VERSO IL VOTO

Centrodestra in versione autarchica

Forza Italia e Fd'I temono la cannibalizzazione da parte di liste pocket e formazioni civiche. Pressioni su Cesa perché non presenti il simbolo Udc. Ostracismo verso Giachino, unica eccezione possibile per Vignale. Ma la Lega lascia aperta la porta

Mettete sul tavolo del centrodestra anche solo una lista civica e sul volto dei capataz azzurri piemontesi si disegnerà la stessa espressione di un vegano di fronte a un menù tutto carne. Non serve provare per credere: già appurato. La sia pur ampiamente annunciata idiosincrasia del partito, affidato al fratello del medico di Silvio Berlusconi, per qualunque emblema che vada oltre i simboli dei tre partiti del centrodestra tradizionale in vista delle regionali pare abbia trovato ulteriore conferma in uno dei non molti incontri trilaterali. Immagine quest’ultima, in verità, un po’ fuorviante giacché a quel tavolo ancora apparecchiato di rado, perlopiù convocato su questioni relative alle comunali di maggio, la Lega col suo segretario regionale Riccardo Molinari, si siede virtualmente a capotavola. E, pare, si dedichi più all’ascolto che all’enunciazione, lasciando dire a Paolo Zangrillo e al suo omologo di Fratelli d’Italia Fabrizio Comba.

Tant’è che dal Carroccio nessuno si è sognato di annuire o dissentire sulla questione delle formazioni civiche, rospo indigeribile per il coordinatore azzurro che, a questo punto, pare vedere per il Piemonte uno schema assai differente da quello validato dal Cav per l’Abruzzo e la Sardegna dove, invece, le formazioni satelliti sono state più che approvate, anche se con il successivo adeguamento del pallottoliere per cercare di far quadrare i conti dei voti attribuibili o riconducibili a Forza Italia. E se, restando nei numeri, tra i berluscones la paura di perdere voti a favore delle liste amiche (tra quattro virgolette) fa novanta, non è che l’idea faccia impazzire di gioia il partito di Giorgia Meloni. Persino sulla presenza nella scheda elettorale dello scudocrociato dell’Udc, partito con il quale gli azzurri hanno sottoscritto a livello nazionale un’intesa, ci sarebbero forti resistenze, se è vero che sarebbero in corso forti pressioni su Lorenzo Cesa per farlo desistere dall’intenzione di presentare il simbolo.

In casa sovranista (titolo che ormai nella destra non si nega più a nessuno come il cavalierato nella Prima Repubblica) le manovre di Gian Luca Vignale con il suo Piemonte nel Cuore qualche tachicardia la provoca. Tanto da indurre Comba, testardamente impegnato in una campagna acquisti proprio per allargare i confini (e incrementrare i consensi) del partito, a cercare di portare l’attuale consigliere regionale nella formazione di FdI. Un’ipotesi che, tuttavia, visto ormai il lavoro avviato da Vignale e la rete tessuta nelle varie province tra gli amministratori locali appare assai poco percorribile.

Più che FdI, a temere liste collaterali è senz’altro Forza Italia. Il madaMino Giachino con la sua lista pro Tav è visto come fumo negli occhi da Zangrillo. E certo non agevola l’ex sottosegretario ai tempi di Berlusconi premier, il fatto di avere avuto come partner nella sua calata a Roma qualche settimana fa, Stefano Parisi, l’ex mister Chili non proprio gradito dalle parti del Cav e del suo entourage. Se poi si aggiunge l’ostentato (da Giachino) link con Matteo Salvini, si può comprendere il nervosismo che serpeggia in un partito già costretto ad accettare praticamente tutto quel che decide o non decide la Lega sul dossier Piemonte.

Un dossier al quale, come noto, manca ancora il nome del candidato presidente. La situazione è sempre quella di uno stallo dietro cui si staglia la strategia del Carroccio che all’insegna del salviniano “non c’è nessuna fretta” lascia a rosolare gli azzurri con il loro candidato Alberto Cirio, ormai da molti anche dei suoi viene dato come ormai arrostito. Ancora sostenuto strenuamente, oltre che dal coordinatore regionale dall’ex ministro Enrico Costa, l’europarlamentare viene descritto come sempre più nervoso e ne avrebbe ben donde esserlo. Fonti della Lega non smentiscono le voci secondo le quali dal partito di Salvini verrebbe avanzata nelle prossime ore la richiesta a Forza Italia non di un nome secco, ma di una rosa. Offerta per una exit strategy dalla posizione su Cirio, oppure ennesima mossa per suscitare divisioni e conseguente indebolimento tra gli azzurri?

La stessa strategia sarebbe alla base della posizione di ascolto senza schierarsi da parte della Lega sulla non meno rilevante questione delle liste civiche che allarmano Forza Italia. Paraltro, già tutt'altro che tranquillizzata dal fatto che i vertici nazionali e regionali del Carroccio continuano a tenere pronto l’imprenditore Paolo Damilano come competitor di Sergio Chiamparino, nel caso toccasse a Salvini e i suoi fare il nome del candidato presidente. Un’eventualità tutt’altro che remota. E che vedrebbe crescere la probabilità di tramutarsi in certezza nel caso di un oggi ipotetico election day non solo con le europee, ma anche con le politiche nel caso sulla Tav si aprisse la crisi di Governo. Con una postilla velenosa, aggiunta ieri dal Capitano che si è dichiarato ancora una volta per nulla segnato dalla “nostalgia del passato”.

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