DISCORDIA ISTITUZIONALE

Autonomia, Cirio avverte Boccia: "Non prenda in giro il Piemonte"

Il ministro provoca: "Non sono io a dover correre ma il governatore. Senza una deliberazione del Consiglio non partirà il negoziato con la Regione". In verità un atto c'è e verrà integrato entro l'anno. "Noi saremo pronti, vediamo se lo sarà pure lui"

Un paio di mesi, non di più, per vedere se sull’autonomia il ministro mantiene gli impegni o ciurla nel manico. Il clima tra Francesco Boccia e Alberto Cirio, come testimoniano le stoccate a distanza degli ultimi giorni, non è dei migliori. Il governatore, osservante anche in questa occasione al ruolo del pontiere a lui caro, non si sbarra la strada già diventata sul tema angusta con il Governo giallorosso, ma mina il terreno attorno al ministro della sinistra Pd con una serie di avvertimenti e altrettanti atti concreti.

“Entro fine anno la nostra maggioranza farà approvare dal Consiglio regionale la nuova delibera sull’autonomia, che integra quella ereditata dalla precedente legislatura. I tempi combaciano perfettamente con il tempo che insieme a Nicola Zaia ed Attilio Fontana abbiamo concesso al neoministro per approvare lo schema quadro nazionale che lui ha annunciato essere il presupposto necessario ed indispensabile per poter procedere con le intese con le regioni. Noi per quella data ci faremo trovare pronti. Vedremo se lo sarà anche lui”, avverte Cirio.

Una sfida, quella del presidente, che arriva quando la tensione tra lui e il ministro è salita così come i toni (e le presunte ragioni) del successore della leghista Erika Stefani nella gestione del dossier più importante per le Regioni del Nord.

Venerdì scorso a Stresa, intervenendo alla due giorni sulla democrazia organizzata dalla Fondazione Iniziativa Europa, Cirio aveva spiegato che “se il quadro è un decreto su cui possiamo essere operativi e trattare l'autonomia direttamente, non è una presa in giro. Se, invece, il ministro intende presentare un disegno di legge e rimetterlo alla discussione del Parlamento sine die, quindi senza una data definita, questa è una chiara presa in giro che non accetteremo".

Questione all’apparenza semplice: o Boccia utilizza uno strumento rapido, oppure se rimanda alle Camere è evidente lo scopo di frenare se non bloccare quel processo su cui le Regioni del Nord amministrate dal centrodestra non intendono recedere di un millimetro. "Se il Governo ci prenderà in giro – aveva spiegato ancora il governatore – noi avremo la possibilità, se le altre Regioni saranno d'accordo, di scegliere una materia e iniziare a legiferare con una legge comune. Poi il governo ce la impugnerà davanti alla Corte Costituzionale, e noi andremo a spiegare che la Costituzione ci permette di farlo".

La risposta di Boccia non si era fatta attendere, ma era difficile immaginarne i toni così come le basi di appoggio piuttosto traballanti: “Non è il presidente Cirio che deve dire a me di correre, sono io che lo dico a lui. Aspetto una proposta approvata dal Consiglio regionale, altrimenti non sarò mai in grado di far partire il negoziato con la Regione Piemonte". Per rafforzare la sua replica, il ministro aveva ricordato che “il Veneto è già ripartito, le delegazioni trattanti di Lombardia ed Emilia sono al lavoro, e inizia la Toscana che non si era mai seduta al tavolo perché il Consiglio regionale toscano ha varato una proposta che ora abbiamo immesso nei canali del negoziato. Quindi – aveva aggiunto sprezzante - la Regione Piemonte quando vuole recuperare tempo sa cosa deve fare: rispettare le regole che questa Repubblica si è data".

Il problema, però, è che a Boccia dev’essere sfuggita la regola di approfondire prima di sentenziare. Già, perché non è affatto vero che il Piemonte sia addirittura indietro alla Toscana e al ministero non ci sia una proposta partita da Torino. Essendo per di più dello stesso partito, Boccia dovrebbe sapere che nei suoi uffici c’è – mai ritirata né annullata – la proposta avanzata da Sergio Chiamparino, verso la fine della scorsa legislatura. È vero che la nuova amministrazione di centrodestra ritiene quel dossier insufficiente, ma altrettanto vero che è lo stesso Cirio a usare il termine “integrazione” riferito a quella proposta che, dunque, esiste e resiste, pur destinata ad essere ampiamente rafforzata.

Per far questo a Palazzo Lascaris la deliberà planerà sul tavolo della prima commissione (quella ad hoc sull’Autonomia, annunciata ad inizio legislatura dal presidente del consiglio Stefano Allasia deve ancora essere costituita) e, nei piani della maggioranza, appena licenziato l’assestamento di Bilancio dovrebbe incominciare il tour de force con lavori a ritmi serrati: obiettivo il voto in aula entro la fine dell’anno, in tempo per inserire il Piemonte nella legge quadro, “sempre ammesso che ci sia”, osserva Cirio.

È ancora lui a mandare a dire al ministro che “il Piemonte sta affrontando con rapidità e serietà il tema dell’autonomia. Prova ne sia che lo scorso agosto, entro soli due mesi dal suo insediamento, la giunta ha già approvato la nuova delibera che è stata trasmessa al Consiglio regionale subito dopo la pausa estiva. Inoltre saremo l’unica Regione che si doterà di una commissione speciale permanente, a dimostrazione di come intendiamo seguire questo tema passo con estrema serietà”.

Resta, dunque, da capire se dietro i nuovi passaggi previsti da Boccia, incominciando dai Lep (i livelli essenziali di prestazioni) per continuare con il paventato disegno di legge, ci siano, come molti sospettano, un ministro e un Governo che sull’autonomia ciurlano nel manico. Due mesi e si saprà se anche quel tempo chiesto ai governatori per approfondire la situazione “è una richiesta seria o se è solo il tentativo – osserva Cirio – di rimandare, sine die, ciò che per noi non è più rimandabile. Noi per quella data ci faremo trovare pronti. Vedremo se lo sarà anche lui”.   

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