EMERGENZA SANITARIA

Il lockdown? Si poteva evitare

Parla Carnevale Maffè che assieme a un gruppo di professionisti e professori universitari aveva proposto il "modello Corea" alla Lombardia, subito dopo i primi casi. "Ora non ci resta che rinchiuderci in casa" e assistere inermi alla sospensione dello stato di diritto

Forse si sarebbe potuto evitare il lockdown, il blocco di un intero Paese nel tentativo di contenere l’epidemia da Covid-19? C’è chi è convinto di sì, e non da oggi. Sin da quando, all’indomani dei primi casi in Lombardia, ha proposto alle autorità una strada diversa in grado di sfruttare le tecnologie di contact tracing, in altri termini di tracciatura dei contatti, per circoscrivere i contagi. Nessuna invenzione, “abbiamo semplicemente proposto di copiare le buone pratiche di chi ci era passato prima di noi”.

A raccontarlo è Carlo Alberto Carnevale Maffè, nome risorgimentale e cognome che tradisce antiche origini piemontesi, docente di Strategia presso la scuola di Direzione aziendale alla Bocconi di Milano, tra gli autori di un progetto scritto assieme ad altri accademici tra cui il professor Alfonso Fuggetta, ordinario di Informatica al Politecnico di Milano. Prendere ad esempio paesi come Corea del Sud, Singapore, Taiwan, Israele, laddove il virus è arrivato ma è stato contenuto, sfruttando la tecnologia digitale per ricostruire la catena di trasmissione del contagio, circoscrivere aree geografiche e bloccare la diffusione del virus. Si sarebbe potuto applicare anche all’Italia? Chissà. 

“Il modello che abbiamo proposto alla Regione Lombardia si fonda sulle tre T: tracciare, testare e trattare” spiega Carnevale Maffè allo Spiffero. Ma cosa vuol dire all’atto pratico? “Cambia l’approccio. Quando si manifestano i primi casi positivi s’inizia a risalire alla loro catena di contatti degli ultimi 10-14 giorni, si individuano le persone con cui hanno avuto a che fare, si circoscrivono aree geografiche non particolarmente estese e s’iniziano a fare test anche agli asintomatici, prima che eventuali positivi abbiano il tempo di diffondere il contagio”. Come si può risalire a movimenti e contatti dei contagiati, quasi in tempo reale? “Sfruttando le applicazioni sullo smartphone, il telepass, i pagamenti con la carta di credito, il gps sull’auto”. Ogni nostro singolo passo lascia una traccia e con la tecnologia può essere agevole riavvolgere il nastro incrociando i dati “mentre noi oggi andiamo in giro con il foglio stampato dell’autodichiarazione”.

Un metodo rigoroso, studiato nel dettaglio, contro un sistema, quello adottato in Italia frutto dell’emotività che ha attraversato una breve fase negazionista, cui è succeduta una inconsapevole ribellione (la Milano che resiste nei video istituzionali e scende in piazza per l’apericena) infine il panico e il lockdown. Oggi l’Italia è l’unico paese totalmente in quarantena. Pure la Cina, che certo non c’è andata coi piedi di piombo, ha isolato solo il 4% della sua popolazione, 60 milioni di persone su 1,3 miliardi.

Il Piemonte è stato tra le regioni in cui il virus è arrivato prima ma in cui la sua diffusione è stata contenuta grazie anche a misure straordinarie approvate con qualche giorno di anticipo rispetto alla vicina Lombardia. Non c’è polemica nelle parole di Carnevale Maffè, ma piuttosto “rammarico e dolore per non essere riusciti a farci ascoltare. A questo punto non possiamo far altro che chiuderci in casa visto il ritardo incomprensibile con cui ci siamo mossi”. Lui ne è convinto: “Stiamo pagando altissimo il prezzo del populismo, della politica gestita dai parvenu, figli dell’uno vale uno. Persone che preferiscono il paternalismo alla verità fattuale, abituate a lisciare il pelo ai cittadini anziché metterli di fronte al peso della responsabilità individuale”. E così il premier Giuseppe Conte si muove ormai come un uomo solo al comando, protagonista di conferenze stampa solenni ed estensore di decreti a iosa, senza una delega formale del Parlamento e senza finora aver sentito il bisogno di riferire in aula sulle misure che sta attuando. “Abbiamo sospeso lo stato di diritto” dice Carnevale Maffè. “Sono un liberale, ho sempre sostenuto la sovranità del parlamento con un esecutivo al servizio e non al comando”.

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