LA NUOVA REGIONE

Consiglio per Cirio: occhio alla Lega

Le incognite (insidiose) della XI legislatura regionale che si apre oggi. Un'assemblea in cui, con 23 eletti, è preponderante il peso del partito di Salvini che vorrà dettare l'agenda: dall'Autonomia alla Sicurezza. Un governatore marcato stretto e a "scadenza" - DIRETTA VIDEO dalle ore 14 con Jacopo Bianchi e Oscar Serra

Oggi, con l’insediamento del Consiglio, prende formalmente inizio l’undicesima legislatura regionale del Piemonte che, come per le precedenti – soprattutto da diciannove anni a questa parte con l’elezione diretta – viene identificata con il nome del presidente, prontamente ribattezzato all’epoca da Silvio Berlusconi “governatore”. Incomincia, dunque, la stagione di Alberto Cirio e della sua giunta “barotta”, la meno torinocentrica della ultraquarantennale storia dell’ente. A lui spetterà – come per tutti coloro che lo hanno preceduto – un compito non facile, cercando di soddisfare le attese e mantenere le promesse. Con la necessità di un quid (parola che segna in modo sinistro i destini dalle parti di Forza Italia) in più: fare i conti con un peso, anzitutto numerico, di un partito della coalizione che non è il suo. Non ha precedenti il divario tra il numero di consiglieri della Lega (23) rispetto a quelli del partito del governatore (5) emerso dalle urne, ma non di meno dalla spartizione dei posti in quel listino maggioritario che solo di nome è stato “del presidente”.

Una force de frappe, quella leghista, con cui Cirio dovrà riuscire a trovare il giusto e non facile equilibrio tra l’oggettivo riconoscimento e la rivendicazione di un ruolo – quello di presidente – preservandolo dal rischio di essere anche soltanto percepito come sotto tutela, per non dire scacco. Anche nel primo approccio a questa inedita condizione si misurerà l’azione del successore di Sergio Chiamparino, il quale non solo dopo il voto del 2014 aveva il suo partito in nettissima maggioranza, ma si era premurato, avendone avuto (e di fatto imposto) le condizioni per marcare una propria autonoma leadership.

L’essere considerato il forzista più leghista delle smandrappate milizie berlusconiane non lo renderà meno vulnerabile alle mire espansive dell’arrembante esercito del Capitano che, com’è noto, avrebbe visto con maggior favore la candidatura dell’imprenditore Paolo Damilano, figura poco connotata sul piano politico e, almeno secondo i piani di Giancarlo Giorgetti, in grado di far decantare nella memoria dei piemontesi la non esaltante stagione di Roberto Cota. Perché una cosa è certa: in questi cinque anni la Lega lavorerà per affermare il proprio ruolo centrale di governo al punto che sarà difficile, al termine della legislatura, non rivendicarne la guida. E il nome del potenziale successore di Cirio circola da tempo, quello del sindaco di Novara, Alessandro Canelli. Che interesse avrebbe, tanto per dire, l’ambizioso Riccardo Molinari a far “crescere” un potenziale concorrente che, per esposizione mediatica ed esercizio del potere, diventerebbe nei fatti il vero dominus del centrodestra? O, peggio dal suo punto di vista, addirittura diventare l’esponente di maggior rilievo del suo stesso partito, qualora Cirio – come molti scommettono – alla fine del travagliato coma di Forza Italia dovesse tornare sotto i vessilli di Alberto da Giussano, dove peraltro mosse i primi passi da amministratore di Alba.

Comunque la si veda, è la Lega a dover essere osservata – in primis dallo stesso presidente – per capire se e in quanto tempo espliciterà il vaticinio di Salvini di fronte alla concessione a Forza Italia del candidato governatore: “Intanto il Piemonte lo prendiamo noi”. Nei voti e nei posti lo ha già fatto. Cosa accadrà nell’azione politica e nell’attività amministrativa lo si misurerà presto.

Incontrovertibile che sarà la giunta lo snodo principale, tuttavia segnali non trascurabili potrebbero arrivare anche dal Consiglio e, particolarmente, dalla presidenza: quella che oggi verrà ufficialmente affidata all’ex parlamentare leghista Stefano Allasia si annuncia come tutt’altro che notarile, vista anche la “verve” mostrata in più di un’occasione a Montecitorio, pure con qualche eccesso da cartellino rosso. Se la gestione dell’aula è un banco di prova, la cartina di tornasole sta in piazza Castello, attorno a quel tavolo dove la Lega potrebbe avere la tentazione di rubare la frase a Massimo D’Alema: “Capotavola è dove mi siedo io”.

Tutte new entry, i Salvini boys nella squadra di Cirio. Il quale misurerà e, se del caso dovrà provare a contenere, non improbabili fughe in avanti o prove di forza. Cosa succederà, per esempio, del protocollo sull’ex Moi siglato dalla precedente amministrazione, con il Comune, l’Arcidiocesi e la Compagnia di San Paolo per superare l’emergenza e avviare un percorso di inclusione per gli immigrati?

Il dossier è nella competenza di Fabrizio Ricca, assessore alla Sicurezza che, dalla Sala Rossa, su questo tema ha basato il suo successo elettorale. Piena condivisione della linea con il governatore o il modello Salvini nel Governo Conte troverà in Piemonte una sua replica in sedicesimo?

Totem leghista, l’autonomia rafforzata che fa scalpitare il governatore del Veneto Luca Zaia e quello della Lombardia Attilio Fontana di fronte agli ostacoli disseminati dai ministri dei Cinquestelle è delega che Cirio ha reputato di tenere per sé. La prospettiva del centrodestra, nell’ottica di un inserimento del Piemonte nell’asse Lombardo-Veneto, è quella di allargare l’elenco delle materie proposte al Governo dalla precedente amministrazione regionale. C’è però un’altra prospettiva cui dovrà porre attenzione il governatore azzurro: quella tracciata dall’azionista di maggioranza della coalizione per gestire con un suo uomo, probabilmente attraverso una delega al consigliere novarese Riccardo Lanzo, una partita caratterizzante politicamente come poche altre.

E se il centrosinistra, soprattutto nelle province, ha perso per via delle politiche in materia di Sanità, quella che resta la più importante voce di bilancio nonché fonte di aspettative e altrettanto di problemi la Lega l’ha pretesa fin dall’inizio per sé. Ieri l’altro l’assessore Luigi Icardi ha incontrato, non nell’afoso corso Regina ma nella ventilata Neive, i presidenti degli Ordini provinciali dei medici. cahiers de doléances e appunti per il futuro. Ma al partito guidato in Piemonte da Molinari, potrebbero arrivare – senza fare eccesione rispetto al passato, anzi – consigli da suggeritori occulti, tra lo spuntare di interessi corporativi e qualche svolazzo di grembuilini. Le questioni non mancano: c’è la nomina del direttore regionale per cui si è fatto il nome di Marco Bosio, attualmente al vertice del Niguarda e vicinissimo all’assessore lombardo alla Sanità Giulio Gallera, di Forza Italia. La Lega accetterà una sorta di ticket in corso Regina o vorrà una scelta magari apparentemente meno politica per il successore di Danilo Bono, ma più “vicina”? E c’è poi la partita dei direttori generali delle aziende sanitarie: pressoché scontata la riapertura, in autunno, dell’elenco degli idonei. Per aggiornarlo, per fare entrare dei nuovi e magari per recuperare degli esclusi dalla selezione ai tempi di Fulvio Moirano, braccio destro (e spesso anche sinistro) di Antonio Saitta.

Questione tutt’altro che marginale quella che ne comprende molteplici sotto la voce economia. Visioni non opposte, ma differenti nella Lega e in Forza Italia su alcuni nodi. Quello, per esempio delle chiusure degli esercizi commerciali nel festivi con gli azzurri più propensi a non porre vincoli e il partito di Salvini con naso arricciato di fronte ai centri commerciali aperti anche nelle feste comandate. Lo stesso vale se ci si sposta sull’importazione di prodotti alimentari dove il protezionismo leghista si palesa con l’ostracismo al Ceta così come agli ogm. Per Cirio non sarà facile tenere il punto su queste materie di competenza di altrettanti leghisti alessandrini come Molinari: Marco Protopapa all’Agricoltura e Vittoria Poggio che lei, negoziante, al Commercio unisce anche Turismo e Cultura alimentando lo spettro di quest’ultima delega più avviata a sostenere sagre da strapaese che non a valorizzare asset di prestigio ma dalle mille grane. Se saranno fantasticherie di malpensanti o rischiose deviazioni popolar-populiste lo si vedrà.

Così come si vedrà l’approccio della giunta di centrodestra a quelle vicende scottanti rappresentate dalle crisi aziendali, tra chiusure e delocalizzazioni, in cui certo la precedente amministrazione non ha brillato che se va detto che quasi sempre la possibilità di intervento della Regione è limitata. Ad ogni buon conto se al forzista Alberto Tronzano spettano le grane da risolvere, quel po’ di risorse che ci sono da impiegare potrà intestarsele la Lega con Matteo Marnati all’Innovazione e Ricerca.

“Intanto il Piemonte ce lo prediamo noi”, già. E chissà se sarà ancora un Piemonte dove i più piccoli Comuni decideranno di unirsi oppure anche in questo caso il vento leghista e l’aria che tirerà da Palazzo Lascaris faranno sventolare le bandiere del localismo, non certo issate da Forza Italia, imponendo una veloce retromarcia alla sacrosanta decisione di ridurre i municipi.

Oggi il partito di Berlusconi può salutare l’avvio della legislatura di una Regione guidata da un suo uomo, ma con un azionista di maggioranza pronto a far valere le sue quote. Ecco perché, mai come nessuno prima, Cirio dovrà, fin dall’inizio, tenerlo d’occhio.

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