VERSO IL VOTO

Corsa solitaria della Lega, un favore al centrosinistra

Con un centrodestra diviso cresce il numero di seggi contendibili per Pd e alleati. A Torino il partito di Salvini non sfonda mentre nel resto del Piemonte fa man bassa. Scenari e simulazioni di Fornaro e Portas, in attesa degli sviluppi nazionali

“Meglio solo che male accompagnato”. La frase tra un selfie e l’altro cancella definitivamente la fotografia del centrodestra classico che Matteo Salvini ormai da un bel po’ aveva tolto dall’album di una famiglia che, appunto, per lui non esiste più. “Più pokerista di Renzi”, per usare un ritratto-flash del capogruppo di Leu alla Camera Federico Fornaro, il Capitano può bluffare così come può puntare tutto su di sé e sul partito che lui ha portato in poco più di un anno dal 17,40 al 38 per cento.

Tentazione forte quella di una corsa in solitaria, alimentata dalla chiamata al voto utile e da un consenso plebiscitario che sarebbe poca cosa rispetto a quell’inquietante “datemi pieni poteri” che non può non evocare tempi bui della storia del Paese. Se si voterà in autunno, con l’unico precedente nel 1919 (con quel che ne seguì), e Salvini traducesse in pratica il proverbio citato in uno dei suoi comizi in spiaggia l’onda lunga della Lega sicuramente travolgerebbe tutti gli altri partiti nelle province del Piemonte.

“Oggi la Lega è nelle condizioni per vincere, da sola, tutti i collegi del Piemonte 2” spiega, dati alla mano, Fornaro. Il rovescio della medaglia per il leader della Lega, nello scenario delineato dal parlamentare piemontese autore di numerosi saggi in tema elettorale e riconosciuto analista degli ostici meandri dei flussi, sarebbe quello di un probabile naufragio nel cosiddetto Piemonte 1, ovvero Torino e Provincia, con il centrosinistra nella fortunata situazione di poter contendere molti dei collegi sotto e attorno alla Mole.

Il 31,7% ottenuto dalla Lega alle Europee non sarebbe sufficiente contro il 27, 34% del Pd accresciuto nell’alleanza con le altre forze del centrosinistra fino a portarlo attorno al 35. L’8% di Forza Italia o almeno il 5,5% di Fratelli d’Italia appaiono, quindi, irrinunciabili per il partito di Salvini nel caso non intenda dare per persi un po’ di collegi nel Piemonte 1, oppure da giocatore di poker il Capitano punti tutto su di lui e i suoi uomini anche con il rischio non basso di lasciarne a casa un po’.

L’ipotesi di una Lega che decide di fare a meno non solo, come sembra sempre più certo, di Forza Italia ma anche del partito di Giorgia Meloni se gli consentirebbe di riempire i seggi dell’uninominale in grande aree del Nord “la vedrebbe indebolita al Sud, dove il partito di Berlusconi e Fratelli d’Italia restano importanti, anche se non si deve immaginare una riedizione del centrodestra così come lo abbiamo conosciuto fino alle ultime elezioni”, osserva Fornaro. Il quale, guardando dalle parti di casa sua, quella attuale e quella che è stata e che potrebbe tornare ad esserlo nel condominio che si prospetta per il centrosinistra-sinistra, non rinuncia ad azzardare il paragone delle elezioni prossime venture “con quelle del ‘48”.

Un Fronte Popolare che, nel caso Salvini vada solo piuttosto che male accompagnato magari tamponando al Sud con amministratori locali come il governatore della Sicilia Nello Musumeci, potrebbe ottenere la sua vittoria e i suoi posti in Parlamento nell’ormai da tempo ex Villaggio di Asterix della sinistra.

Una lettura, quella di Fornaro su Torino e il Piemonte 1, che a distanza trova di fatto concorde l’aruspice di Montecitorio quando c’è aria di elezioni: il leader dei Moderati Giacomo Mimmo Portas, si spinge addirittura un po’ oltre: “a Torino con il centrosinistra unito il centrodestra ne potrebbe vincere al massimo uno su quattro, di collegi”. Se, anche per lui, non c’è trippa nel resto della regione dove “il centrodestra nei collegi fa il pieno, sia che la Lega vada da sola sia in coalizione”, forte è “la possibilità di conquistare seggi persi per poche centinaia di voti, come quello delle Vallette dove Paola Bragantini è stata sconfitta per meno di duecento. Con una lista dove c’è anche Leu e altre formazioni si vince alla grande”.

Per Portas che lunedì incontrerà Nicola Zingaretti, a conferma dell’asse stabilito con il nuovo inquilino del Nazareno, “sono i numeri delle regionali, calati nei collegi torinesi, a dire che si vince quasi in tutti, comunque si riconfermano quelli portati a casa da Stefano Lepri e Andrea Giorgis alla Camera e Mauro Laus al Senato”.

Tra realistiche e ottimistiche previsioni si consuma l’ansia pre-elettorale degli eletti, da meno di due anni però. Se nella Lega paradossalmente il problema può essere quello di trovare uomini e donne giusti a rincalzo e aggiunta degli uscenti, diversa la situazione del Pd dove molti guardano a cosa e soprattutto se farà Renzi.

Fibrillazioni e sovraeccitazioni da candidato in pectore attraversano gli zingarettosi (copy del segretario regionale Paolo Furia) in un revanchismo interno covato da quasi un paio d’anni. Non meglio se la passano in Forza Italia dove le speranze di vincere una manciata di seggi nel Piemonte due anche con la Lega solitaria, sembrano pie illusioni.

Come sconfiggere in partito di Salvini che in nessuna delle province scende sotto il 41 per cent?  Gli azzurri non potranno che affidarsi a candidati in grado di superare, con la loro figura, quell’enorme divario. E sperare. Per non farle restare pie illusioni ci vorrebbe un miracolo.

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