INCHIESTA

Polmoniti "strane" già a febbraio ma bisognava risparmiare mascherine

Settimane prima della balera di Sale, individuata da Icardi come primo focolaio, il virus circolava negli ospedali dell'Alessandrino. Nei Pronto Soccorso ospiti della casa di riposo Mater Dei con molti anziani della Lombardia. Un allarme sottovalutato

È la metà di febbraio quando, da giorni ormai, negli ospedali di Tortona e di Novi Ligure vanno aumentando gli accessi ai pronto soccorso di pazienti, soprattutto anziani, con sintomi che riconducono a polmoniti anomale. Le lastre radiologiche che confermano queste patologie si accumulano e arrivano nella stragrande maggioranza dei casi proprio da Tortona, proprio da pazienti che sono ospiti di una struttura assistenziale di quella città che diventerà, dopo il contagio dei reparti, sede del primo Covid Hospital del Piemonte.

Mater Dei, questo il nome della casa di riposo dove quando ormai l’emergenza ha superato interventi preventivi che non ci sono stati esplode, arriverà l’allora capo dell’Unità di Crisi Mario Raviolo, scendendo da un elicottero dell’Arma, entrando poi con una maschera facciale dove non si erano usate neppure le mascherine più semplici. È lì e non nella balera di Sale, a pochi chilometri, indicata dall’assessore alla Sanità Luigi Icardi come il focolaio iniziale e causa di quell’enorme numero di morti e contagiati nella provincia di Alessandria, che divampa l’epidemia. Basta guardare le date.

L’Unità di Crisi ai primi di marzo lancia un appello per avvertire chiunque abbia frequentato il locale a partire dal 17 febbraio e accusi sintomi influenzali a mettersi in contatto con il medico curante. Ma nei Pronto Soccorso di Tortona e di Novi Ligure sono giorni, qualche settimana, che arrivano ospiti della casa di riposo. Gli esami radiologici evidenziano polmoniti anomale e che insospettiscono alcuni medici. È del 22 febbraio il primo caso di coronavirus accertato in Piemonte, un torinese ricoverato all’Amedeo di Savoia, ma nella zona di confine dell’Alessandrino con la Lombardia quei campanelli dall’allarme è da un po’ che suonano. Peccato non li senta di dovrebbe ascoltarli. Perché dall’Asl nessuno concentra l’attenzione sulla Mater Dei, istituto che ospita molti anziani provenienti anche dalla Lombardia e che alcune settimane dopo si rivelerà una delle situazioni più critiche, con numerosi decessi e contagi che ancora oggi nessuno è in grado di dire con certezza quanti siano?

Giorni preziosi per evitare il diffondersi del virus negli ospedali, se si fossero utilizzati per arginare quello che è stato il focolaio della provincia di Alessandria, la più colpita del Piemonte, ben prima della balera citata da Icardi come miccia dell’esplosione dell’epidemia. Il 12 di marzo è il giorno dell’atterraggio a Tortona dell’elicottero con a bordo Raviolo. Trentadue suore hanno sintomi, alcune stanno male, la struttura viene isolata. Ma è passato un mese e più da quelle strane polmoniti accertate in ospedale.

Cos’ha fatto l’Asl? Quali misure ha assunto? Il 26 febbraio il direttore sanitario Paola Costanzo scrive ai direttori sanitari della “difficoltà, impossibilità dei fornitori a garantire le richieste di mascherine che rischia di lasciare sfornite le strutture sanitarie”, quindi stabilisce che “le mascherine chirurgiche e ffp2, ffp3, così come altri dispositivi di protezione personale, devono essere utilizzati esclusivamente in condizioni di effettiva necessità, come avveniva prima dell’attuale emergenza, con l’unica deroga per Dea e Pronto Soccorso”. E per rendere l’idea di cosa accadeva va letta un’altra riga: “Saranno sanzionati gli utilizzi impropri”.  

Non passerà molto tempo per vedere aumentare in maniera enorme i contagi del personale sanitario. L’ospedale di Tortona dovrà essere trasformato in Covid Hospital proprio per l’enorme numero di casi, sia tra i pazienti sia tra il personale. Ma le mascherine dovevano essere usate “esclusivamente in condizioni di necessità”, in caso contrario sarebbe scattata la sanzione. A tanto, discutibile, zelo non sembra corrispondere alcuna iniziativa dell’azienda sanitaria di fronte a quelle polmoniti anomale, a quegli accessi ai Pronto Soccorso di ospiti della Mater Dei e della zona di Tortona. Qualcuno lo ha segnalati all’Unità di Crisi e se sì, perché si è atteso solo il 12 di marzo per intervenire? Ma ci sono altre domande che attendono una risposta. Perché il 24 febbraio l’accesso ai parenti degli ospiti viene vietato dalla struttura, mentre dal 28 febbraio al 3 marzo è concesso ma solo per pochi minuti e per una sola persona alla volta?

Lo Spiffero è in possesso della testimonianza di una parente di un ospite che in quei giorni chiede spiegazioni all’Asl sulla situazione all’interno della Mater Dei e dopo non poche difficoltà si scopre che la sanificazione della casa di riposo era stata richiesta dalla struttura una settimana dopo l’accertamento del primo caso di coronavirus al suo interno. Qualcun altro, sempre dalla casa di riposo, dirà che la sanificazione è stata fatta subito e qualcun altro no. Stessa confusione sui tamponi e sui test sierologici che sembrano dover partire e poi sarebbero stati stoppati.

È passato più di un mese dal giorno in cui l’ospedale di Tortona diventerà zona rossa con i carabinieri all’ingresso, nessuno entra nessuno esce. Era il 4 marzo. Oltre 110 vite portate vie in un mese, trecento contagi accertati senza contare quelli non censiti. L’obitorio non regge e le bare finiscono in un container frigorifero. Il dubbio atroce non lo si scaccia: sarebbero potute essere di meno, quelle bare, quei contagi se a febbraio qualcuno avesse dato l’importanza che meritavano a quelle lastre e a quelle diagnosi che indicavano troppe polmoniti anomale e quasi tutte concentrate a Tortona, in quella casa di riposo?

Invece di minacciare sanzioni per chi avesse indossato la mascherina in corridoio o in reparto senza la certezza delle “condizioni di necessità”, si fosse andati a vedere cosa stava succedendo alla Mater Dei ben prima dello spettacolare blitz con l’elicottero e si fosse badato a quelle strane polmoniti, si sarebbe salvata qualche vita, si sarebbero contati meno contagi, anche tra il personale sanitario, nella provincia che ieri contava 279 morti?

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