TRAVAGLI DEMOCRATICI

Caporetto Pd, "Furia si dimetta"

Dopo lo sberlone rifilato al partito piemontese nella nomina dei sottosegretari, partono le bordate. Fregolent: "Abbia un sussulto di dignità". Laus: "Non è così che andava condotta la trattativa". Il precedente di Morgando. Ma lui replica: "Polemiche strumentali"

Le chat vanno a fuoco, sui social si moltiplicano interventi indignati, il segretario regionale Paolo Furia è sotto assedio e ora c’è chi ne chiede, più o meno esplicitamente, le dimissioni “se non come un’assunzione di responsabilità, quantomeno per protesta verso il gruppo dirigente nazionale che ne ha ignorato le indicazioni” dice il senatore Mauro Laus. Il secondo schiaffo di Nicola Zingaretti al Pd piemontese fa male, se possibile ancor più del primo: dopo l’assenza di ministri nella compagine governativa i dem in terra allobroga ottengono solo un sottosegretario, Andrea Giorgis. E per di più in un dicastero certamente di prestigio, la Giustizia, ma di certo non in cima agli interri del territorio. Alla faccia di chi si aspettava un riequilibrio dopo che i Cinquestelle avevano schierato due ministri, la cuneese Fabiana Dadone alla Pubblica amministrazione e l’assessora di Chiara Appendino Paola Pisano, all’Innovazione. In questa seconda infornata i grillini confermano Laura Castelli come viceministro al Mef e piazzano Lucia Azzolina sottosegretaria all’Istruzione. Per i dem piemontesi è una Caporetto. Ancor più dura la presa di posizione di Silvia Fregolent: “Il Pd di Torino e Piemonte è stato umiliato nella formazione del nuovo governo. Il segretario regionale abbia un sussulto di dignità e si dimetta”. Fregolent imputa al numero uno di via Masserano e alla sua vice Monica Canalis “inesperienza e ingenuità” nell’aprire “frettolosamente a improbabili alleanze con i 5 Stelle locali pur di avere visibilità ma senza preoccuparsi di rappresentare le istanze territoriali”.

La stessa Canalis ha un diavolo per capello e se la prende direttamente con il segretario nazionale: “Cosa verrà a raccontarci domenica Zingaretti a Torino? Come giustificherà che il Piemonte sia rappresentato nel nuovo Governo solo dal M5s?”. Parole che interpretano un sentimento di frustrazione diffuso, inacidite, nel caso di Canalis, dalla delusione per la mancata promozione a sottosegretario del suo pigmalione politico, Stefano Lepri, il quale avrebbe addirittura minacciato Furia di far cadere la segreteria regionale qualora non fosse stato inserito nella rosa di nomi che il vertice regionale ha sottoposto a Zingaretti. Tutto inutile. 

Il clima è teso, tanta la rabbia per un partito che già intravvedeva all’orizzonte il riscatto quando nel 2021 ci saranno le amministrative per Torino, “invece siamo riusciti a resuscitare i grillini”. “No comunque il Pd piemontese ne esce bene” ironizza amaro il renzianissimo Davide Ricca, presidente della Circoscrizione VIII, mentre c’è chi da tempo viene accusato di intelligenza col nemico. È il caso del vicepresidente della Sala Rossa Enzo Lavolta, l’esponente dem che può vantare il rapporto migliore con i consiglieri del Movimento 5 stelle, il quale su facebook inaugura una rubrica su ciò che condividono Pd e M5s. Si parte con i meriti dell’assessora ai Servizi educativi di Torino Antonietta Di Martino sulla dibattuta questione del pasto da casa.

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“Di fronte a quello che è successo non posso che registrare una situazione di grande difficoltà” dice Laus, sollecitato dallo Spiffero. Non vorrebbe parlare per non gettare benzina sul fuoco, ma non si sottrae a un’analisi di quel che è accaduto: “Non mi nascondo una gestione dei vertici piemontesi perlomeno deficitaria, a partire da quella lettera aperta inviata a Zingaretti per promuovere la causa del Piemonte: non è così che si fa, servono argomenti solidi”. Tipo? “Innanzitutto sottolineare le specificità di un Piemonte 2 che richiede una rappresentanza e poi la necessità di rispondere alla nomina della Pisano su Torino. E con tutta l’ammirazione che ho per Giorgis, cui rinnovo la mia stima e faccio gli auguri di buon lavoro, non è con un incarico alla Giustizia che si può incidere su Torino, dove invece abbiamo bisogno di qualcuno che si occupi di incidere sull'area di crisi complessa o batta i pugni per i finanziamenti della metro 2”. Di qui una richiesta indiretta di dimissioni per Furia: "Io lo farei, se non altro per protesta". Non manca un precedente, quello di Gianfranco Morgando, che nel 2013, all'indomani della formazione del governo Letta lasciò polemicamente la guida del partito regionale per lo stesso motivo, la sottorappresentazione del Piemonte nell'esecutivo appena nato.

LA REPLICA DI FURIA. “Sulla formazione del Governo occorre dire la verità: nonostante tutti gli sforzi, che io e i miei colleghi segretari regionali del Pd abbiamo fatto, per difendere il principio della rappresentanza territoriale, il criterio territoriale non è stato sufficientemente preso in considerazione dal Pd nazionale nel suo complesso” replica Furia che respinge “le polemiche violentemente strumentali di chi chiede le mie dimissioni cercando di attribuire alla gestione del livello regionale la scarsa considerazione del nostro territorio a livello regionale”. Secondo Furia “purtroppo c’è chi fa sciacallaggio e cerca capri espiatori convenienti anziché lavorare per il bene comune. Spiace che a farlo – aggiunge – sia peraltro qualche parlamentare, molto avviato nella dinamica correntizia del Pd; parlamentare che io stesso ho cercato al fine di condividere una battaglia e delle informazioni, anziché giocare ognuno per conto proprio asserragliati nei fortini di appartenenza”. Furia invita dunque a “volare più alto di così. Ora dobbiamo fare in modo che il Governo non dimentichi il Piemonte nelle politiche. Avremo fiducia, ma non faremo sconti”.

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