TRAVAGLI DEMOCRATICI

Pd addio, "hai perso la rotta"

Il consigliere regionale Molinari, ex di Scelta Civica, lascia i dem a tre mesi dalle elezioni in Piemonte ma assicura: "Sosterrò Chiamparino". Alla base della decisione dissidi locali e la parabola nazionale di un partito che archivia Renzi e riapre la Ditta - LA LETTERA

A fronte di un fallimento non si può far altro che prenderne atto e comportarsi di conseguenza. Parte da qui il ragionamento con cui Gabriele Molinari, 44 anni, consigliere regionale originario di Vercelli, annuncia il suo addio al Partito democratico: “Me ne vado perché da quando sono iscritto non sono mai riuscito a incidere” dice allo Spiffero. Un addio colmo di delusione per le tante battaglie perse in un partito che la crisi di senso e consenso ha reso ancor più balcanizzato e avviluppato in dinamiche interne incomprensibili all’esterno. Come sulla legge elettorale regionale, “di cui mi era stato chiesto di occuparmi” ricorda Molinari. “Settimane, mesi di trattative con i partiti, con i miei colleghi con le varie componenti per poi capire che i maggiorenti avevano già deciso e che quella legge non sarebbe mai passata”. Lasciando il Pd, Molinari annuncia le dimissioni anche dall'ufficio di presidenza dell'aula, dove fino a oggi ha ricoperto il ruolo di consigliere segretario.

Di estrazione liberale, fiero europeista, un passato nella Margherita e poi nel Pd prima dell’avventura con Scelta Civica grazie alla quale ha ottenuto un posto nel listino di Sergio Chiamparino alle elezioni regionali del 2014 con cui è approdato per la prima volta a Palazzo Lascaris: questo è il cursus honorum politico di un avvocato che non si è risparmiato nella gavetta amministrativa fatta di sedici anni in consiglio comunale a Vercelli. Il lavoro lo ha portato a Milano, dove esercita  la professione ed è collaboratore della cattedra di Filosofia del Diritto all’Università Cattolica. Ci sono ragioni locali ma anche nazionali dietro una scelta meditata da tempo: “Un Pd che torna al Socialismo, alla Ditta, come mi pare stia emergendo dalle dinamiche congressuali non mi interessa. Non posso stare in un partito in cui il probabile nuovo segretario, Nicola Zingaretti, afferma che la globalizzazione ha creato diseguaglianze”.

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Aveva aderito al gruppo del Pd nel marzo 2015, nello stesso periodo in cui compiva lo stesso passo in Parlamento uno dei suoi mentori, Gianluca Susta. Insieme avevano apprezzato e sposato la svolta lib di Matteo Renzi, contestandone tuttavia l’ultima fase. In questi anni non sono mancati i voti in dissenso con il suo gruppo in Consiglio regionale, come quando l’assemblea ha approvato, su proposta dell’allora capogruppo dem Davide Gariglio un atto di indirizzo per sospendere l’entrata in vigore del Ceta, l’accordo commerciale tra Europa e Canada siglato nel 2016.

L’ultima delusione è arrivata dal Pd di Vercelli, che prima l’ha blandito chiedendogli (e ottenendo) una disponibilità di massima a candidarsi a sindaco e poi, all’unanimità, ha confermato la fiducia nella prima cittadina uscente Maura Forte. Di fronte alle imminenti campagne elettorali che si svolgeranno in Piemonte e nel suo comune, però, non ha dubbi: “Sosterrò in modo convinto Chiamparino e il centrosinistra – afferma – in questo momento storico non sono ammesse diserzioni o distinguo”. Rimarrà iscritto al Partito democratico europeo, una formazione transnazionale fondata da Francesco Rutelli e dal francese François Bayrou, uno dei soggetti con cui +Europa intende dialogare in vista delle Europee. Ed è proprio quello il cantiere a cui Molinari, che s’iscriverà al gruppo Misto, guarda con particolare attenzione.

Ecco la lettera con cui Molinari lascia il Pd

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