SCENTRATI

Allarme Renzi in Forza Italia

Gli azzurri stretti nella morsa dei due Matteo sentono franare il terreno sotto i piedi. Napoli, con la Ruffino presente alla cena della Carfagna, avverte: "Siamo a un bivio esistenziale, per superarlo non basta più volgersi indietro ad ammirare le glorie passate"

“Il valzer di Renzi è appena incominciato, ma si ballerà anche dalle nostre parti”. Erano seduti, attovagliati da Gina ai Parioli, i circa cinquanta parlamentari che hanno risposto all’invito di Mara Carfagna, ma la rappresentazione danzante delle prossime settimane che un forzista piemontese di lungo corso e altrettanta visione fornisce in una conversazione con lo Spiffero, rende perfettamente l’idea di come l’uscita dal Pd dell’ex segretario-premier preluda a conseguenze, nel bene o nel male a seconda dei punti di vista, in Forza Italia, più di quanto si possa oggi immaginare.

Il rischio di vedere il suo partito stretto nella morsa dei due Matteo – da una parte Salvini attrattivo per quella parte di Forza Italia più a destra e da tempo sempre più disponibile a un ruolo di evidente subalternità nei confronti dell’ex ministro dell’Interno e dall’altra l’opa renziana alla quale non sono insensibili quegli azzurri che, rivendicando una linea liberale, moderata e riformista non vogliono morire leghisti – è ben chiaro a Silvio Berlusconi. E non solo a lui.

“Renzi ha anticipato la scissione perché ha visto la nostra debolezza, perché di fronte a sé ha visto uno spazio da aggredire e ci si è buttato”, osservava il deputato torinese Osvaldo Napoli l’altro ieri, poche ore prima di partecipare, insieme alla collega e storica sodale politica Daniela Ruffino, alla cena della Carfagna. Il quasi totiano Napoli, rimasto per un bel po’ nell’elenco dei seguaci del governatore ligure ma senza dar seguito a quel sostegno non seguendolo nell’avventura del nuovo partito, a tavola con l’azzurra più sospettata di intelligenza con il nemico di Rignano ha finito per dare l’idea che non solo di valzer si tratti, ma pure di quadriglia.

“Una cena come tante altre, niente di correntizio”. Così il deputato di Giaveno, la spiegherà il giorno dopo, anche se quel convivio ha fatto andare di traverso il pranzo a Berlusconi, immediatamente rassicurato, ma non si sa quanto rasserenato, dalla Carfagna. “Io nel partito di Renzi? Fa ridere, inventatene un’altra”, ha detto la vicepresidente della Camera. Il tema di presidiare, non solo i gruppi parlamentari da non improbabili migrazioni dopo il primo passaggio con i senatori renziani dell’azzurra Donatella Conzatti, ma soprattutto l’elettorato assomiglia sempre più a un’emergenza. “C’è necessità di creare un nuovo centro – avverte Napoli – o lo facciamo o lo fa qualcun altro”. E sull’identità dell’altro non ci sono dubbi. Né li aveva avuti quindici  anni fa ormai, lo stesso Berlusconi quando conobbe il giovane presidente della Provincia di Firenze e dopo aver conversato un po’ con lui gli disse: "Caro Renzi, ma come fa uno bravo come lei a stare con i comunisti?".

Il quid che mancava ad Angelino Alfano adesso allarma gli azzurri che sanno come l’ex rottamatore lo abbia. Speranza vana immaginare Italia Viva una sorta di Ncd. “Renzi è soltanto l’ultimo avversario, temibile e insidioso più di altri, che si candida a occupare l’area centrale dello schieramento – continua il ragionamento Napoli –. Il suo obiettivo dichiarato è netto: arginare l’onda populista sulla destra, mentre a Zingaretti ha lasciato il compito di sbrigarsela con i grillini. Per noi di Forza Italia si pone un problema di strategia: come evitare di rimanere schiacciati fra il sovranismo e l’offensiva renziana? Renzi non insidia soltanto quello che era il nostro elettorato moderato e liberale, chiaramente stanco e impaurito della predicazione sovranista, ma è arrivato anche a rompere la strategia di Conte, decisamente intenzionato a rimanere in politica e a recitarvi un ruolo di primo piano come federatore di quei settori progressisti ma non estremisti”. A questo punto il che fare? È legato alla stessa sopravvivenza del partito berlusconiano: “Per noi di Forza Italia si pone una questione strategica di vitale importanza – conferma Napoli –. Non possiamo più essere sulla scia del sovranismo, un’ideologia uscita sconfitta in Italia ma soprattutto in Europa. Né possiamo lasciare a Renzi o a Conte il compito di rappresentare l’alternativa moderata a Salvini e a Meloni. Siamo a un bivio esistenziale, per superare il quale non basta più volgersi indietro ad ammirare le glorie passate. Dobbiamo scegliere e decidere perché se la politica si rimette a correre non è sufficiente recitare formule magiche o affidarsi a un sortilegio per essere padroni del nostro futuro”.

Nessun cambio di passo per i parlamentari azzurri, a quanto pare. Smentisce decisamente le voci che la indicavano come possibile futura renziana la senatrice torinese Virginia Tiraboschi. L’unico ad uscire da Forza Italia, ma per andare con Toti del cui nuovo partito ieri ha firmato lo statuto, è il senatore alessandrino Massimo Berutti. Gli altri, (più o meno) allineati e (per quel che possono) coperti. E magari pronti in trincea perché quella terra di nessuno, quel centro di cui parla Napoli e di cui il suo partito, travagliato all’interno e duramente segnato dal calo di consensi, è andato perdendo gran parte della rappresentanza, può essere facile terra di conquista per Renzi.

E se al Sud l’operazione di contenimento della Carfagna e della sua “corrente del Golfo” (vista la numerosa compagine campana) rispetto alla nuova proposta renziana ha, appunto, un riferimento chiaro nella parlamentare che l’altra sera a cena ha detto, ripetendolo poi al Cavaliere, “non voglio morire né salviniana, né renziana, ma berlusconiana”, diverso è il quadro al Nord. Qui lo scisma totiano ha ulteriormente spostato l’asse a destra, lasciando ancor più sguarnita l’ala, diciamo, liberale di Forza Italia. E, dunque, qui la nuova forza politica che avrà  il suo lancio sui territori alla Leopolda dopo l’accelerazione parlamentare di questi giorni, potrebbe creare non pochi problemi ai berluscones, pescando in quell’elettorato che ha abbandonato il partito del Cav, spesso rifugiandosi nell’astensione e quando ancora non lo ha fatto vive con crescente fastidio una sudditanza azzurra nei confronti di Matteo Salvini.

Quanto potranno bastare le parole pronunciate ancora ieri da Berlusconi contro il sovranismo, “una stupidaggine che non ha ragione d’essere”, per evitare un rivolgersi alla nuova offerta renziana da parte di chi non vuole morire salviniano, ma neppure esserlo in vita? Quanto potrà essere rassicurato questo potenziale elettorato azzurro dalla titubanza sulla partecipazione o meno di Forza Italia alla manifestazione di piazza con Salvini e Giorgia Meloni? E, ancora, è così impossibile immaginare almeno una riflessione davanti all’idea di dare fiducia a una iniziativa che combatte il populismo del palco sovranista di Pontida ma allo stesso tempo ha preso le distanza da un Pd sempre più a sinistra?

Qualcuno, nella decisione che sta sconvolgendo il quadro politico nel centrosinistra ma anche nel centrodestra, potrebbe leggere la risposta di Renzi a quella domanda che quindici anni fa gli fece proprio Berlusconi.

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