POLVERE DI (5) STELLE

Grillini furenti, ma nessuno si dimette

Masticano amaro, fanno proclami bellicosi, invocano il rispetto del contratto di governo. Ma manco uno che si schiodi dalla poltrona. Neppure la pasionaria No Tav Frediani: "Resto al mio posto". E Bono condivide "ogni parola" di Di Maio

Il boccone è di quelli pesanti da mandar giù, eppure i Cinquestelle pur tra travasi di bile mostrano stomaci di ferro. Certo, masticano amaro per quel “buco inutile” nella montagna che squarcia la credibilità del movimento, tuttavia nessuno parla più di dimissioni. Non il fumantino senatore Alberto Airola che dopo le dichiarazioni bellicose rilasciate a caldo, a mente fredda ci ha ripensato visto che molti, a suo dire, l’hanno invitato a non abbandonare il fronte della lotta. Al massimo, concede, “ci dovremmo dimettere tutti” che è un po’ come dire resto al mio posto.

Allineato e coperto è Davide Bono, figura di spicco del M5s piemontese, due volte candidato governatore e probabile coordinatore regionale del nuovo soggetto pentastellato che dovrebbe prendere corpo con la riorganizzazione annunciata dal capo politico Luigi Di Maio di cui, guarda caso, condivide “ogni parola”. A partire dalla necessità di “rimettere come dato politico la scelta definitiva al Parlamento, in cui ovviamente non avremo mai la maggioranza in quanto il contraente di Governo NON RISPETTA L’ACCORDO PRESO ovverosia riconsiderare integralmente l’opera”. A questo punto per l’ex consigliere non c’è che una strada: “rimettere mano ad una VOTAZIONE SU #ROUSSEAU sull’opportunità di continuare a mantenere in piedi il contratto stesso di Governo”. Insomma, campa cavillo.

Non muove le chiappe dallo scranno conquistato per la seconda volta neppure la pasionaria valsusina Francesca Frediani: “Io rimango al mio posto, nel rispetto del mandato affidatomi dai cittadini, ferma sulla mia posizione: il Tav non si deve fare. Punto”. E a capo, a dirla tutta. La consigliera parla di “foglia di fico traballante” il fatto che Conte tiri in ballo l’Europa e chiede a Grillo di battere un colpo (“Beppe dove sei? Fatti sentire!”). Ma non è necessario andare al voto su Rousseau perché nel contratto è scritto che le parti “si impegnano a non mettere in minoranza l’altra parte in questioni che per essa sono di fondamentale importanza”. È indubbio, spiega, che per i Cinquestelle la Torino-Lione è una questione fondamentale, “una battaglia identitaria”, ma se il M5s finisse in minoranza che si dovrebbe fare? Mandare a gambe all’aria il contratto di governo.

Ne fa una questione di ortofrutta la pirotecnica Viviana Ferrero, vicepresidente della Sala Rossa, a capo di un drappello di "vorrei ma non posso" che sostengono di malavoglia Chiara Appendino per non andare a casa: "Lo dico semplice - afferma - Se ti chiedo una mela non è che mi porti uno zucchino e me lo faccio andare bene lo stesso". Il riferimento, si legge in un lungo post, è ovviamente a Conte e alla magra consolazione che l'opera costerà meno. Lei voleva la mela e invece si farà andare giù lo zucchino sui banchi del Consiglio comunale. Piuttosto, a pensare all'addio sono le consigliere Daniela Albano e Maura Paoli, mettendo seriamente a rischio la tenuta della maggioranza a Palazzo Civico. Ma non è la prima volta che lanciano anatemi e penultimatum. 

Su Facebook preferisce parlare di asili nido, invece, Laura Castelli, viceministro all’Economia ed esponente di punta del grillismo subalpino. Non una parola su ciò che sta sconquassando il MoVimento. “Questo lo dice lei”, intanto tace. Un silenzio imbarazzato, forse per evitare di raccontare quegli incontri segreti con i vertici di Telt che da mesi hanno preparato il terreno all’attuale giravolta del Governo. Fa bene: chi tace acconsente.

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