VERSO IL 2021

Destra e sinistra, chi è più civico?

Potrebbero essere due esponenti della mitologica società civile a contendersi la fascia di sindaco di Torino. Il dilemma sul rettore Saracco: novello Sala o un Conte subalpino? Fagioli piace più di Damilano, ma la politica Porchietto ha qualche chance

Civici, addirittura quasi interscambiabili. Dopo l’imput di Matteo Salvini a far scendere in campo nelle grandi città figure non necessariamente di partito, il fronte che guarda al civismo come quid necessario e forse indispensabile per (provare a) vincere le comunali del 2021 a Torino è pressoché completo da destra a sinistra.

E quanto sia ritenuta importante l’assenza di una maglia politica addosso ai papabili aspiranti successori di Chiara Appendino lo attesta un’altra caratteristica che accomuna coloro che, per adesso, sono oggetto di contatti, valutazioni e ragionamenti: uno per l’altro, dal primario del Regina Margherita Franca Fagioli al rettore del Politecnico Guido Saracco passando per l’imprenditore Paolo Damilano, non stupirebbero nessuno se anziché corteggiati da una parte politica lo fossero da quella avversaria.

Summa del civismo? Posizioni tartufesche di chi abitando in quella “terra di mezzo” ottiene grandi ricoscimenti (e prebende) senza doversi sporcare troppo le mani? Massima espressione della distanza dagli schieramenti? Forse tutto questo insieme. Certamente appare sempre più chiaro come le forze politiche, traguardando le amministrative sotto la Mole, abbiano maturato la consapevolezza della necessità di guardare al di fuori dei partiti e delle coalizioni, assodate o possibili, per allargare il campo del consenso. Lo fa il centrodestra con un’alleanza tradizionale e supportata dal successo nelle regionali dell’anno scorso, lo fa a maggior ragione il centrosinistra sempre più vicino a un possibile accordo con i Cinquestelle.

Ieri Salvini ha spiegato la strategia della Lega che punta a raccogliere voti anche nell’elettorato moderato con candidati a sindaco “che non necessariamente abbiano la tessera di partito in tasca, facendo l’esempio del genovese Marco Bucci. Un sostanziale via libera che riceve subito l’apprezzamento, per Forza Italia, dal deputato Osvaldo Napoli: “il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro o quello di Genova Bucci, sono due esempi di successo di candidati civici scelti dal centrodestra e non riconducibili a nessun partito – osserva l’esponente azzurro –. È presto per dire se siamo entrati in una nuova stagione o stiamo vivendo una svolta che vede i partiti lasciarsi alle spalle i duri contrasti ideologici per tentare strategie più inclusive con candidati meno etichettabili. Certo è che le aperture di Salvini al civismo segnalano la necessità, anche per la Lega, di chiamare un break, di riflettere – osserva, ancora il parlamentare - su una strategia fondata sull'uno contro tutti che porta tanti voti per essere primo partito, ma non abbastanza per governare”.

Strada, quella indicata da Salvini, peraltro già imboccata a Torino dal presidente della Regione Alberto Cirio con il suo non nascosto endorsement a favore di una discesa in campo dell’oncologa pediatrica, con la quale ha già avuto più di un incontro. Fagioli è figura di alto profilo professionale, ma anche di riconosciute capacità manageriali che, dal canto suo, non ha ancora detto di essere disposta ad accettare un’eventuale candidatura, ma neppure lo ha escluso. Componente del consiglio della Compagnia di San Paolo, molto nota in città, ottimi rapporti con le famiglie che, come si dice, contano incominciando da quella dei Lavazza, è stata vicina a Sergio Chiamparino e al centrosinistra all’epoca in cui ha governato senza tuttavia mai indossare alcuna coccarda. Protagonista e motore delle iniziative a tutela del “suo” ospedale si è guadagnata la stima del centrodestra che adesso guarda a lei come alla donna da proporre ai torinesi come loro sindaco. Di lei hanno parlato, venerdì scorso, il governatore e il segretario regionale della Lega Riccardo Molinari. Da quest’ultimo nessun veto, nessuna obiezione, ma l’invito a discutere l’argomento comunali più avanti, in primavera. peraltro senza escludere a priori una riflessione su politici che, come ad esempio la deputata Claudia Porchietto, hanno ascendenze professionali riconosciute e solide relazioni in città.

Il suggerimento ad affrontare il tema più avanti è dettato anche da questioni tutte interne alla Lega. In alcuni ambienti del Carroccio, infatti, si continua a fare il nome di Damilano, già in predicato di essere candidato a presidente della Regione con la benedizione (e il convinto avallo) dell’eminenza grigia leghista Giancarlo Giorgetti. L’imprenditore acqua&vino, nominato bipartisan prima alla presidenza del Museo del Cinema e poi alla Film Commision, è figura che in qualche modo divide il Carroccio salviniano: quel padrinaggio giorgettiano indispettisce alcuni e ringalluzisce altri. Tra i primi, ma forse non solo, c’è pure chi solleva dubbi sulla sua adeguatezza alla guida della città, a partire dal suo stile “troppo da fighetta”, più avvezzo alla vita mondana anche oltreoceano (si racconta delle sue frequenti puntate a Miami) che non a frequentare le periferie. Inoltre, se per alcuni la sua riservatezza e l’essere conosciuto in una cerchia non vastissima può essere una dote, per altri rappresenterebbe un’incognita al momento del giudizio degli elettori.

Elettori ai quali il Pd, sempre più in odore di alleanza con il M5s, sembra intenzionato anch’esso a presentarsi con un candidato civico, caratteristica ancor più cogente proprio per non creare problemi al possibile matrimonio con i grillini. Il nome del rettore del Poli, l’unico per ora nello scenario del centrosinistra, è stato probabilmente evocato più di una volta nel colloquio dell’altro giorno tra il capogruppo in Sala Rossa Stefano Lo Russo e Sergio Chiamparino. Un incontro in qualche modo riparatore dopo la battuta fatta da Lo Russo in direzione provinciale per contrastare il documento pro-alleanza con i Cinquestelle – “Con i candidati empatici siamo stati asfaltati alle regionali” – per nulla gradita dal Chiampa. Ma ovviamente si è parlato anche d’altro. Del fatto che il primo da tempo studi da sindaco si sa, così come si sa della difficoltà, anzi dell’impossibilità, che si prospetterebbe nel caso di un’apertura ai pentastellati. Quanto all’ex governatore, i suoi rapporti con la sindaca non si sono mai interrotti, anzi si sono fatti persino più assidui, tanto da lasciar supporre un ruolo non marginale dell’ex presidente nel tirare le fila attorno a Saracco.

Se toccherà a lui scendere in campo, sarà un Beppe Sala o piuttosto un Giuseppe Conte? Insomma, una sintesi e un riferimento per un progetto di centrosinistra allargato, oppure un notaio e custode di un accordo? Saracco non si è, ovviamente, ancora espresso ufficialmente circa la sua disponibilità a correre per la successione di Appendino, ma ormai è chiaro che l’idea lo attrae, e parecchio. Come leggere altrimenti l’aneddoto raccontato venerdì scorso dallo stesso Magnifico alla presentazione dell’Atlante del gusto. Rientrando in auto da Bardonecchia, alle porte di Torino ha visto suo figlio sul sedile posteriore in lacrime, a quanto pare disperato alla vista della cappa di smog che avvolgeva la città: “Papà fai qualcosa per Torino”, lo avrebbe implorato il pargolo. Magari il sindaco. Naturalmente civico, come tutti gli altri papabili che finora si sono affacciati sulla scena approntata dai partiti sempre più convinti, con ammissione di un certo fallimento della politica, che per provare a vincere il candidato sia meglio cercarlo fuori.

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