento per acquisire patrimonio immobiliare per dare maggiori risposte a un’esigenza, quella della casa, crescente. E che rischia di acuirsi se dovesse esserci, come pare, una nuova ventata di crisi”.

Parliamo della coalizione: ieri Chiamparino ha lasciato intendere di ispirarsi al “modello Legnini”, il candidato del centrosinistra in Abruzzo, sostenuto da ben otto liste. Lei che ne pensa?
«Io penso che un unico listone sarebbe riduttivo e mortificherebbe la legittima ambizione di tanti a correre e portare acqua e preferenze al nostro mulino; allo stesso tempo però sbrodolare con così tante formazioni potrebbe diventare dispersivo: rischiamo solo di indebolire il Pd che, malconcio quanto si vuole resta il perno della coalizione, come si è visto anche sabato. Sono per un giusto equilibrio».

Intanto di facce nuove non se ne vedono. Altro che società civile, il centrosinistra pare aver perso gran parte della sua capacità attrattiva… 
«La società è sempre più polverizzata, disaggregata. Non basta più inserire in lista un sindacalista, un professore universitario o un rappresentante del mondo economico per coprire un’intera categoria. Anche i corpi intermedi faticano a orientare i propri iscritti e per questo penso sia necessario aprirsi davvero, trovando nuovi luoghi, fisici e digitali, per consentire alle persone di essere coinvolte, consentendo loro di fare delle proposte e partecipare assieme a noi a questa battaglia.

Di cosa parla?
«Penso a una piattaforma digitale di partecipazione e impegno. È uno degli strumenti di cui abbiamo urgente bisogno per affrontare la campagna elettorale, un’altra via per riconnetterci a una società civile complessa e che cerca occasioni e modalità di ingaggio differenti: candidare qualche sindaco o qualche professionista non basta. Non più».

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