LA NUOVA REGIONE

Le "sorti" del centrodestra nel bosco incantato di Cirio

A sei mesi dalla vittoria elettorale primo bilancio di giunta e maggioranza con le forze politiche. Summit al parco della Partecipanza di Trino Vercellese. Tante attese, molti proclami, poche realizzazioni. L'altra velocità resta al momento una chimera

Dal bosco delle sorti, quello reale del parco regionale in quel di Trino Vercellese, la giunta di Alberto Cirio e la maggioranza a sostegno (compresi i segretari regionali dei partiti) domani pomeriggio ne usciranno con la pancia piena, le tasche svuotate appena di venti euro, e com’è facile prevedere lo zaino colmo di buoni propositi.

Meno facile districarsi nella boscaglia ancora troppo ingombra di annunci e promesse, inaugurazioni e strette di mano, e tracciarvi una strada spedita per un governo che davvero risollevi e schiarisca le sorti del Piemonte. Nessuno, incominciando dai protagonisti, si può realisticamente illudere che dal buffet agreste e dalle discussioni che faranno da aperitivo e da digestivo il centrodestra esca nelle brume padane con una visione più tersa del futuro prossimo e più lontano del Piemonte rispetto a quella fino ad ora (di)mostrata con assai pochi atti concreti. La stessa alacrità con cui il governatore ha organizzato il primo vertice di maggioranza sei mesi dal suo insediamento, surclassando in questo il predecessore Sergio Chiamparino che attese un anno per portare i suoi sulle rive del lago di Laux, suggerirebbe una necessità che probabilmente esiste. Non solo e non tanto quella che con un’ormai stucchevole e abusata immagine viene sintetizzata nell’esigenza di “fare spogliatoio”, ma di sistemare un po’ di cose che non funzionano come dovrebbero decisamente sì.

Magari bastasse attovagliarsi alla cascina Guglielmina, questo il nome del ristorante spesso cornice di pranzi di nozze, per uscire finalmente da un clima di campagna elettorale che invece sembra ancora pervadere l’azione e l’inazione del nuovo governo di centrodestra a trazione leghista. Un clima festoso e accattivante, piacione e ammiccante come dimostra il gradimento che la giunta, pur con differenze e tra qualche inciampo, gode senza arrivare all’inarrivabile apice del suo presidente. Ovunque vada Cirio è lo sposo da festeggiare e con cui scattare la foto. Lui, giocando abilmente con l’immagine barotta altrettanto abilmente trasferita alla sua giunta in contrapposizione con il grigio rigore sabaudo e cittadino delle precedenti, ci va a nozze. Però la festa è finita, o quasi, vien da dire alla fine del primo semestre, pressoché bianco come quello che accompagna all’uscita il Presidente della Repubblica. Qui, invece, s’incomincia. “Sarà una sorta di check dei primi sei mesi di amministrazione regionale, il primo in assoluto dell'attuale legislatura", spiega Roberto Rosso, padrone di casa per natali nella trasferta vercellese cui il fratello d’Italia assessore alla Semplificazione non manca di connotare come “segnale di discontinuità rispetto al passato torinocentrico”, scordando la scampagnata fuori porta chiampariniana sotto il Forte dei Fenestrelle.

Anche il format non si discosterà troppo da quello del centrosinistra in gita nell’estate del 2015: ciascun assessore farà il punto sulla situazione attuale e, soprattutto, metterà sul tavolo buoni propositi e meno buoni problemi per l’anno venturo. Tra un bicchier di vino e un caffè tireranno fuori i loro perché e proporranno i loro farò. Ché di già fatto non c’è mica tanto. La, peraltro tormentata da inciampi, pronuncia per chiedere il referendum – Matteo Salvini imposuit – sulla legge elettorale nazionale sarà pure una bandiera per l’azionista di maggioranza, ma certo non un’attesa misura per il futuro del Piemonte. L’altro vessillo, quello dell’Autonomia, arranca frenato dal Governo giallorosso. E quando si è trattato di nomine, la strada si è fatta di ciottoli ballerini, con intoppi su Atc e i garanti, senza che si sia spianato il cammino su questioni davvero importanti come le crisi che mettono a rischio centinaia di posti di lavoro. Ieri al tavolo sulla Mahle il posto dell’assessore Elena Chiorino è rimasto vuoto, mentre lei era nel Biellese con presidente e alcuni colleghi a siglare l’accordo per l’innevamento artificiale, dopo aver fatto fioccare la scontata polemica sui presepi nelle scuole, con una presa di posizione più politica che amministrativa e dunque non graditissima ai partiti.

Ce n’è per tutti, mica solo per la sorella d’Italia con il pesante dossier del Lavoro. Le mugugnate nomine in staff di Marco Protopapa all’Agricoltura, lo striscione su Bibbiano condiviso da Chiara Caucino con il collega e compagno di partito Fabrizio Ricca, i troppo entusiastici annunci di Marco Gabusi, in verità superati da quelli presidenziali, sullo sblocco dei cantieri dell’Asti-Cuneo fidandosi dell’assai poco affidabile allora ministro Danilo Toninelli. E ancora le gaffe sui fondi per il diritto allo studio, per non dire del foro boario sull'assestamento di bilancio scatenato in queste ore dai consiglieri di maggioranza, dopo aver ingoiato la conferma dei contributi per gli istituti storici della Resistenza.

Non solo inciampi o sgrammaticature, per carità: questo è solo un aspetto dell’attività, peraltro i primi passi, della squadra di centrodestra. Il fatto è che l’altra faccia, quella più importante e determinante dell’azione di governo fatica a mostrarsi con la forza attesa. Certo i problemi, concreti, non mancano. Domani la portata più indigesta toccherà, come da tradizione, al titolare della sanità, comparto che se rappresenta ampiamente i tre quarti del bilancio regionale con i conti da anni è costretto a convivere e i conti non sempre tornano come dovrebbero.

Luigi Icardi aveva avvertito della situazione a rischio piano di rientro già pochi giorni dopo il suo ingresso in corso Regina. Ai colleghi metterà davanti il disavanzo delle aziende sanitarie da circa 200 milioni e la prospettiva per il prossimo anno di non poter più far conto come nel passato né sul tesoretto, né suol pay back farmaceutico. Roba concreta e tosta. Tutto amaro il fine pranzo? No, Cirio ha in serbo la sua politica sui fondi europei, il cui dossier ha tenuto per sé forte dell’esperienza a Bruxelles, così come il piano per lo sviluppo strategico la cui regia ha affidato alla deputata azzurra Claudia Porchietto.

Macedonia un po’ troppo abbondante, per taluni nella maggioranza, quella che non manca di offrire ad ogni occasione il capogruppo della Lega Alberto Preioni pronto ad intestarsi la qualunque e nella foga perdere pure pezzi del suo partito come capitato nel Verbano per la vicenda dell’ospedale. Da pochi giorni ha un vice di peso: Riccardo Lanzo che, domani, parlerà dell’Autonomia. È il core business del nuovo governo piemontese, come annunciato al suo esordio da presidente del consiglio regionale dal leghista Stefano Allasia. Una strada, quella verso l’ottenimento di maggiori poteri, meno in discesa di prima con il governo gialloverde e un ministro che frena. Un’altra strada, la via maestra su cui vedere finalmente un’azione chiara e concreta di governo, appare ancora seminascosta. Come i sentieri del bosco delle sorti. Dove si dovrebbero decidere quelle del Piemonte.

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