Covid, tutte le feste porta via

Un Paese senza festa. “Covid, tutte le feste porta via”. L’adagio potrebbe andare così quest’anno. Non è solo una questione di tre settimane, perché alla vigilia dell’inizio della bella stagione, quando il grosso delle feste di piazza e delle sagre normalmente si concentrano, appare evidente che quest’anno l’epidemia lascerà per lo più le piazze vuote. Questo scenario che si inizia a concretizzare in queste settimane di aprile è dettato dalla concreta necessità di evitare il più possibile il rischio di una nuova ondata di contagi in un momento storico in cui ancora non disponiamo né di vaccini né di specifici antivirali testati.

È indubbiamente una scelta difficile che interrompe l’ordinaria vita delle nostre comunità. D’altra parte, è una scelta più volte fatta nella storia dei nostri paesi di fronte al dilagare di morbi e malattie. Viviamo, quindi, in una stagione eccezionale, ma questa eccezionalità obbliga un ripensamento profondo di come far vivere le nostre comunità.

Si contano a decine di migliaia le sagre in Italia. Ancora di recente la Fipe, Federazione Italiana Pubblici Esercizi, ne censiva 42.000, per un totale di 306.000 giornate di attività con un fatturato di 900 milioni di euro. A questo fatturato si aggiunge l’indotto sviluppato dal turismo e dal commercio. Complessivamente il mondo delle sagre è un unicum per la nostra economia nazionale capace di dare sostegno alle comunità minori, portando turismo, supportando le attività agricole e artigianali, riattivando comunità, creando un nuovo legame tra centri urbani e mondo rurale, sviluppando coesione ed inclusione sociale. In molti casi, le sagre sono piccoli eventi con impatto per lo più locale; in altri casi, come per esempio la Sagra delle Sagre di Asti ovvero la Fiera del Peperone di Carmagnola, sono eventi che segnano il profilo turistico di una Regione.

Quest’anno però, la sagra come siamo abituati a viverla, quest’anno va in letargo, lasciando un vuoto da riempire. Oggi gli operatori si stanno interrogando su come mantenere viva, anche in questo anno bisestile e funesto, la festa. Il mondo delle Pro Loco e delle associazioni di territorio sono ancora più preoccupate avendo già vissuto le difficoltà di adeguamento rispetto alla Circolare Gabrielli. Per vedere di mantenere vive le sagre, il tema del distanziamento sociale sarà centrale ed appare chiaro che molto dipenderà tanto dalle misure di sicurezza richieste, tanto alla possibilità e capacità di applicarle. Il rischio è chiaro di come si possa vivere un’estate ben diversa da quelle passate; una stagione dove le vie delle nostre città non saranno popolate da centinaia di manifesti dai colori e dalle fogge più disparate promuoventi sagre di ogni tipo e sapore.

Rischia di essere un’estate silenziosa, di piazze assolate e notti di cicale. Un’immagine romantica che nasconde preoccupazione; preoccupazione per le aziende agricole e alimentari che in questi eventi vedevano un’importante occasione di visibilità e contatto con il pubblico; preoccupazione per il settore del turismo, che quest’anno più che mai avrà necessità massima di sostegno per mantenersi vivo; preoccupazione per il terzo settore di promozione del territorio che vedrà venire meno lo strumento principale con cui alimentava la propria attività annuale.

Da qui la sfida di reimmaginare modi per vivere assieme festa e territorio per mantenere vitali le nostre comunità e continuare la ricostruzione del nostro territorio dopo lo sconquasso dell’epidemia. Una sfida non facile che chiama il decisore pubblico ad interrogarsi su come più efficacemente supportare le comunità e le attività, e come preservare la salute dei cittadini. Una sfida che sicuramente ci dice di come il Covid-19 abbia colpito il nostro Paese anche in aspetti non al centro del dibattito di questi giorni.

*Michele F. Fontefrancesco, Università degli Studi di Scienze Gastronomiche

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