POTERI FORTI

Quanta Intesa tra Profumo e Messina

Il numero uno della Compagnia di San Paolo restituisce i buoni uffici ricevuti e sposa senza remore l'acquisizione di Ubi Banca. Così potrebbe nascere un colosso da 6 miliardi di utili consolidati ed entrambi stare ben saldi sulle rispettive poltrone

Nel giorno in cui diventa di pubblico dominio il piano di Intesa Sanpaolo per inglobare Ubi Banca in un unico colosso del credito, arriva pronto il sostegno di Francesco Profumo al ceo di Ca’ de Sass Carlo Messina: “La storia di Intesa Sanpaolo è una storia di successo sul tema delle integrazioni, anche nelle situazioni più difficili” dice il numero uno della Compagnia, che accidentalmente è anche il primo azionista della banca con il 6,7%. Profumo ricorda l’acquisizione delle Banche Venete e assicura che “noi vediamo con particolare  positività quanto è stato fatto”. Insomma, molto più di un semaforo verde. Ma d’altronde potrebbe essere altrimenti? Tra i due l’asse è solidissimo.

Era stato proprio Messina, un mese fa, nel giorno in cui veniva presentato il progetto Gallerie d’Italia nella storica sede di Palazzo Turinetti in piazza San Carlo, a blindare Profumo in vista del complesso risiko del rinnovo al vertice della fondazione: “La Compagnia oggi è un punto di forza assoluto di questo territorio anche nel rapporto con la banca e nel trasmettere alla banca le esigenze del territorio. Il presidente Profumo interpreta al meglio questo ruolo”. Un endorsement pesantissimo volto ad arginare le manovre della sindaca Chiara Appendino per togliere la poltrona dalle terga dell’ex ministro ed ex rettore del Politecnico. E se a Palazzo Civico non dovessero avere compreso l’antifona, nei giorni successivi Messina aveva ribadito la sua posizione, al punto da dichiararsi pronto a favorirne la cooptazione nel board, qualora la prima cittadina s’impuntasse e decidesse di rinunciare a designare colui che poi diventerà presidente.  E ora, nella partita più delicata che si sta giocando Messina, arrivano le parole di Profumo per dare copertura massima all’operazione.

“L’azionariato complessivo non varia più di tanto – ha aggiunto Profumo – la nostra sarà una diluizione soltanto minimale. Noi riteniamo che questo sia un passaggio importante per il nostro Paese, che ha bisogno di avere un sistema bancario più forte, più aggregato e più capace di intervenire a sostegno sia delle imprese, che della pubblica amministrazione e dei cittadini”.

Nel dettaglio Messina propone un’operazione da 4,9 miliardi e propone l’acquisizione di Ubi attraverso uno scambio azionario: a ciascun azionista della banca nata dalla fusione delle Popolari di Bergamo e Brescia vengono offerte 17 azioni di Intesa per ogni 10 di Ubi, garantendo un premio del 27,6% per ogni azione rispetto alla chiusura di Borsa di venerdì. Se fusione sarà nascerà un colosso da 460 miliardi di impieghi che gestirà i risparmi degli italiani per oltre 1.100 miliardi. Il piano industriale prevede 5mila uscite tra il personale, ma anche l’assunzione di 2.500 giovani. L’obiettivo, entro il 2022, è di totalizzare utili consolidati superiori ai 6 miliardi di euro.

Interesse all’operazione è confermato anche tra i soci di Ubi. “Fondazione Crc sta già esaminando, con gli altri soci del Comitato azionisti di riferimento, il quadro delineatosi con l’ops di Intesa Sanpaolo. Valuteremo con particolare attenzione le implicazioni dell’offerta e i possibili scenari, alla luce della centralità di Ubi per l’Italia e il suo sistema bancario e finanziario” ha detto Giandomenico Genta, presidente della Fondazione Crc, primo azionista di Ubi Banca con una quota del 5,91%.

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