LA NUOVA REGIONE

"Piemonte pronto a mordere"

Nessuna soggezione verso il Governo, a partire dalla richiesta di maggiore autonomia. Cirio: "L'epoca in cui accettavamo tutto da Roma, cioè di non ottenere niente, è finita". Importante la presenza di ministri piemontesi purché dimostrino la "volontà di aiutarci"

Basta con i piagnistei e la rassegnazione in nome di un malinteso bon ton istituzionale. Il Piemonte è pronto a “battere i pugni sul tavolo” con il nuovo Governo se dovesse essere più difficile ottenere l’autonomia richiesta. Alberto Cirio mostra muscoli e denti di fronte a un esecutivo, quello giallorosso, che fin dal suo esordio pare voler mandare in soffitta la versione hard del federalismo di marca leghista per virare verso un regionalismo light, “solidale” tra le varie aree del Paese e maggiormente compatibile con gli assetti nazionali.

Il presidente della Regione, a margine della visita di questa mattina all’ospedale infantile Regina Margherita di Torino in occasione dell’avvio dell'anno scolastico per i piccoli pazienti che seguiranno le lezioni nel nosocomio, ha insistito sul cambio di registro che connoterà da ora in poi i rapporti con lo Stato centrale e il Governo. «La musica in Piemonte è cambiata. Il Piemonte – sottolinea – ha un credito con l’Italia (i 10 miliardi di residuo fiscale, ndr) e dobbiamo esigerlo, perché ce lo chiede il 30% dei nostri ragazzi che sono disoccupati, le aziende che sono soffocate dall’oppressione fiscale e dalla burocrazia, ce lo chiede in generale la nostra realtà piemontese. È una sfida importante, ma noi siamo giovani, pronti, ma soprattutto veloci nel cogliere le opportunità».

Un cambio di passo cui potrebbe certamente contribuire la presenza di piemontesi nell’esecuto di Giuseppe Conte, dai due ministri M5s (Paola Pisano e Fabiana Dadone) e alla piccola pattuglia di sottosegretari la cui nomina è attesa nei prossimi giorni. «Evidentemente se ci sono donne e uomini che vengono dal Piemonte è sempre meglio, l’importante è che oltre alla provenienza geografica ci sia la volontà di aiutare realmente il nostro Piemonte». Presenze utili, certo, ma non sufficienti a ottenere quell’attenzione che merita di per sé la regione. «Noi ci poniamo senza pregiudizi perché abbiamo un ruolo istituzionale da difendere, trattiamo con chiunque purché l’interesse del Piemonte venga garantito. Ma non siamo solo pronti a lamentarci – conclude – ma anche a “mordere”, perché l’epoca in cui il Piemonte accettava tutto da Roma, cioè di non ottenere niente, è finita».

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