VERSO IL VOTO

Parte l'assedio a Chiamparino, Salvini trasloca in Piemonte

Il governatore sta recuperando e inizia a impensierire il centrodestra. Il fair play di Cirio non paga, tocca al Capitano aprire il fuoco su Piazza Castello. Vuole intestarsi la vittoria e scacciare il flop di Torino

Nulla di più improbabile che vedere, da qui al 26 maggio, Alberto Cirio attaccare a testa bassa (per non dire con colpi sotto la cintura) Sergio Chiamparino. Un compito che invece sarà di chi, peraltro, ha già incominciato a svolgerlo lasciando intendere un crescendo da qui al voto: Matteo Salvini. Quella del leader della Lega più che una compensazione al fair play del candidato governatore del centrodestra, che per alcuni sconfina in una sorta di mix tra rispetto e soggezione, appare sempre più la traduzione in pratica di quell’affermazione – “intanto, noi ci prendiamo il Piemonte” – fatta dal Capitano per rassicurare i suoi di fronte a un presidente di Forza Italia. Il Carroccio, con la sua preponderante presenza nel listino e con gli assessorati di maggior peso opzionati, ha fatto capire agli alleati chi tiene il mazzo e dà le carte. Questo, tuttavia, potrebbe non bastare, o peggio risultare una sorta di boomerang, nel caso il risultato delle urne non fosse all’altezza delle aspettative del gruppo dirigente leghista.

C’è un dato, tra gli altri, che fa riflettere il Carroccio e induce il suo capo a svolgere, per ora a distanza ma ben presto in maniera più ravvicinata, quel ruolo di avversario del candidato del centrosinistra: è quello che emerge da più di un sondaggio e indica – peraltro senza suscitare troppe sorprese tenendo conto della lunga carriera politica di Chiamparino e dei posti da lui ricoperti nel corso di alcuni decenni – una maggiore popolarità del presidente uscente rispetto allo sfidante, più giovane di venticinque anni. Popolarità che non è affatto detto si trasformi in consenso, ma è altrettanto vero che il vantaggio del centrodestra nelle intenzioni di voto e nelle pregresse consultazioni elettorali non può prescindere da quel rischio rappresentato, soprattutto, dal voto torinese. “Chiamparino è nervoso, passa il suo tempo ad attaccare me e la Lega quando dovrebbe spiegare cosa ha fatto di bello in questi 5 anni. Se non ha niente da dire, merita di andare a casa, come è andato a casa il signor Fassino. Ricambio generazionale anche da questo punto di vista”: una sorta di avviso di sfratto, pronunciato proprio dal palco torinese. E, certo, non tranquillizza Salvini l’immagine di piazza Carlo Alberto, mezza vuota, di sabato scorso. Un inciampo, forse solo organizzativo, che il vicepremier ha intenzione di archiviare in fretta, coprendolo con altre immagini che negli ultimi dici giorni di campagna elettorale assoceranno sempre più la sua faccia e il suo nome al Piemonte. Un Salvini che bivaccherà più nei confini della regione che manca ancora al carniere del centrodestra a trazione leghista nel Nord, che non al Viminale: questo è quel che, quasi certamente, si vedrà.

Le anticipazioni di quella che si annuncia come una calata in forze del Carroccio non mancano: domani saranno in tour, tra l’Astigiano e l’Alessandrino il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti e il sottosegretario alle Infrastrutture Edoardo Rixi. Due agende distinte: Giorgetti, accompagnato dal suo successore alla presidenza del gruppo alla Camera, nonché segretario regionale, Riccardo Molinari sarà a prima a Nizza Monferrato per presentare il candidato alle regionali Fabio Carosso, poi a Tortona dove la Lega ha un suo uomo, Federico Chiodi, candidato a sindaco per il centrodestra e, quindi ad Alessandria con il capolista e assessore all’Agricoltura in pectore (per volere di Molinari) Daniele Poggio, ma anche con Alessandro Panza, il responsabile nazionale dell’organizzazione su cui lo stato maggiore leghista ha indicato come la figura su cui far convergere il voto europeo del Piemonte (lasciando Gianna Gancia a “cercarsi i voti”). Di impronta più tecnica o, se si vuole, istituzionale la visita di Rixi ad Asti, dove il municipio, discuterà dell’Asti-Cuneo, nervo scoperto per il governo anche nella sua parte leghista dopo il nulla di fatto che ancora segna l’iter per il completamento dell’opera, a seguito le decisioni che hanno archiviato il percorso già definito con l’Unione Europea dall’allora ministro Graziano Delrio.

Le promesse, che ormai datano alcune settimane, da parte del premier Giuseppe Conte e del ministro Danilo Toninelli non si sono ancor tradotte nell’approdo del dossier al Cipe e questo, naturalmente, è uno dei punti su cui Chiamparino ha gioco facile nell’attaccare la maggioranza pentaleghista e su cui proprio la Lega rimane ostaggio o sodale dei Cinquestelle. Castell’Alfero, Castagnole Monferrato, Casale e Novi Ligure le altre tappe del sottosegretario a un giorno di distanza dall’annuncio da parte del premier di togliere le deleghe al suo collega al Mit, Armando Siri. Proprio le tensioni e il rapporto tra Salvini e il M5s potrebbero in qualche modo entrare nell’agenda politica piemontese della Lega: nessuno può escludere che sul tavolo, come già accaduto per Virginia Raggi sotto attacco del Carroccio, possa finire anche Chiara Appendino.

Tanto più che è proprio il voto torinese quello più ostico per la forza trainante della coalizione che punta a tornare, dopo cinque anni, al governo della regione. Con un candidato che quando ancora non era ufficialmente tale disse di sé: “Potrei essere un giovane Chiamparino”, apprezzando l’aplomb del suo avversario ma aggiungendo poi che “lo stile non basta, bisogna anche portare risultati”. E con il leader del partito azionista di maggioranza deciso a presidiare il Piemonte negli ultimi giorni della campagna elettorale, senza fare sconti al Chiampa.

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