POLITICA & GIUSTIZIA

Il portavoce su Appendino: "Ora vuoto il sacco"

Nuovi particolari sulle pressioni esercitate da Pasquaretta per ottenere un incarico dopo aver perso il posto da capo ufficio stampa della sindaca: "Sosteneva che io avevo usato la macchina di servizio per andare a Ivrea per un impegno del partito"

Sosteneva che avrebbe “vuotato il sacco in Procura” e che era a conoscenza di due episodi compromettenti Luca Pasquaretta, l’ex portavoce di Chiara Appendino, ora indagato per estorsione in un procedimento in cui la prima cittadina di Torino è parte offesa. La sindaca, nella prima audizione, aveva affermato di non essersi mai sentita minacciata. A precisarlo è la Appendino, sentita tre volte dai pubblici ministeri Enrica Gabetta e Gianfranco Colace. “Non ho mai percepito credibili nel contenuto le minacce che Sacco mi ha riferito”, ha sostenuto la sindaca davanti ai magistrati, ponendo l’accento sul suo modo di fare “abbastanza colorito”. I rapporti si sono invece interrotti dal pomeriggio di venerdì primo febbraio, “dopo che ho appreso della vicenda giudiziaria di Pasquaretta in particolare dell'accusa, appresa a mezzo stampa, che riguarderebbe appuntamenti con i miei assessori per interessi privati”.

Era stato l’assessore al Commercio, Alberto Sacco, a riferire alla sindaca delle presunte manovre con cui, secondo l’accusa, Pasquaretta aspirava a ottenere nuovi lavori dopo la cessazione, il 3 agosto 2018, del suo contratto di lavoro in Comune. La prima circostanza compromettente è legata alla consulenza da 5mila euro che Pasquaretta aveva ottenuto dal Salone del Libro nel 2017 e per la quale è tuttora indagato per peculato. Il giornalista diceva “in giro” che Appendino era a conoscenza di quella consulenza, questione per la quale in un primo momento è stata indagata ma la sua posizione è stata stralciata e si profila una richiesta di archiviazione. Negli atti risulta che tre persone sostengono davanti ai pm che la sindaca sapesse della consulenza: l'ex capo di gabinetto Paolo Giordana (“A me la Appendino ha sempre detto che era a conoscenza del fatto che la consulenza fosse stata attribuita a Pasquaretta. Tutte le volte che ne ho parlato con la Appendino lei mi disse che era al corrente di questa consulenza”), il dirigente comunale (all'epoca segretario della Fondazione per il libro) Giuseppe Ferrari e l'allora direttore amministrativo del Salone Alessandro Dotta (“Posso con estrema serenità e certezza affermare che ero a conoscenza del fatto che il sindaco Appendino sapeva che tale consulenza era stata attribuita al suo diretto collaboratore”). A scagionare la sindaca è però uno scambio di messaggio nella chat riservata con il suo stretto collaboratore, anche se saltata fuori molto tardi a inchiesta già avviata e dopo che Appendino era già stata sentita dagli inquirenti: “Il problema è che a me chiedono se sono io che ho autorizzato. E io non ne sapevo un cazzo”, scrive la sindaca. “Tu non ne sapevi nulla” conferma Pasquaretta.

Inoltre, come ha riferito la prima cittadina ai pubblici ministeri, “sosteneva che io avevo usato la macchina di servizio per andare a Ivrea per un impegno del partito”. “Nulla da nascondere”, secondo Appendino: “in auto verso Ivrea ero con un pubblico ufficiale, un poliziotto municipale. Inoltre avevo già testimoniato in procura sulla consulenza per il Salone del Libro”, ricorda la sindaca ripetendo di essere stata lei a convincerlo a restituire i 5 mila euro dell’incarico. La sindaca ha anche riferito che Pasquaretta “diceva in giro che mi voleva bene e mi stava proteggendo”.

E questi non sarebbero che due dei numerosi episodi contenuti nella voluminosa documentazione relativa alle intercettazioni nelle quali il pitbull di Appendino dialogava spesso con toni duri con noti esponenti del mondo politico, amministrativo e giornalistico della città. In seguito a quelle pressioni, Pasquaretta diventò collaboratore di Laura Castelli, all’epoca sottosegretario all’Economia, anche lei considerata parte offesa in questa vicenda, dopo che era sfumato un contratto con l'europarlamentare Tiziana Beghin. “Io non voglio che nessuno faccia l'elemosina – dice Pasquaretta al telefono con Sacco –, però fate attenzione tutti quanti, perché mi sto incazzando (...). Ricordati che poi quando mi incazzo succedono poi brutte cose”. Concetto ribadito in un messaggio Wathsapp l’11ottobre 2018: “Quello che mi state facendo lo trovo ignobile. La farsa è iniziata i primi di luglio. Questo è il ringraziamento verso chi vi ha difeso e portato dove siete ora. Me la pagherete”.

“Ho pigliato vagonate di m...sono pieno di avvisi di garanzia e tutto il resto...per difendere Chiara. Per difendere tutti”. Pasquaretta si è sfogato anche con Pietro Dettori, portavoce del vice premier Luigi Di Maio, in una telefonata il 5 settembre 2018. Dettori gli aveva chiesto il motivo per il quale era stato allontanato dal Comune di Torino. I due, come raccontò lo stesso Dettori agli inquirenti quando venne interrogato, si incontrarono a Roma alcuni giorni dopo. “Pasquaretta, che diceva di difendere Appendino in tutti i frangenti, mi aggiunse che il gruppo consiliare di maggioranza M5s avrebbe approfittato della sua vicenda giudiziaria per spingere affinché si arrivasse al suo allontanamento. Lui riteneva di sentire la pressione e quindi decise di dimettersi”. “Io – aggiunge ancora Dettori – presi atto delle cose che mi disse Pasquaretta, ma per lui non c’erano posti. Sapevo che i nostri staff di comunicazione erano pieni né ci interessava come profilo. Rimasi sorpreso di vederlo nello staff di Laura Castelli il 19 gennaio 2019. Non lo trovai molto lineare. Ero rimasto al fatto che non c’era lavoro per Pasquaretta in sede ministeriale”.

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