POTERI FORTI

Profumo vuole il bis in Compagnia

Non recitate troppo presto il de profundis. Il presidente intende giocare fino all'ultimo la partita per restare alla guida della fondazione San Paolo. Con qualche nuovo e insperato alleato. Il duello Appendino-Cirio e le mosse di Mattioli

“Non datelo troppo presto per morto”. Ad avvertire di non considerare scontato il “trapasso” di Francesco Profumo dalla presidenza della Compagnia di San Paolo in vista dell’imminente rinnovo del board, è uno che l’ex ministro montiano lo conosce bene e altrettanto bene conosce meccanismi e relazioni che da tempo si stanno muovendo attorno alla poltrona principale della fondazione di corso Vittorio Emanuele. Lo sguardo ostentatamente distaccato sulle vicende torinesi da parte di Mario Calderini, professore del Politecnico “emigrato” a Milano, non deve ingannare, né tantomeno va sottovalutato il consiglio a non scolpire anzitempo il destino dell’ex rettore.

Di Calderini, messo all’epoca, alla guida di Finpiemonte da Mercedes Bresso e che proprio con Profumo e l’allora assessore regionale Andrea Bairati componeva la trimurti della tecnocrazia del centrosinistra, sono noti i buoni rapporti con Chiara Appendino e, più ancora, con la ministra pentastellata all’Innovazione Paola Pisano, due figure chiave (soprattutto, istituzionalmente, la sindaca) per quanto riguarda la decisione di una possibile riconferma di Profumo in quell’incarico che la sindaca grillina ha più volte detto di non volergli rinnovare. Un ruolo, quello di ufficiale di collegamento in una diplomazia parallela e discretissima tra Profumo e il “sistema” pentastellato, che Calderini starebbe svolgendo, anche sulla base di una serie di circostanze che potrebbero risultare favorevoli a un disgelo da parte della sindaca nei confronti dell’attuale presidente della Compagnia. Le stesse che lo indurrebbero a spargere cautela tra chi preconizza con certezza un’uscita senza rientro da corso Vittorio Emanuele per l’ex ministro e attuale presidente di Acri.

Proprio la guida della potente associazione tra le Casse di Risparmio e le Fondazioni di origine bancaria, conquistata la scorsa primavera da Profumo, raccogliendo l’eredità di Giuseppe Guzzetti dopo un regno quasi ventennale, sarebbe uno degli elementi a favore dell’ex rettore del Poli. Il grande vecchio della finanza bianca e lombarda difficilmente vedrebbe di buon occhio l’interruzione del mandato dopo appena un anno, con la necessità di rimettere in moto la complessa macchina di equilibri per la sua successione. Un’azione di moral suasion che Guzzetti ha già avviato, facendo arrivare al piano nobile di Palazzo civico e alle alte sfere del M5s segnali inequivocabili.

Non che Profumo non abbia cercato e stia ancora cercando strade alternative. Sfumata la presidenza di Cassa Depositi e Prestiti ha sondato il terreno nazionale, guardando alla spartingaia di nomine che a breve impegnerà il Governo gialloverde: una ricognizione dalla quale però, oltre alle tante attestazioni di stima, non avrebbe ricavato ipotesi concrete. Certo, nella sua componente rossa, Profumo può contare su qualche supporter (dicono Dario Franceschini, mentre con Piero Fassino non ci sarebbe più l’idillio d’un tempo), ma troppe sono le incognite, a partire dalla tenuta della maggioranza contro natura e, conseguentemente, dalla durata del Conte bis. Insomma la ciambella di salvataggio non sarebbe così sicura. Tanto da rafforzare i tentativi di restare alla guida della Compagnia, togliendo pure un problema all’Acri.

La golden share, per prassi, è nelle mani del sindaco di Torino che, come noto, avrebbe in cima alla piramide dei papabili l’attuale vicepresidente di Confindustria che siede in Compagnia con eguale ruolo, Licia Mattioli. La signora dei gioielli, il cui nome circola anche per la successione di Vincenzo Boccia – per rafforzarsi nella scalata alla Compagnia, sussurrano perfide ma non infondate voci di viale Astronomia – ha dalla sua la sintonia con Appendino. Attenta nel muoversi, come ha dimostrato ancora venerdì affacciandosi appena all’incontro con Matteo Renzi al Principi di Piemonte e marcando il suo ruolo di rappresentanza confindustriale, Mattioli però ha un fianco scoperto con Alberto Cirio che, riferiscono insider di piazza Castello non stravede per lei. E proprio il governatore di centrodestra,  il cui asse con Genova lo vedrà tra i protagonisti della partita, potrebbe giocare un ruolo decisivo nella composizione della nuova governance. Quasi certamente scipperà la vicepresidenza alla rete camerale, cui tradizionalmente compete(va), soprattutto per l’abilità di manovra di Enrico Salza. Con il vecchio leone un po’ defilato (ma tutt’altro che indifferente) Cirio potrebbe riuscire a strappare una sorta di potere di veto sul vertice o perlomeno rivendicare condivisione nelle scelte del board.

A rendere ulteriormente incerta la situazione contribuisce il quadro politico, a tutti i livelli. Quanto reggerà il Governo giallorosso? In quali condizioni arriverà in primavera la Appendino, sfibrata dalle tensioni interne alla sua maggioranza e in pieno vortice giudiziario del processo per i fatti di piazza San Carlo? Come si comporterà l’establishment cittadino che, in alcune sue componenti, mostra una crescente irritazione per i giochi di palazzo che si svolgono in un fazzoletto di vie, tra via Palazzo di città e via Carlo Alberto? Domande che rendono il suggerimento di Calderini quanto più prezioso.

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