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Nodo Sitaf, Appendino va a gara

Il Comune di Torino pronto a mettere sul mercato le quote vendute nel 2014 ad Anas per ottemperare alla sentenza del Consiglio di Stato. La società di Fs conferma il suo interesse, ma prima deve vincere

Ingorgo al casello nella vicenda Sitaf. Il Consiglio di Stato ha intimato al Comune di Torino di mettere a gara le azioni a suo tempo cedute (illegittimamente) ad Anas entro il 20 febbraio, ma per farlo Palazzo Civico deve riacquistarle incocciando con un problema di risorse. Anas si dice non poco interessata a (ri)acquistare le quote partecipando alla gara sulla quale naturalmente è pronto a puntare anche un altro socio pesante della Torino-Bardonecchia, ovvero il Gruppo Gavio da cui partì il ricorso contro la vendita ad Anas.

Ma nel caso le azioni se le aggiudicasse Gavio, il suo pacchetto totale lo porterebbe ad avere la maggioranza della società che, per statuto deve essere in mano pubblica. E, poi, c’è la Città Metropolitana che le sue azioni, al contrario del Comune, non ha alcuna intenzione di cederle ad altri. Come se non bastasse c’è anche un debito della società con lo Stato: 800 milioni da restituire a rate variabili entro il 2036

Una questione, in cui si intrecciano norme, decisioni politiche e interessi economici, della quale si è occupata oggi la commissione Lavori Pubblici a Montecitorio, presieduta dal leghista torinese Alessandro Benvenuto, con alcune audizioni che se hanno esplicitato le intenzioni dei vari soggetti in campo non hanno certo sbrogliato la matassa.

Chiara l’intenzione, ribadita dal vicesindaco metropolitano Marco Marocco, da parte dell’ex Provincia di tenersi ben strette le sue azioni: “Tutte le forze politiche del consiglio metropolitano hanno detto che la partecipazione in questa società, contrariamente a quanto successo qualche anno prima, è strategica. Gli approfondimenti – ha aggiunto Marocco - hanno portato alla luce tutte le problematiche legate a quando un ente pubblico vuole restare all'interno di una partecipata, con il controllo pubblico della predetta società. Il problema è che il Comune di Torino non può non vendere, e la riflessione su riversa sulla Città metropolitana e su Anas”.

Già il nodo sta proprio nella vendita, oggetto di ricorso e quindi di annullamento con conseguente decisione del Consiglio di Stato e che adesso è la gatta da pelare per Chiara Appendino. La sindaca, invitata in audizione, non si è presentata e non si è fatta rappresentare da nessuno, giacché Marocco l’ha sostituita solo per il suo ruolo in Città Metropolitana. Un segnale delle difficoltà? Scelta di attendere possibili evoluzioni della vicenda?

Di sicuro non sono da sciogliere dubbi circa le intenzioni di Anas: “Con la Città Metropolitana ci siamo accordati per fare un patto, una lettera d'intenti. Io ho passato questa informativa al mio Cda, perchè si tratta di un asset strategico che ha degli impatti economici. La volontà – ha spiegato l’amministratore delegato Massimo Simonini - è di cercare di mantenere la maggioranza pubblica. Cercheremo di andare ad acquisire le quote". E la quote di cui parla l’ad di Anas sono quelle che il Comune deve mettere a gara, dopo averle però riacquisite e che cubano il 10,7% del capitale di Sitaf. "Ovviamente è una gara, e non sappiamo come andrà a finire".

Già, perché interessato a quel pacchetto c’è anche e soprattutto Gavio, il quale nel caso se lo aggiudicasse aggiungerebbe il 10,7% al 41,6 della sua Siaf acquistando la maggioranza assoluta, che come si è detto lo statuto della società stabilisce debba essere in mano pubblica.

Come sbrogliare questo nodo, nel caso di un’aggiudicazione da parte del colosso delle autostrade? E’ anche per questo che da alcuni ambienti del ministero si sarebbe avanzata l’ipotesi di un ingresso nella partita di Cassa Depositi e Prestiti, ente pubblico e non società di diritto privato come Anas e quindi teoricamente in grado di acquistare senza gara le azioni del Comune di Torino, evitando che il privato possa superare la soglia del 50%. Ipotesi tutta da vagliare e non immune da possibili ulteriori ricorsi. Un'ipotesi che è tuttavia la stessa sindaca Appendino a smentire: "Procederemo dalla gara così come previsto dalla sentenza del Consiglio di Stato".

La necessità di mantenere in capo al pubblico la maggioranza è stata ribadita dallo stesso amministratore delegato di Anas nel corso dell’audizione: "Nella convenzione di concessione è previsto che il concessionario provveda a mantenere la partecipazione pubblica con un capitale pari almeno al 51%, e tale esigenza è affermata anche nello statuto sociale. L'azionariato di Sitaf – ha aggiunto Simonini - è composto dal 31,7% di Anas, dal 10,7% del Comune di Torino, che però è ancora in Anas, 8,7% della Città metropolitana di Torino, e anche queste quote sono in Anas, e la parte restante è del Gruppo Gavio”. Per l’ad di Anas “la Sitaf è in buono stato di salute: ha ricavi dalla gestione autostradale che sono aumentati rispetto all'anno scorso dell'11,2%, e siamo a 270 milioni di euro, con un Ebitda che sostanzialmente è quello dell'anno scorso, a 115 milioni, +0,6%, e ha +28% di utile netto, intorno ai 30 milioni euro".

Una società che viaggia bene, ma che ha anche sul groppone un debito da centinaia di milioni. A ricordarlo è stato il direttore della vigilanza sulle concessionarie autostradali Felice Morisco: “Sitaf si trova a dover restituire allo Stato una quota di debito attualmente pari a oltre 800 milioni di euro. Erano interventi programmati dal fondo di garanzia, che è stato eliminato, e quindi il debito è rimasto nei confronti dello Stato. La restituzione del debito è prevista secondo un piano di ammortamento, che dovrebbe terminare nel 2036".

Al netto di questo, è considerata “un asset strategico” da Anas che per questo ribadisce la necessità di un controllo pubblico. "Ovviamente - ha spiegato l'ad - se nella gara Anas e Provincia non riuscissero a ottenere quel 10% per addivenire al 51% di controllo pubblico, potrebbe venire meno la convenzione e quindi i principi di pubblico interesse che nella convenzione sono sanciti".

Questione complessa, senza dubbio. E dagli esiti difficili da prevedere. Sulla strategicità dell’infrastruttura e, quindi, sulla necessità di un governo in mano pubblica è tornato ad esprimersi il deputato del Pd Davide Gariglio, da sempre schierato su questo fronte. E a definire tutt’altro che un buon affare la cessione delle quote da parte del Comune è un’altra parlamentare, Silvia Fregolent di Italia Viva: “Oggi il Comune di Torino ha una miniera d'oro perchè il Monte Bianco chiuderà da qui a qualche anno e l'unico collegamento stradale con la Francia sarà con il Frejus".

Ma a Palazzo Civico adesso il problema non pare essere quello di rinunciare alla miniera d’oro, ma addirittura trovare i soldi per acquistare le quote cedute per rimetterle all’asta.

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