Analisi costi-benefici dei rischi

Nella faccenda Ilva, oltre a rilevare il comportamento cialtronesco del governo, perché i patti si dovrebbero rispettare, si deve notare la mancanza di una analisi non emotiva della vicenda. Si parte dal presupposto che l’inquinamento prodotto dalla fabbrica provoca tumori. Ci si chiede: l’inquinamento della pianura Padana che è una conca senza venti dove gli inquinanti ristagnano cosa dovrebbe provocare? Non risulta che si vogliono chiudere le imprese del Nord; non credo che a Torino ci si batte per chiudere Mirafiori perché inquina. Sono necessari gli aggiornamenti tecnologici per ridurre le emissioni di inquinanti, ma non per questo è necessario chiudere le fabbriche. Quando l’acciaieria di Taranto era pubblica nessuno faceva caso all’inquinamento. Stranamente, sulla raffineria dell’Eni, sempre a Taranto, nessuno dice niente. È evidente il sostrato ideologico anticapitalista di chi ha posto la fabbrica nelle condizioni di chiudere.

Diamo per scontato che l’inquinamento provochi una maggiore incidenza dei tumori. Il lato negativo è quindi l’inquinamento, problema che in ogni caso con un aggiornamento tecnologico si può limitare tantissimo, ma qualcuno ha mai calcolato i benefici portati dell’Ilva? Non si tratta solo degli evidenti benefici economici che non riguardano solo la città di Taranto, ma l’intera provincia. Un reddito maggiore implica la possibilità di accedere a cure mediche migliori e perciò a migliorare la qualità della propria vita. Da un lato c’è l’inquinamento con i suoi danni, dall’altro un reddito maggiore che permette di curarsi meglio. Sul piatto della bilancia bisogna mettere le due cose e questo vale anche per altre situazioni simili come inceneritori e discariche. Perché invece di fare chiacchiere inutili, non si obbliga fabbriche e impianti inquinanti a monitorare la salute degli abitanti della zona così da scambiare il disagio dell’inquinamento con cure mediche migliori? Il bilancio potrebbe tornare ad essere positivo per chi abita vicino a certi impianti, sempre premesso il necessario adeguamento tecnologico per ridurre più possibili le emissioni di inquinanti.

A tutto questo bisogna aggiungere un’attenta valutazione del rischio. Fra un pericolo certo e immediato e uno incerto e futuro la scelta non si pone: si evita il pericolo immediato e certo. La medesima logica si può applicare per la costruzione di un impianto inquinante. Fra la morte immediata per fame e quella solo probabile fra 30/40 anni per qualche malattia inerente all’inquinamento la scelta non esiste e si spiega il comportamento razionale di nazioni come la Cina. I cinesi non sono certamente più stupidi degli occidentali o amanti dell’inquinamento, ma quaranta anni fa erano in una situazione disperata con gente che moriva di fame e per mancanza di cure mediche e hanno intrapreso l’unica strada possibile quella dell’industrializzazione senza curarsi dell’ambiente. Quando non hai da mangiare per tuo figlio cosa può importarti dell’estinzione dei panda o del fiume inquinato? Quando il benessere è esteso a tutti si può pensare all’ambiente e con le risorse accumulate dalla crescita vertiginosa e dagli sviluppi tecnologici affrontare il problema. Quando la Cina avrà eliminato le ultime sacche di povertà nelle campagne si occuperà dell’ambiente. Per ora è più importante non far morire di fame le persone.

Lo stesso ragionamento si può applicare più in piccolo per una fabbrica o un impianto inquinante: quanti problemi risolve il maggior reddito e quanto ne crea l’inquinamento? Un reddito certo significa anche meno stress e quindi meno possibilità di ammalarsi e non solo. Un reddito ti permette di accedere a controlli e cure migliori e questo è una ulteriore spinta all’allungamento della vita. Ci sono norme che impongono controlli medici periodici ai lavoratori esposti a rischio chimico o di altro tipo. Questi controlli sono un ulteriore vantaggio nella cura della salute che permette di diagnosticare eventuali patologie anche estranee al rischio lavorativo. Facendo un esempio estremo, il padre di famiglia che si dovesse suicidare perché ha perso il lavoro non è da mettere nel piatto della bilancia della chiusura dell’Ilva? Non solo, ma quante patologie non sempre facilmente diagnosticabili come la depressione sono legate alla perdita del lavoro? Un padre che non riesce a mantenere una famiglia è sottoposto a una situazione di disagio estrema. Si sono conteggiate tutte queste patologie quando si è pensato di chiudere l’acciaieria? Diamo per scontato che ci sia un problema di un aumento di tumori, ma quanto accorcerà la vita la chiusura della fabbrica?

L’analisi di un problema va fatta tenendo conto di tutti i fattori e non di un singolo elemento considerando rischi e pericoli senza pregiudizi ideologici, rimanendo con i piedi ben piantati ben terra ricordando che un pericolo solo probabile lontano nel tempo è preferibile ad un pericolo certo e immediato.

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