GIALLOROSSI

Nessun ministro piemontese, corsa a vice e sottosegretari

L'unico che può ancora aspirare a un ruolo di titolare è Giorgis ma molto dipenderà dai giochi correntizi del Pd. In pista per qualche poltrona di seconda fascia nei dicasteri Gribaudo, Lepri e Gariglio. Conferma quasi certa per la Castelli, pressing su Portas

Guai solo a immaginare quale abito indossare. La scaramanzia prevale su tutto, anche sulle più solide rassicurazioni, in queste ore di travaglio prima del parto del Governo che tutti fanno attenzione a non chiamare Conte bis, per dire della superstizione oltre che della necessità di marcare la discontinuità (anche “cambiamento” non porta troppo bene).

La scelta del vestito per il giuramento, per i parlamentari piemontesi, sembra non doversi porsi per il Quirinale, ripiegando sulla Sala dei Galeoni di Palazzo Chigi. L’assai probabile ingresso nell’esecutivo di Gianni Cuperlo potrebbe seriamente, in virtù degli equilibri correntizi, imporre un passo indietro ad Andrea Giorgis, unico tra gli eletti in regione papabile per un dicastero, anche se nei giorni scorsi Graziano Delrio aveva prospettato l’ipotesi di una chiamata a Sergio Chiamparino che pare ormai superata.

Ancora presto per il totoministri, ma non per preparare nel Pd e nel M5s quelle liste che, come si sa, ballano con ingressi e uscite fino a quando la composizione del Governo esce dal Quirinale. Dovendosi accontentare di rumors, seppur da fonti autorevoli e passibili di mille mutazioni da qui alla formazione della squadra giallorossa, la cartina della geografia ministeriale resterebbe vuota nei confini del Piemonte. Non sarebbe certo la prima volta: nessun ministro, né piddino né grillino, nel Governo appena caduto, mentre ce ne è stato uno con Paolo Gentiloni a Palazzo Chigi, l’allora alfaniano poi passato in Forza Italia Enrico Costa, già al vertice di un dicastero negli ultimi mesi di Matteo Renzi premier.

Nessun ministro all’orizzonte, il Piemonte presumibilmente dovrà “accontentarsi” delle seconde file governative, quei sottosegretari promuovibili a viceministri che giureranno non nelle mani del Presidente della Repubblica, bensì davanti a quello del Consiglio. È lì che si può sviluppare con più spazi di manovra quella camera di compensazione tra le varie componenti del Partito Democratico, il cui segretario Nicola Zingaretti pare intenzionato a tirare dentro tutti come polizza assicurativa. Tutti sì, ma con qualche incognita, tra veti pentastellati e anticipati dinieghi (Renzi e Maria Elena Boschi in primis) e con poltrone da preservare, come quella della presidenza del Copasir di Lorenzo Guerini il cui nome circola pur essendo improbabile un suo abbandono della posizione strategica nell’organismo di controllo sui servizi segreti, ancor più con questioni aperte come quella sul Russiagate.

E, dunque, quella dei sottosegretari la pattuglia piemontese sui cui si sta ragionando nel Pd con un buon numero di papabili e decisamente più esiguo nei Cinquestelle dove è data per certa la riconferma (non si sa se ancora al Mef o altrove) di Laura Castelli, pretoriana di Luigi Di Maio e pontiere con lo stesso Pd nella delicata questione della Tav, così come molto probabile anche una permanenza in un dicastero del novarese Davide Crippa, in questo anno e mezzo al Mise. Ieri, giusto per portarsi avanti nel lavoro, la deputata di Collegno ha diffuso urbi et orbi un messaggio di ringraziamento a Giggino: “La politica è servizio e tu continui a farlo per il bene di tutti gli italiani”, ha scritto a sprezzo del ridicolo. “Adesso continuiamo a lavorare, riponendo grande fiducia nell’operato del Presidente della Repubblica, autorevole ed equilibrato riferimento per tutti noi. Con la certezza che il presidente Conte saprà delineare un programma omogeneo, che metta al centro i cittadini, e garantisca le politiche che intendiamo portare avanti come Movimento 5 Stelle”. Giuseppi, conclude la Castelli, “ha servito il Paese con spirito disinteressato e di abnegazione, è la guida migliore”. Questo lo dice lei!

Nel Pd dal Piemonte sarebbero tutte new entry anche rispetto ai precedenti governi. Se, come pare, non farà il ministro, per Giorgis si aprirà comunque un posto in un dicastero attinente al suo profilo accademico di costituzionalista. Non improbabile l’assegnazione, tra le altre, della delega all’Autonomia, tema su cui tra i dem e i grillini c’è assai meno tensione rispetto a quella con la Lega, ma che comunque resta una questione importante anche in vista delle elezioni regionali in Emilia-Romagna il cui governatore Stefano Bonaccini, del Pd, ha avviato il percorso per ottenere maggiori competenze e non può rischiare di consegnare il tema a Matteo Salvini in vista del voto.

A quanto pare ormai accantonata l’idea di Chiamparino ministro, Delrio punta per il Piemonte su Davide Gariglio, prospettando per il deputato che potrebbe superare agilmente l’ostacolo dato dall’essere alla sua prima legislatura e approdare alle Infrastrutture. Sarà, secondo fonti dem, il ministero del Lavoro la destinazione dell’orfiniana Chiara Gribaudo. La parlamentare cuneese, vicecapogruppo nella scorsa legislatura, è componente della commissione Lavoro e della stessa materia era stata chiamata ad occuparsi nella segreteria nazionale di Maurizio Martina. Se entrerà nel Governo, quasi certamente non si troverà tra i ministri il suo acerrimo avversario, quel Danilo Toninelli bersaglio dei suoi attacchi sulla non ancora risolta questione dell’Asti-Cuneo.

A proposito di strade, è la vicesegretaria nazionale Paola De Micheli a spianare quella di Giacomo Portas. Per la solida amicizia ma anche per rafforzare la sua componente all’interno del Pd, la De Micheli vuole ad ogni costo il fondatore dei Moderati (amico di vecchia data di Pier Luigi Bersani) su una poltrona di sottosegretario, presumibilmente al Mef in tema di fiscalità. Per convincere un ritroso Mimmo (parecchio critico sulla convenienza dell’alleanza coi grillini, da lui avversati nella Torino di Chiara Appendino), la parlamentare emiliana lo ha chiamato ancora l’altro giorno mentre lui si concedeva l’ultimo scampolo di vacanza sulla spiaggia di Cervo.

La necessità di non sguarnire l’Aula di Palazzo Madama, dove i numeri della nuova maggioranza sono piuttosto risicati, mettonmo fuori gioco il senatore Mauro Laus su cui il capogruppo Andrea Marcucci, che in questi 15 mesi ne ha apprezzato coraggio e spirito battagliero, avrebbe fatto più di un pensiero. Laus potrebbe essere  “ricompensato” con la presidenza di una commissione, cosa che però non potà avvenire prima di metà legislatura, grosso modo a novembre-dicembre 2020 (sempre che il governo superi la boa di mezzo mandato).

Trasversale alle correnti il via libera a un altro parlamentare torinese, Stefano Lepri, abile tessitore di relazioni, il quale sarebbe agevolato dall’area Zingaretti, nella sua non improbabile nomina, per aver favorito con l’accordo della sua pupilla Monica Canalis l’elezione a segretario regionale di Paolo Furia. Un “merito” non certo condiviso da altre componenti dem, ancor più dopo le dichiarazioni aperturiste del numero uno del partito in Piemonte verso l’amministrazione di Appendino. Una posizione che potrebbe creare un certo imbarazzo allo stesso deputato e magari qualche ostacolo verso il possibile ingresso al Governo.

C’è poi chi, pur non più eletto in Piemonte bensì in Emilia, guarda a ben altre poltrone. Dicono che Piero Fassino, mai abbandonata la sua predilezione per le questioni estere, si stia muovendo parecchio guardando alla Farnesina. Ovviamente preferirebbe i galloni da titolare, ma non disdegnerebbe neppure quella di viceministro e, persino, da sottosegretario. Con Dario Franceschini a Palazzo Chigi, come sottosegretario, le possibilità per la sua corrente di avere anche il ministro degli Esteri pare impresa ardua. E pure il piano B per l’ex sindaco di Torino, quella della designazione a commissario europeo pare, al momento, una pia illusione.

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