RIFORME

Autonomia, Piemonte al palo

L'ostracismo del M5s allunga i tempi per Lombardia e Veneto ipotecando l'iter della nostra Regione. "Saremo pure partiti dopo, ma gli altri sono fermi", sintetizza Gariglio (Pd). Toccherà alla prossima giunta trattare con il Governo

“Il Piemonte sarà anche partito in ritardo, ma gli altri sono ancora fermi”. Il mal comune mezzo gaudio sul percorso ad ostacoli verso un ampliamento dell’autonomia delle Regioni, sintetizzato dal vicepresidente della commissione bicamerale per le questioni regionali Davide Gariglio dopo l’audizione del ministro Erika Stefani, oltre ad essere assai poco consolatorio racconta altro.

Innanzitutto che aldilà delle foto opportunity dei governatori di Veneto e Lombardia con il ministro dell’Interno e la sua collega (anche di partito) per gli Affari Regionali – un’immagine da album di famiglia leghista quella con Luca Zaia, Attilio Fontana, Matteo Salvini e la Stefani – e gli entusiastici annunci del Capitano, la strada realmente percorsa verso la maggiore autonomia è davvero poca e le difficoltà davanti sono molte. Un quadro che la stessa Stefani non ha affatto negato proprio davanti alla Commissione dove ha spiegato che questa è “una grande occasione per riflettere sull'impianto del regionalismo in Italia”, ma “deve essere un dibattito ancorato al vero, senza variabili ideologiche e parole d'ordine artificiali” e quindi “bisogna concentrarsi sul merito delle proposte".

È stato ancora il ministro leghista a spiegare che al momento con Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna ci sono solo “delle pre-intese” e che alle tre Regioni sono stati chiesti “specifici dossier per declinare le competenze. Per una trattativa approfondita e arrivare a una legge compiuta e non una legge delega bisogna andare oltre i titoli delle competenze, e bisogna indicarle espressamente".

Il Piemonte dal canto suo un paio di settimane fa ha prodotto i dossier per il tavolo tecnico su Istruzione, Cultura e Lavori Pubblici, tre delle otto materie per cui viene richiesta l’autonomia, ovvero governo del territorio, beni paesaggistici e culturali; protezione civile e infrastrutture; tutela e sicurezza del lavoro, istruzione tecnica e professionale, istruzione e formazione professionale e istruzione universitaria; politiche sanitarie; coordinamento della finanza pubblica e governance istituzionale; ambiente; fondi sanitari  integrativi; rapporti internazionali e con l’Unione Europea. Alcune delle funzioni per le quali si rivendicano maggiori competenze “il Piemonte le chiede – come più volte ribadito dal vicepresidente Aldo Reschigna – non come competenza esclusiva, ma in una dimensione e con lo strumento dell’intesa tra le Regioni”.

Nessun referendum, al contrario di Veneto e Lombardia, un avvio di fatto avvenuto soltanto verso la fine dello scorso anno, ma nonostante questo il Piemonte proprio potendo contare su una procedura che nei fatti non ha visto le accelerazioni annunciate potrebbe non dover arrivare con troppo ritardo rispetto alle altre Regioni, anzi riuscire pure ad agganciarsi alle apripista del Nord. Perché il vero ostacolo, quello capace di fermare tutti allo stesso punto, si chiama Parlamento e il segnale di stop ha il simbolo dei Cinquestelle. “La loro posizione nettamente contraria al criterio di spesa storica su cui impostare l’assegnazione delle risorse per i primi cinque anni in attesa dell’applicazione dei costi standard appare irremovibile e già questo è un ostacolo davvero grande” osserva Gariglio. Il deputato piemontese del Pd conferma un quadro ormai sempre più evidente: dopo il sì alla Tav della Lega contro il no dei grillini, “le due linee contrapposte tra alleati di governo si ripresentano anche sulla questione dell’autonomia”.

Questione ricordata ancora ieri l’altro da Chiamparino intervenendo in Consiglio regionale proprio sulla Torino-Lione e ribadendo l’impegno a portarla avanti in tempi rapidi, compatibilmente con quelli che ormai è certo saranno gli ostacoli che il M5s ha già incominciato a seminare lungo il percorso.

“Ormai è chiaro come l’opposizione alla maggiore autonomia delle Regioni del Nord è diventato un nuovo simbolo per i Cinquestelle, da sventolare soprattutto al Sud”, dice il consigliere regionale di Forza Italia Luca Bona cui si deve la prima iniziativa che ha dato l’avvio all’iter in Piemonte. Nel testo approvato a Palazzo Lascaris è stata inserita, su sua richiesta, anche la materia del rapporto con gli Stati confinanti per le questioni frontaliere. Ma è un confine che si annuncia difficilmente valicabile quello che il partito di Luigi Di Maio sta segnando nell’ennesimo contrasto con l’alleato leghista.

Ieri un tavolo nazionale di Forza Italia, convocato a Roma proprio sulle autonomie cui per il Piemonte ha partecipato Bona, ha discusso di questo e della possibilità per il partito di Silvio Berlusconi, perlomeno al Nord, di giocare una partita sul tema cult del Carroccio, magari approfittando della difficoltà di quest’ultimo nel rapporto con l’alleato grillino.

Quando si arriverà al passaggio cruciale in Parlamento servirà la maggioranza assoluta. Cosa faranno i Cinquestelle? Ieri un Salvini sempre più irritato dalle posizioni critiche sulla legittima difesa di una pattuglia parlamentari pentastellati ha avvertito Di Maio: “Tieni i tuoi, o salta tutto”. Difficile immaginare un leader leghista, pressato dai governatori delle due più importanti regioni del Nord governate dal suo partito, con un atteggiamento diverso sulle autonomie. In questo, caso, tuttavia pur annunciando un segnale deciso prima delle europee i tempi sono più dilatati e del passaggio parlamentare se ne parlerà, ben che vada, tra un po’ di mesi. Quelli che, ancora una volta, faranno comodo al Capitano per trovare una soluzione con l’alleato di governo. E, guardando al Piemonte, cosa di meglio per Salvini e i suoi che lasciare ferma la regione ancora per un paio di mesi governata dal centrosinistra e poi, in caso di vittoria, rivendicare appieno la svolta autonomista?   

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