SCISMA DEMOCRATICO

Quattro piemontesi con Renzi

Ecco i parlamentari pronti a seguire l'ex premier nella scissione dal Pd: Fregolent, Marino, Portas e Laus, rigorosamente in ordine di (in)certezza. Lotti blinda i suoi e blocca l'esodo. Il ruolo del leader dei Moderati e l'agit-prop Ricca. Giachettiani in ordine sparso

Matteo Renzi è partito, “l’intendenza seguirà”. Fedele all’antico motto napoleonico, l’ex premier ieri ha rotto gli indugi e impresso un’accelerazione decisiva a quella scissione studiata per mesi. “È stato costretto ad affrettare i tempi per stoppare la controffensiva dei pretoriani dem che provavano a sfilargli i parlamentari” si lascia scappare uno dei protagonisti delle trattative. Così il senatore di Rignano ha pianificato il blitz e lanciato il segnale a chi da settimane vive con le valigie pronte accanto al letto. Non sarà alla Leopolda l’annuncio, ottobre è troppo lontano: la nuova casa dell'Italia del Sì apre i battenti oggi, come se il tempo non si fosse mai fermato da quel 4 dicembre 2016, quando un’altra Italia, quella del “No”, bocciò il referendum costituzionale e disarcionò Renzi dalla poltrona di premier.

Come prima della tempesta, nel Pd c’è chi si mette al riparo, chi resta alla finestra, chi prova a sfruttare la confusione per acquisire una posizione di vantaggio. In ballo c’è il Paese, certo, ma soprattutto le carriere di tanti piccoli o grandi capataz. “Dovremo confrontarci tra noi” è il mantra di chi vuol prendere tempo. Qualcuno ha già fissato in fretta e furia i primi incontri, altro segnale dello showdown ormai in corso: il deputato torinese Davide Gariglio riunirà i suoi domani all’Educatorio della Provvidenza, assieme al consigliere regionale Alberto Avetta; in contemporanea il presidente dell’VIII Circoscrizione Davide Ricca, sarà alla fondazione Camis de Fonseca. Alla fine il primo resterà nel Pd, così come gli altri parlamentari piemontesi di Base Riformista, la corrente fondata da Luca Lotti e dal neo ministro Lorenzo Guerini: Enrico Borghi, Mino Taricco, Francesca Bonomo. Ricca, invece, è pronto al grande salto e per lui si profila un ruolo di agit-prop nel capoluogo. Pensare che un tempo erano tutti “renziani”, ora si dividono tra “quelli che restano” e “quelli che vanno”. Tra chi i propri dubbi li ha dissipati c’è il senatore “boschiano” Mauro Marino, che ieri ha passato la giornata al telefono per sondare sensazioni e umori, così come la deputata Silvia Fregolent, considerata ormai l’appendice di Renzi a Torino. Non si muove, invece, Stefano Lepri, nume tutelare della vicesegretaria regionale Monica Canalis e garante di un patto tra ex Ds e cattodem che consente a Paolo Furia di guidare il partito in Piemonte.   

È stato l’ex segretario in prima persona a condurre le trattative più delicate, come quella con il leader dei Moderati Giacomo Portas, tra i più corteggiati in queste frenetiche ore. Giovedì un primo colloquio con Ettore Rosato a Montecitorio, ieri le telefonate di Maria Elena Boschi e dello stesso Renzi, che l’hanno raggiunto in Sardegna dove si trovava per lavoro. C’è da costruire un partito da zero, dargli un’organizzazione, una struttura e chi meglio di Portas, che dal nulla coniò un brand capace ancora di  rimanere sul mercato politico dopo quasi quindici anni, potrebbe assumere la guida del torpedone? Lui, tra un bicchier di mirto ed un caffè, ha snocciolato i suoi “perché” e li ha lasciati con un “vedrò”. Il timore di finire come i quattro amici al bar un po’ lo frena, ma la prospettiva di un Pd che costruisce la “casa comune” coi Cinquestelle, così come preconizzato da Dario Franceschini, lo turba, se possibile, ancora di più.

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Una delle aree in subbuglio, oggi, è quella che fa capo al senatore Mauro Laus: entrato a Palazzo Madama con l’etichetta di fassiniano, ha creato in quest’anno di convivenza tra i banchi dem un rapporto schietto con Renzi, allontanandosi progressivamente dal Lungo. Insomma, per Laus la scissione è un’opzione tutt’altro che remota. Lasciare il Pd per la seconda volta dopo la fuitina coi Moderati? Lui ci pensa, eccome se ci pensa. Mentre tra chi di andarsene non ha la minima intenzione c’è Mimmo Carretta, segretario della Federazione torinese del partito, che Laus considera qualcosa più di un amico e compagno: è il suo braccio destro, l’unico di cui si fida davvero. “Qualunque decisione prenda, perderò una parte” si è rassegnato l’ex numero uno di Palazzo Lascaris, che in queste ore dissiperà gli ultimi dubbi. Al fianco di Carretta, per il momento, dovrebbe rimanere anche il consigliere regionale Daniele Valle, giovane politico poco propenso ai colpi di testa: c’è una pattuglia di militanti e amministratori locali che considera lui un punto di riferimento almeno quanto il Pd la propria casa.

Non solo il capoluogo, anche il Piemonte 2 è teatro di confronti e valutazioni. Le dimissioni dalla direzione nazionale di Roberto Giachetti sono un segnale inequivocabile e Giuseppe Genoni, che di quella mozione è stato il referente in regione, è già pronto a seguirlo. Da Novara ad Alessandria dove l’ex viceministro al Mef Enrico Morando, ex Pci di estrazione migliorista, si è espresso pubblicamente contro la scissione, mentre i segretari provinciale e cittadino, Fabio Scarsi e Rapisardo Antinucci, stanno valutando seriamente di levare le tende. Chi aderirà senza dubbio alla nuova Cosa renziana è l’ex parlamentare Cristina Bargero, mentre ad Asti Angela Motta, oggi consigliere comunale dopo tre legislature in Regione, riunirà nei prossimi giorni amici e compagni per capire quanti sarebbero pronti a seguirla.

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