FINANZA & POTERI

Crt, Appendino perde lo scettro: chi decide il rinnovo di Quaglia?

Tutti danno per scontata la riconferma del presidente uscente, ma il suo nome non compare in nessuna delle terne espresse da enti e istituzioni. La sindaca si acconcia al "sistema Torino" preferendo non disturbare i manovratori

Fin troppo facile, giocando sul nome, definirlo il salto della Quaglia nel giardino di Furbizio. Ma l’anomalia, peraltro del tutto nell’ambito delle regole, che porterà alla riconferma di Giovanni Quaglia, palenzoniano di lunga e stretta osservanza, al vertice della Fondazione Crt senza che il nome del politico cuneese compaia in nessuna delle terne che i vari enti presenteranno per il rinnovo del Consiglio di indirizzo è certamente cosa da non passare inosservata.

Tanto più che a infrangersi è, soprattutto, quella consuetudine che ha sempre visto nella storia della cassaforte piemontese il suo presidente pescato dalla rosa di nomi proposta dal sindaco di Torino. E questo non accadrà: Chiara Appendino, cui spetta presentare due terne in quanto prima cittadina e una in qualità di sindaca della Città Metropolitana, non inserirà tra i nove nomi (dai quali il Consiglio di indirizzo in carica designerà tre membri) quello dell’attuale presidente. Lo stesso, a quanto risulta, faranno gli altri enti ed istituzioni cui lo statuto attribuisce la rappresentanza in seno alla fondazione di via XX Settembre.

Va osservato che la regola non scritta era stata già “violata” proprio in occasione della nomina di Quaglia, il 1 febbraio del 2017, ma quella era stata una designazione non a scadenza naturale, bensì resa necessaria in seguito alle dimissioni di Antonio Maria Marocco. Adesso, o più esattamente il prossimo 30 aprile, a scadere non sarà solo il mandato del presidente, ma anche quello dello stesso organo cui spetta la sua nomina, ovvero il Consiglio di Indirizzo. Nulla di imprevisto, insomma, nessuna sorpresa. Così come è ampiamente scontata la riconferma dell’ex presidente della Provincia di Cuneo, da sempre uomo molto vicino a Fabrizio Palenzona, il banchiere alessandrino di cui da anni negli ambienti della finanza piemontese si dice abbia in via XX Settembre il suo cortile di casa, per descrivere un potere consolidato e mai venuto meno sulla potente fondazione. Proprio da un accordo tra big Fabrizio, l’allora sindaco Piero Fassino e un non troppo inizialmente convinto Sergio Chiamparino al vertice della Regione aveva preso rapidamente e solidissimamente corpo la nomina del “forestiero” Quaglia al posto di Marocco.

Uno schema che, nonostante non ci si trovi in una situazione imprevista e anomala. come quella data due anni fa dalle dimissioni dell’anziano notaio, pare riproporsi con la variante del diverso inquilino a Palazzo di Città. Difficile non vedere un accordo tra Furbizio, il Chiampa e la Appendino (con un evidente avallo dei soggetti di maggior peso all’interno della fondazione) dietro quel percorso che finisce inevitabilmente per raffigurare il Comune di Torino come privato di una storica, sia pure non codificata, golden share.

Dalla sua Quaglia, oltre al solidissimo appoggio palenzoniano, ha i numeri, quelli elencati ieri in occasione della riunione del cda per l’approvazione del bilancio 2018: avanzo di 92 milioni di euro (+8%), patrimonio netto superiore a 2,2 miliardi di euro (+32 milioni sul 2017), posizione finanziaria netta a 254 milioni di euro, 80 milioni di euro a sostegno del territorio, le cifre principali. “Guardiamo al futuro con serenità e fiducia”, ha detto il presidente. Parole che a molti sono parse attagliarsi alla perfezione non solo alla fondazione, ma anche alla continuazione del percorso del suo numero uno. Sarà, infatti, nel segno della continuità quel “rinnovo” cui l’ente è chiamato alla fine del mese venturo.

E poco o nulla cambierà in virtù del cambiamento avvenuto due anni fa in municipio con la vittoria dei Cinquestelle e l’elezione di Appendino. Ad oggi sono quattro i nomi che sarebbero negli appunti della sindaca per poi finire, insieme ad altri, nelle tre terne di sua spettanza: quello di Silvana Neri, imprenditrice nel settore delle stufe di Castellamonte e già nell’attuale Consiglio di Indirizzo, quello di Francesco Galietti, lobbista molto vicino a Luigi Di Maio (e alla Casaleggio & Associati) tanto da aver accompagnato il vicepremier nel tour di incontri con gli investitori nella City pure lui già in Consiglio, poi ancora l’ex presidente della Corte d’Appello di Torino Arturo Soprano  e il numero uno dei giovani industriali Alberto Barberis. Anche in questo caso la prassi vorrebbe che il Consiglio nominasse i primi di ogni terna presentata e quindi molto dipenderà dai nomi che finiranno in quella posizione, anche se in passato non sono mancate eccezioni.

Difficile, tuttavia, immaginare stravolgimenti in quella continuità che dovrebbe riconfernare, tra gli altri, Giuseppe Pichetto per Unioncamere e Cristina Di Bari per la Camera di Commercio di Torino, così come Pierluigi Poggiolini per l’Università e di Antonello Monti, nel cda dell’Istituto centrale sostentamento del clero, su indicazione della Conferenza episcopale piemontese. I nomi di pertinenza della Regione sarebbero altrettante riconferme: per l’ex assessore Giampiero Leo e Anna Maria Di Mascio, anche se nei corridoi si racconta di un lavoro sotteraneo per sostituire quest’ultima con Agostino Ghiglia, figura storica della destra subalpina, entrato nella terna votata da Palazzo Lascaris.

Va ricordato che se sono in rinnovo Consiglio di Indirizzo e presidente, nulla cambia nel cda che ha una differente scadenza di mandato. Resteranno in carica, quindi, Anna Beatrice Ferrino, Anna Chiara Invernizzi (entrambe vicepresidenti), Luca Angelantoni, Massimo Bianchi, Maria Luisa Coppa e Ugo Curtaz. Nulla cambierà, come detto, anche sulla poltrona più importante la cui decisione su chi farvi sedere è in capo proprio al Consiglio di Indirizzo. Nel caso, come sempre avvenuto eccetto l’ultima volta, il presidente venga scelto tra i consiglieri il suo posto nell’organismo che conta 25 componenti (di cui 18 in rinnovo) dovrà essere preso da un altro. Ma questo non accadrà con Quaglia: lo Statuto al comma 3 dall’articolo 16 lo prevede espressamente: “Il presidente è nominato dal Consiglio di Indirizzo anche al di fuori dei propri componenti (…)”. Nessuna forzatura, insomma, solo un venire meno di una consuetudine e il sorgere spontaneo di un interrogativo: se nessuno lo inserisce nelle terne chi decide in realtà la (ri)nomina del presidente? La sindaca, che con la Fondazione Crt tratta non certo di minuzie, dall’operazione milionaria per il recupero delle Ogr a quei soldi arrivati da Ream che tante grane le hanno procurato, ha anche in questo caso mitigato i suoi iniziali propositi di cambiamento?

A differenza di quanto accade in Lombardia nella nostra regione le Fondazioni bancarie si sono rinchiuse in castelli dorati nelle cui segrete riunioni si stabiliscono investimenti e nomine salvo ogni tanto vestire i panni dei grandi elemosinieri degli enti locali. Chissà se qualcuno avrà la voglia di rendere trasparente la politica degli emolumenti, la cui classifica è guidata con grande distacco dal segretario generale Massimo Lapucci che, in uno strano cortocircuito designerà in veste di presidente dell’European Foundation Centre, pure uno dei prossimi consiglieri: raccontano che tra stipendi e altre prebende si metta in tasca oltre 500 mila euro l’anno, confermandosi una delle buste paga più ricche di Torino. O, ancora, se al prossimo consiglio verrà in mente di chiedere conto delle posizioni assunte dai membri espressi dalla Fondazione nei cda di Atlantia e di Autostrade dopo la tragedia del ponte Morandi e il duro scontro con il Governo. Nelle due società del gruppo Benetton via XX settembre ha investito circa un miliardo di euro senza influenzare le scelte della società e meno che mai favorire investimenti in Piemonte. Ma l’amore di Quaglia per le società autostradali è da sempre noto. Meno, assai meno, regole e procedure d’ingaggio di un notabile democristiano che custodisce nei suoi forzieri oltre una paccata di soldi evidentemente molti segreti.

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