POLITICA & SANITA'

Reparto in appalto ai privati

L'Ortopedia dell'ospedale di Novi Ligure a un gruppo imprenditoriale che fornirà medici, personale sanitario e attrezzature. Un primario pubblico sorveglierà. È la prima volta in Piemonte e potrebbe diventare un "modello" per altri nosocomi

I privati entrano negli ospedali pubblici. Si dirà, non sarebbe la prima volta: dalla gestione di molti servizi, passando per la diagnostica, accade già spesso. Mai, però, per un intero reparto, per i medici che vi lavoreranno. Non ci sono precedenti in Piemonte e, salvo forse rarissimi casi, in Italia. Succederà, per la prima volta, a Novi Ligure dove nei prossimi mesi l’Ortopedia – dai camici bianchi alle attrezzature – sarà affidata a un gruppo della sanità privata con la stipula di un partenariato.

Quella di “appaltare” un intero reparto all’esterno è una scelta obbligata – tutti i bandi per assumere specialisti sono andati deserti – che probabilmente aprirà la strada per analoghe soluzioni in altre strutture sanitarie della regione. Nella città dell’Alessandrino la situazione, già critica per carenza di personale, era precipitata l’estate scorsa con la chiusura del reparto poi riaperto dopo qualche settimana con il ricorso a specialisti liberi professionisti, i cosiddetti gettonisti, tra i quali anche uno già in pensione.

Una soluzione tampone, non certo definitiva e peraltro non poco onerosa con una tariffa oraria attorno agli ottanta euro, che è stata resa possibile trovando i camici bianchi tra gli specialisti che operano nel gruppo del Policlinico Città di Monza della famiglia novarese De Salvo e proprietario tra l’altro della Salus e della Clinica Città di Alessandria, lo stesso che nei prossimi giorni dovrebbe presentare il progetto di partenariato pubblico-privato.

Sarà da quel momento che prenderà formalmente avvio l’iter che nel giro di alcuni mesi potrebbe portare alla soluzione completa e definitiva dell’emergenza per l’Ortopedia di Novi. La legge stabilisce infatti che il partenariato preveda la presentazione di un progetto da parte del privato, la sua valutazione ed eventuale implementazione e modifica della parte pubblica e, se ritenuto conveniente, messo a gara. Nel caso questa aggiudichi il servizio a un concorrente diverso dal proponente, quest’ultimo può esercitare il diritto di prelazione alle stesse condizioni del vincitore del bando, oppure richiedere a lui il pagamento delle spese sostenute per il progetto.

“Siamo pronti a presentare il nostro piano dei prossimi giorni”, conferma Giancarlo Perla, dirigente del Policlinico di Monza. Tempi brevi, dunque, quelli che si annunciano per la probabile introduzione nella sanità piemontese di un modello facilmente esportabile in altre aziende dove sussistano problematiche analoghe a quella di cui si è dovuto occupare, fin dal giorno del suo ingresso in corso Regina l’assessore Luigi Icardi e della quale ha preso a ragionare con il commissario da lui inviato, poche settimane fa, a dirigere l’Asl di Alessandria Valter Galante. A questo tipo di soluzione Icardi – molto attento all’applicazione del partenariato, tanto da aver recentemente avocato ai suoi uffici la verifica di tutti quelli in corso di realizzazione e futuri delle aziende sanitarie – aveva accennato qualche settimana da rispondendo a un’interrogazione del capogruppo del Pd in consiglio regionale Domenico Ravetti. “Il partenariato può essere una soluzione positiva o al contrario può rappresentare l’inizio di un percorso di privatizzazione della sanità alessandrina. Gli elementi per stabilirlo non ci sono. Dalla maggioranza che governa la Regione ci aspettiamo risposte chiare” aveva detto l’esponente piddino, sospendendo il giudizio.

Qualche elemento in più, nel frattempo, trapela. L’ipotesi a cui starebbero lavorando Icardi (che sarà a Novi lunedì prossimo) e Galante, con i rispettivi uffici, mentre sta per arrivare la proposta del Policlinico di Monza, prevedrebbe a carico del privato l’intero personale del reparto, medici e paramedici, oltre alle attrezzature e ai materiali a partire dalle protesi, ma non il primario che rimarrebbe dipendente dell’Asl e al quale verrebbe conferito anche un ruolo di programmazione e controllo.

Nel rapporto tra il pubblico e il privato, quest’ultimo dovendo per legge soggiacere a un rischio di impresa non potrà rivendicare indennizzi o altro nel caso, improbabile, di un calo di ricoveri o prestazioni, così come non incasserà l’intero ammontare previsto dalle tabelle per ogni intervento: una parte percentuale resterà all’Asl. Inoltre il gruppo che si aggiudicherà il servizio sarà tenuto a fornire tutte le prestazioni e, dunque, non solo quelle cosiddette di elezione, più remunerative.

Se di cifre è, oggettivamente, prematuro parlare, sui tempi di durata del partenariato ipotizzabili ci si attesterebbe su una soglia non inferiore ai sei-sette anni, che poi equivalgono al periodo stimato per uscire dall’emergenza data dalla carenza di specialisti disponibili.

Legittimo, di fronte a un introito minore rispetto a quello attualmente incamerato dalle Asl per ogni prestazione, chiedersi come sia economicamente interessante per la sanità privata un ingresso quale quello che si annuncia a Novi Ligure. La risposta è probabilmente reperibile nel sistema di gestione e nella minore dispersione che connota l’attività imprenditoriale nel settore rispetto a quella, spesso appesantita da incrostazioni e spese non sempre oculate, della sanità pubblica. E se situazioni di emergenza come si sono verificate con la chiusura di Ortopedia a Novi e l’assenza di specialisti disponibili a rispondere all’offerta di assunzione rimandano a pesanti errori del pubblico nella programmazione, incominciando dalle scuole di specializzazione, quella di ricorrere al privato appare nulla di diverso da una scelta obbligata.

L’alternativa, oltre all’inaccettabile chiusura dei reparti o una drastica riduzione delle prestazioni, resterebbe un ulteriore ricorso alla mobilità passiva verso altre regioni. Solo per interventi di protesi all’anca e al ginocchio, per l’area di Novi e Tortona, ogni anno il Piemonte paga alla Lombardia più di un milione e mezzo di euro. Un freno a questa emorragia di denaro (oltre che ai viaggi cui sono costretti i pazienti) potrebbe e dovrebbe arrivare con il ritorno alla piena funzionalità e il rafforzamento del reparto, con i camici bianchi privati. Una strada che se, come pare certo, si aprirà a Novi potrà essere imboccata presto anche altrove in Piemonte.

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