GEOGRAFIA POLITICA

"Un errore non aver fatto il referendum", ma il Piemonte avrà la sua autonomia

Galli, il "padre" del modello lombardo, indica la strada a Cirio e alla maggioranza: "Partire dalle funzioni e non dalle materie". L'obiettivo è assicurare risposte più veloci ed efficienti. Una delibera di Consiglio e l'istituzione della Commissione

Si fa presto a dire autonomia. Al netto del superamento degli ostacoli che ancora e non si sa per quanto frenano sul binario del governo quello che è il core business della Lega e l’obiettivo irrinunciabile per le regioni del Nord, “oggi ci vuole una visione nuova dell’autonomia: non bisogna parlare di materie, ma di funzioni, siano esse legislative o amministrative. Ogni competenza delle 23 materie negoziabili deve essere disarticolata e scomposta nelle sue singole funzioni”. È questa la novità introdotta dal modello lombardo, come spiega allo Spiffero Stefano Bruno Galli, l’assessore leghista del Pirellone che oggi, su invito di Alberto Cirio, parteciperà alla giunta regionale monotematica dedicata proprio all’autonomia rafforzata.

Riunione preceduta ieri da un incontro del governatore con i capigruppo e alcuni componenti della sua squadra durante la quale, smussati alcuni spigoli e chiariti altrettanti passaggi più o meno formali, si è di fatto definita una prima bozza della road map su cui muoversi verso quello che lo stesso Cirio ha definito l’obiettivo principale e il segno distintivo della legislatura.

Il presidente non aveva nascosto ai suoi una certa preoccupazione guardando a tutte le energie (in particolare della Lega) e le attenzioni riservate alla costituzione della commissione consigliare sull’autonomia. Il rischio che si potesse trasformare in un possibile motivo di rallentamento rispetto ai tempi rapidi prefissati dal governatore per presentare il nuovo dossier, cestinando quello elaborato con eccessiva parsimonia nell’ultimo scampolo della giunta di Sergio Chiamparino, è stato presto fugato. La soluzione è arrivata da colui che viene indicato come il presidente in pectore della commissione stessa, il leghista Riccardo Lanzo: approcciare all’autonomia come a un percorso e non come un obiettivo, quindi qualificare permanente la commissione e utilizzarla per quell’interlocuzione positiva e il confronto con i mondi che all’autonomia guardano con attenzione: le imprese, le parti sociali, le professioni.

È stato anche deciso di varare una delibera in cui si dà mandato alla giunta di procedere alla richiesta dell’autonomia per tutte le 23 materie previste, ma anche di indicare al Consiglio la necessità di procedere alla costituzione della commissione permanente. Assicurati i voti dei Cinquestelle (e di fatto lasciato spettatore il Pd) che avranno la presidenza dell’altra nuova commissione, quella chiamata ad occuparsi di Legalità. La delibera uscirà dalla giunta già oggi, al termine dei lavori cui, come detto, parteciperà l’assessore che nella giunta della Lombardia oltre a detenerne la delega viene considerato il padre dell’autonomia. Galli insegna Storia delle Dottrine Politiche e Teorie e storia della democrazia alla facoltà di Scienze Politiche alla Statale di Milano ed è autore di numerose pubblicazioni su federalismo e nazionalismo.

Professore, partiamo dall’inizio: in Lombardia e Veneto nell’autunno del 2017 si tengono i referendum per chiedere ai cittadini se vogliono o no più autonomia. Il Piemonte ha commesso un errore nel non seguire questo esempio?
“Sì, è stato un errore. Diciamo che Lombardia e Veneto in questa partita del regionalismo differenziato fanno da apripista, anche per aver svolto i referendum. Non esistendo una legge attuativa del terzo comma dell’articolo 116 della Costituzione per noi era ineluttabile passare dal voto sia pure consultivo per smuovere le acque e cercare di raggiungere l’obiettivo. La riforma è stata costituzionalizzata del 2001, da quell’anno a oggi hanno provato a trattare la Toscana nel 2004, il Piemonte nel 2006, Lombardia e Veneto nel 2007, il Piemonte nuovamente nel 2008, ma le trattative sono sempre arrivate a un nulla di fatto. Noi dovevamo avere una leva per andare a negoziare con maggior forza e la leva l’abbiamo trovata nel referendum. Una volta che si apre la breccia con Lombardia e Veneto e l’Emilia-Romagna che si è accodata, anche se strumentalmente aveva aperto la trattativa due giorni prima del referendum, tutte le richieste che vengono dopo hanno la strada tracciata. Se ci fosse stato anche il Piemonte sarebbe stata una regione in piu che avrebbe trattato insieme a noi, la quarta regione del Nord”.

Quindi il Piemonte deve recuperare terreno?
“Si tratta di avviare un negoziato, peparare un dossier con le richieste di autonomia. Il Piemonte ha tutte le carte in regola per recuperare terreno e giocare la sua partita”.

Lei darà a Cirio dei consigli, il primo?
“Io posso raccontare come abbiamo impostato il percorso in Lombardia dove non abbiamo mai parlato di materie. Lo dico perché ci vuole una visione nuova dell’autonomia: anziché parlare di materie bisogna ragionare e trattare sulle funzioni. Ogni competenza delle 23 materie negoziabili deve essere disarticolata e scomposta nelle sue singole funzioni”.

Può fare un esempio?
“Certo. Prendiamo la protezione civile: il reclutamento dei volontari, la formazione dei volontari, sono singole funzioni che si possono o meno richiedere. Altro esempio, i beni culturali: questa materia ha due funzioni principali ovvero la tutela e la valorizzazione. La prima deve restare allo Stato, la seconda noi l’abbiamo chiesta. In ciascuna materia ci sono funzioni che ogni regione può decidere di chiedere oppure no. E poi, questo per noi è motivo di soddisfazione, la Corte Costituzionale quando ha visto come abbiamo impostato il nostro dossier ha detto che il percorso più lineare e costituzionalmente aderente alle prescrizioni è quello della Lombardia”.

Però una delle questioni che viene indicata come rischiosa e quindi inaccettabile anche da parte del premier è quella della scuola.
“Ma noi non chiediamo la luna sulla scuola, chiediamo solo la regionalizzazione dei contratti anche perché arriviamo solitamente a Natale con 4mila docenti che non sono contrattualizzati. Chiediamo quello che già si fa in Provincia di Bolzano dove gli insegnati sono pagati meglio e fanno più ore. Chi si spaventa e si mette di traverso è perché rifiuta di accettare la sfida dell’efficienza”.

La nuova maggioranza che governa il Piemonte ha annunciato di voler chiedere più autonomia in tutte e 23 le materie negoziabili. Lei cosa ne pensa?
“Bisogna avere un quadro approfondito dell’organizzazione economica, produttiva del territorio che io non ho, magari domani (oggi per chi legge, ndr) vengono fuori indicazioni e dettagli e potrò dare dei suggerimenti”.

Lei ha cambiato schema, spostando dalle materie alle funzioni le richieste, creando il modello lombardo. Quali sono i vantaggi?
“Oltre a rendere più agile il negoziato rende anche più semplice la quantificazione economica. Poichè si tratta di un trasferimento a saldo zero per lo Stato, perché questo è scritto nell’intesa, è chiaro che la singola funzione è piu facilmente quantificabile rispetto a una materia che di funzioni ne può comprendere molte”.

Comunque un lavoraccio.  
“Ci sono state delle notti in cui sono uscito dall'ufficio alle due per fare quel dossier che porterò in Piemonte”.

Ma non c’è il rischio che chiedendo tutto, come dice Luca Zaia e come annuncia Cirio, si facciano autonomie fotocopia?
“No, perché è proprio sulle funzioni che io posso fare la differenziazione. Le dicevo dei beni culturali: non abbiamo chiesto nulla sulla tutela, ma sulla valorizzazione sì, perché sono stufo di vedere il Cenacolo piuttosto che la Pinacoteca di Brera chiusi il primo maggio con fuori i turisti stranieri incazzati. La sfida dell’efficienza è questa”.

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