INTERVISTA

"Ripartiamo dalla città, nostro bene Comune"

Parla Canelli, il sindaco di Novara che per primo ha messo in guardia sui rischi di questa epidemia e ha gestito l'emergenza senza trasformarsi in sceriffo o giustiziere. "Ho trattato i miei concittadini da adulti fornendo informazioni e attivando reti di sostegno"

È stato tra i primi in Piemonte a cogliere la dimensione dell’epidemia e ora non ha difficoltà a dire che sì, “dobbiamo riaprire”. In questi tre mesi di emergenza Alessandro Canelli, sindaco leghista di Novara, ha scartato ogni polemica politica, si è ben guardato dall’attaccare governi, fossero quello amico regionale o quello avverso di Roma, non si è tagliato barba e baffi – come il suo collega, lo sceriffo di Asti – per stanare i furbetti del voucher spesa, non si è trasformato in giustiziere civico a inseguire i runner nei parchi. Piuttosto si è rivolto tutti i giorni ai suoi cittadini, con dirette via social, per informarli su quel che stava accadendo, rispondere alle loro domande, cercando di mutare il panico collettivo in una ben più razionale consapevolezza. Equilibrio,sobrietà, determinazione e con quel sano pragmatismo che dovrebbe contraddistinguere gli amministratori.

Sindaco Canelli, partiamo dai giorni in cui iniziò l’emergenza. In molti la minimizzavano, persino eminenti virologi descrivevano il virus come “poco più di una banale influenza”. Dopo una settimana di scuole chiuse, il Governo aveva dato la possibilità al Piemonte di riaprire. Si racconta di una sua telefonata che ha convinto il governatore Alberto Cirio a lasciarle chiuse…
“Ricordo bene quei giorni. C’era chi minimizzava, chi provava a esorcizzare la paura con gli aperitivi. Ho capito che in tanti stavano sottovalutando la cosa. È vero, quando il Governo disse che il 2 marzo avremmo dovuto riaprire le scuole mi sono opposto fortemente e ho chiesto a Cirio di temporeggiare, di lasciare tutto com’era e sono contento che mi abbia ascoltato”.

Perché era così in allarme?
“Come molti sono rimasto in contatto con alcuni colleghi dell’Università, io ho fatto Economia. E alcuni di loro, che adesso lavorano per organizzazioni internazionali e hanno fonti di primissimo livello, mi hanno messo in guardia. Il rischio che paventavano è che il virus si trasmettesse in modo rapidissimo. Cosa che, come abbiamo visto, è avvenuta”.

Quando l’emergenza era conclamata, lei ha attivato un contatto costante con i suoi cittadini…
“In momenti come questi le persone sentono il bisogno di sapere ciò che succede, vogliono essere informati, non possiamo semplicemente rinchiuderli in casa. Non volevo che si sentissero soli e spaesati per questo tutte le sere facevo una diretta facebook per fare il punto, dire loro cosa stava accadendo e in che modo la Città poteva aiutarli. Mi sembrava un modo equilibrato per spiegare anche i comportamenti più corretti da tenere”.

I suoi concittadini sono stati disciplinati?
“Al netto di qualche deficiente, che c’è sempre, direi proprio di sì. Il senso di responsabilità delle persone è cresciuto notevolmente. Ho trattato i novaresi da adulti, ho fornito loro tutte le informazioni di cui disponevo e ho dato per scontato che si comportassero di conseguenza”.

Oltre all’angoscia per l’emergenza sanitaria le città hanno sofferto anche per l’impoverimento di tanti lavoratori autonomi e peggiorato ulteriormente la condizione di quelle fasce più svantaggiate. Cosa sta facendo per alleviare la crisi economica?
“Prima dell’epidemia il Comune di Novara dava assistenza economica a 900 nuclei famigliari, in questi mesi la platea si è allargata a 1.400. Per loro abbiamo attivato il servizio spesa, fornito grazie alla collaborazione tra i nostri Servizi Sociali e la Caritas diocesana. Abbiamo inoltre, dato vita aun fondo chiamato Aiutiamo Novara, costituito da contributi  privati e risorse comunali. Attraverso una call pubblica abbiamo chiesto alle famiglie più facoltose della città di adottare un nucleo in difficoltà e hanno già risposto in 75 che in modo anonimo versano 150 euro al mese”.

È questa la “Lega sociale” di cui ogni tanto parla riferendosi al partito piemontese?
“Io penso che ogni forza politica abbia come fine ultimo quello di far crescere l’economia e proteggere le fasce più deboli. Per esempio una delle prime misure che ho adottato è stata quella di assistenza agli anziani, la categoria più fragile durante questa epidemia. Grazie all’associazionismo di base e alla Protezione civile abbiamo assistito oltre 500 anziani, cui i volontari andavano a fare la spesa tutte le settimane per consentire loro di rimanere in casa senza correre rischi”.  

Pensa di essere riuscito a rimanere vicino ai suoi concittadini?
“Ce l’ho messa tutta e sono orgoglioso di come con l’emergenza si sia alzato il livello di collaborazione tra le persone che è alla base di un senso di comunità sempre più forte. E questo si è visto anche nel mondo culturale, dove le principali associazioni novaresi hanno fatto rete per fornire un programma di iniziative e attività per l’estate. Insomma, per quanto in mio potere ho cercato di fornire a ogni novarese gli strumenti per sopportare nel modo più consapevole e sereno questa fase. Ho anche istituito un Ufficio rapporti con il pubblico Covid che fornisce tempestivamente risposte ai cittadini. Per questo dico che si riparte dalla città, il nostro bene comune”.  

Novara è pronta per la Fase 2?
“Il ritorno alla normalità è ancora lontano, ma ora dobbiamo necessariamente riaprire ma tenendo alta l’attenzione e adottando comportamenti responsabili. Il Comune metterà in campo misure economiche di contribuzione a fondo perduto per quelle categorie rimaste fuori dal Bonus Piemonte della Regione”.

Col senno del poi, cosa è andato storto?
“Ci siamo fatti trovare impreparati, io l’avevo fatto presente dall’inizio. Sono mancati protocolli, azioni coordinate coi medici di base, approvvigionamenti di dispositivi di protezione, tamponi e reagenti. Abbiamo affrontato il virus quando si presentava negli ospedali, invece di andarlo a scovare nelle case, nelle rsa e laddove s’insinuava pur senza provocare sintomi, come capita nella maggior parte dei casi”.  

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