SALA ROSSA

Il M5s non (sempre) ha i voti

Sono state ben 16 le occasioni in cui il Consiglio comunale di Torino è stato annullato per l'assenza del numero legale. Effetto di una maggioranza che traballa. Lavolta (Pd): "Aumentano i provvedimenti approvati col nostro sostegno"

La maggioranza a Palazzo Civico traballa, il 2019 è stato l’anno in cui il gruppo del M5s ha perso un altro componente (Marina Pollicino) passando da 24 a 23, calcolando anche Chiara Appendino, e questo ha come diretta conseguenza la difficoltà sempre più alta nel garantire il numero legale indispensabile per approvare gli atti o anche solo portare avanti la discussione. In ben 16 occasioni il Consiglio è stato annullato per mancanza del numero legale (in tutto il 2018 era accaduto solo due volte) e non manca di farlo notare con un pizzico di perfidia il vicepresidente della Sala Rossa Enzo Lavolta del Pd. Per contro, sottolinea sempre il numero due dell’aula, va registrato come fatto positivo le 130 votazioni in cui la minoranza ha votato con la maggioranza, “a dimostrazione di una opposizione condotta in modo non preconcetto”. E forse non è un caso che sia proprio Lavolta a sottolineare gli elementi di convergenza tra dem e grillini, lui che è ascrivibile a quell’area del Pd che non esclude un’alleanza organica con i pentastellati nel Paese e in vista delle amministrative di Torino nel 2021. “Su tematiche come i diritti – conferma la capogruppo M5s Valentina Sganga – c’è stata sempre una convergenza a 360 gradi”.

Sono state 42 le sedute consiliari durante quest’anno, per un totale di 173 ore di lavori d’aula con l’87 per cento di presenze dei consiglieri, 134 delibere presentate, 91 mozioni, 33 ordini del giorno, 268 interpellanze e 84 richieste di comunicazioni (che in meno della metà dei casi sono state soddisfatte). Questi sono solo alcuni numeri dell’attività del Consiglio comunale di Torino. La Stachanov della Sala Rossa è Eleonora Artesio, capogruppo di Torino in Comune con 463 presenze tra Consiglio e Commissioni davanti a Viviana Ferrero (438) e Antonio Fornari (424), entrambi del Movimento 5 stelle. C’è poi chi, pur essendo sempre, o quasi, presente di fatto è come se non ci fosse: durante tutto l’anno per esempio Monica Amore è intervenuta solo 3 volte, Chiara Giacosa una in più, Carlotta Tevere ha sostenuto 7 interventi, Maura Paoli è arrivata a 8. Sono loro, tutte del M5s, le consigliere più "discrete" della Sala Rossa.

Fra i vari atti il presidente Francesco Sicari ha ricordato la dichiarazione dello stato di emergenza climatica e la cittadinanza onoraria a Liliana Segre. “La scelta di questi due specifici momenti - ha detto - è dettata dalle loro caratteristiche temporali, il passato e il futuro messi a confronto, il ricordo della storia per non incorrere negli stessi errori e l'analisi del presente per un futuro migliore, un unico filo per ricordarci che non puo' esistere un futuro senza un solido passato. Nei prossimi mesi - ha assicurato Sicari - lavoreremo in questa direzione, sperando che nei prossimi anni il dibattito politico possa riappropriarsi della credibilità di cui ha bisogno per riavvicinare i cittadini alle istituzioni, con la prospettiva di ottenere il meglio dal futuro e rinforzare le fondamenta dell'istituzione che ogni giorno difendiamo e cerchiamo di migliorare”.

Una curiosità riguarda le spese della politica. Sarà l’effetto Rimborsopoli o il timore di contestazioni, fatto sta che i gruppi riescono a spendere spesso solo una parte decisamente marginale della dotazione economica che spetta loro di diritto. Il Movimento 5 stelle, a fronte di oltre 38mila euro a disposizione nel 2019, ne ha spesi finora 559; il Pd che può contare su 16mila e rotti euro è arrivato a utilizzarne la metà, poco più di 8mila, i Moderati spendono 3009 euro dei 4180 disponibili, mentre il notaio Alberto Morano si limita a spendere 28 euro di telefonia fissa, il resto lo paga di tasca propria. “Io non so come si gestiscono gli altri gruppi, ma certo ogni volta che a noi tocca spendere dei soldi faccio sempre duemila verifiche – dice Sganga – e alla fine quando non sono sicura chiedo ai consiglieri di autotassarci o di prelevare dalla nostra cassa comune”. Così la stragrande maggioranza dei soldi (pochi) per le attività istituzionale, di fatto, viene restituita all’amministrazione.

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