GRANA PADANA

Lega sotto choc, Molinari punta tutto sul partito

Magra soddisfazione per il segretario piemontese, fin dall'inizio piuttosto scettico sull'alleanza con i grillini. I fatti gli danno ragione ma probabilmente dovrà cedere la poltrona di capogruppo. Ora l'obiettivo è rafforzare il radicamento in regione

“Matteo, te l’avevo detto”. Questa frase mai la pronuncerà, ma Riccardo Molinari potrebbe essere uno dei pochi, forse l’unico, a poterlo fare. Nessuno sa se, come e quando l’attuale capogruppo alla Camera abbia manifestato al suo amico leader quelle fortissime perplessità di fronte all’allora nacente governo gialloverde di cui, però, non ha mai fatto mistero, anche quando il murales del bacio tra Salvini e Luigi Di Maio era una fotografia da album di famiglia politica da Mulino Bianco. Come va annotato che il comportamento compatto a sostegno del capo all’interno del partito leninista nell’Italia del terzo millennio non comprenda nessuna eccezione, tantomeno quella del parlamentare piemontese giunto alla sua prima legislatura a guidare il gruppo di Montecitorio, così va riconosciuto a Molinari di aver sempre espresso il suo profondo scetticismo, per non dire contrarietà, a quel matrimonio, pur con letti separati dal contratto di governo.

Mai indossati i panni della Cassandra, l’ex giovane padano (esperienza durante la quale conobbe Matteo e con lui strinse un’amicizia tra le più solide ai vertici di via Bellerio) di Alessandria ha sempre tenuto la linea del Capitano non nascondendo in più di un’occasione quella distanza siderale dai Cinquestelle che, tuttavia, non gli ha impedito di osservare e difendere fedelmente l’alleanza. Oggi per lui sarebbe fin troppo facile rivendicare quella lungimiranza non nascosta, però messa da parte per quella convinta disciplina di partito che sembra ormai abitare solo più nella Lega. Ovviamente non lo fa e mai lo farebbe, Molinari. Non appartiene, lui, neppure al fronte di quelli che, partendo dal sottosegretario Giancarlo Giorgetti, osservano più o molto meno apertamente che Salvini ha sbagliato i tempi della crisi. A fianco del Capitano, materialmente di fronte alle telecamere e politicamente nelle dichiarazioni, il presidente dei deputati leghisti è tra i più duri accusatori dei grillini in questi giorni dopo lo strappo. Non gli costa davvero molto, anzi nulla, questa posizione.

Non gli era costata fatica, anzi gli era venuto come si dice dal cuore, dire ai Cinquestelle: “Se siete contro la Tav, cosa ci state a fare in un Governo che la realizzerà?”. Mancavano pochi giorni alla crisi. Ma anche nei mesi addietro un murales di Molinari con il suo omologo grillino sarebbe stato impensabile. Parole soppesate, senza mai fare buon peso in apprezzamenti per l’alleato. Una posizione, unita alla fedeltà assoluta al capo, che non può che rafforzare la posizione del politico piemontese, nello scenario nazionale così come nel suo ruolo di guida del partito nella regione. Paradossalmente, non certo per via della citata lungimiranza, ma per quell’inevitabile travaso di posti che si riducono quando si passa da maggioranza a minoranza, potrebbe essere proprio il suo scranno di capogruppo a traballare nel caso nasca un nuovo Governo e il voto chiesto dalla Lega si allontani.

L’abbandono dei ministeri comporterà il ritorno nei banchi parlamentari di parecchi leghisti e un non improbabile rivolgimento di altrettanti ruoli. L’ipotesi di Salvini capogruppo al Senato al posto di Massimiliano Romeo, semmai confermata, potrebbe aprire a un turn over anche alla Camera dove lo stesso Molinari aveva preso il posto di Giorgetti quando il Gianni Letta del Carroccio era andato a Palazzo Chigi. Si dice che all’epoca Salvini avesse chiamato i suoi due bracci destri, Molinari e il genovese Edoardo Rixi, dicendo: “Uno fa il capogruppo e uno viene al Governo, decidete voi”.

Semmai toccherà decidere di far posto a chi lo avrà perso nei dicasteri, tra i papabili a fare la staffetta con Molinari c’è l’ormai ex sottosegretario agli Interni Nicola Molteni, lombardo di Cantù, tre legislature e un passato da vicecapogruppo. Dato ancora con più chance è l’ex ministro alla Famiglia e poi agli Affari Europei Lorenzo Fontana. È “il fedelissimo” di Salvini. Trentanove anni, veronese, Fontana incomincia a fare politica da consigliere comunale quando ne ha 22. È lui, da europarlamentare, l’artefice dell’avvicinamento della Lega al Front National di Marine Le Pen.

Un’alternanza del Lombardo-Veneto con il Piemonte alla guida dei deputati della Lega all’opposizione di un eventuale governo giallorosso, è nel novero delle eventualità con i se e i mai imposti da uno scenario ancora tutto da definire, sia pure nei tempi stretti che vengono posti da Quirinale come condizione: o si fa in fretta il Governo o si va al voto con un esecutivo elettorale. In quest’ultimo caso il cambio al vertici dei gruppi sarebbe difficilmente ipotizzabile, se non del tutto escluso.

Nella stessa Lega, tuttavia, si dà ormai per certo quello che Salvini definisce il Governo dell’inciucio. Ma sempre nel partito del Capitano ancora molti sono straniti dalla sua mossa che ha sorpreso tutti o quasi. Nessuno lo dice apertamente, guai a riferire commenti da confessionale, ma anche in una regione dove il successo elettorale ha portato il Carroccio ad essere l’azionista di stragrande maggioranza della coalizione che la governa, non pochi si interrogano sul futuro dopo lo strappo a sorpresa di Matteo e il probabile sfumare del voto da lui invocato.

Se dall’interno c’è chi descrive, forse esagerando un po’, un partito “attonito”, l’immagine che se ne dà all’esterno incominciando dai social è quella di una Lega pronta a seguire con il suo capo senza farsi troppe domande su quel calendario che lui avrebbe sbagliato per aprire la crisi.

Un partito alla cui guida non solo Molinari resta saldo, ma che si accinge a prendere le redini in mano anche della Lega Salvini Premier (oltre che la vecchia Lega Nord dal cui congresso è stato eletto), accantonando l’ipotesi di un commissario per cui si era affacciato il nome del sindaco di Novara Alessandro Canelli. Forse a Matteo l’aveva pure detto o forse no, che il Governo con i Cinquestelle non lo convinceva, tuttavia Molinari resta al fianco del Capitano. E se arrivasse l’ordine di lasciare la posizione a Montecitorio risponderebbe di sicuro “obbedisco”. Nella Lega di Salvini funziona così.      

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