TRAVAGLI DEMOCRATICI

Silenzio, parla Chiamparino

Presente senza prendere la parola al conclave Pd sulle elezioni torinesi del 2021, l'ex sindaco e governatore viene guardato a vista. Nel partito c'è chi teme possa giocare in proprio. Per sostenere il rettore Saracco o tirare la volata al "fido" Giorgis?

The sound of silence. Un suono che rimbomba, quello dell’inusuale e straniante silenzio di Sergio Chiamparino, nell’incontro in videoconferenza tra i parlamentari e i consiglieri regionali del Pd sulle prossime elezioni comunali di Torino. Collegato ma zitto per tutta la durata del confronto. Roba da far scatenare le più fervide fantasie dei retroscenisti, sempre a nozze quando si tratta di faccende piddine. “Silenzio assenso”, lo definisce in un messaggio allo Spiffero il diretto interessato, sperando così di appagare la nostra morbosa curiosità ma soprattutto di mettere a… tacere interpretazioni più o meno faziose. Eppure, il Chiampa, che nella sua storia politica ha saputo dosare con sapiente maestria parole e silenzi, non può non aver calcolato l’effetto di quel mutismo. Figuriamoci stavolta. E, infatti, tutti, a interpretare ciò che non ha detto, financo a cercare di leggere dai tratti e dalle espressioni del volto il suo pensiero.

“Era più corrucciato del solito”, quasi “rabbuiato”, assicura uno dei cardinali presenti al conclave di ieri. “Solita smorfia indecifrabile – obietta un collega – di chi è avvolto da tempo in una cotica di cinica superiorità”. Insomma, più facile scorgere segni nel volo degli uccelli o leggere le viscere di una pecora che interpretare la posizione di Chiamparino sul percorso delineato ieri dal Pd in vista delle urne subalpine del 2021. E poiché non è un mistero che l’ipotesi della candidatura di Guido Saracco lo abbia visto non propriamente indifferente – e anzi per qualcuno sia stato attivo nel sondarne il terreno tra gli stakeholder in tandem con Chiara Appendino, in una riedizione fuori tempo del Chiappendino – quale sia il giudizio sulla posizione assunta dal Pd non è cosa di poco conto. Per il peso e il ruolo che l’ex sindaco e governatore è ancora in grado di esercitare in città, ma anche per la sua proverbiale propensione a scombinare i piani. Detta papale papale, terminato il conclave più d’uno ha espresso il timore che il Chiamparino silente possa finire col rompere le uova nel paniere e “da solitario qual è sempre stato” giocare una partita personale. Favorendo ciò che sotto la Mole si sussurra negli ultimi giorni, ovvero di un appello che alcuni esponenti della cosiddetta società civile starebbero predisponendo per chiedere la “discesa in campo” del rettore del Politecnico? Oppure di sue trame per favorire la designazione dell’unico di cui forse riconosce meriti e qualità (quasi pari alle sue), il deputato Andrea Giorgis, attuale sottosegretario alla Giustizia e a lungo “diligente” suo capogruppo in Sala Rossa? Al momento la risposta è una bocca cucita.

Saracco, si sa e si vede, ha preso da tempo a muoversi come chi sente di avere in tasca il biglietto della lotteria, prima che termini la vendita. Invece il partito uscito con le ossa rotte nel 2016 avverte: “L'individuazione del candidato avverrà nelle forme che la coalizione deciderà, ma deve sin d'ora essere chiaro – hanno detto all’unisono i segretari regione e metropolitano Paolo Furia e Mimmo Carretta – che, di fronte alla gravità della situazione in cui vive la nostra città, non c'è spazio per personalismi fini a se stessi né supereroi”. La strada porta a “mettere sul tavolo un percorso serio che mette il “noi” al centro. Torino ha bisogno che le migliori intelligenze vengano messe a sistema e il Partito Democratico, lanciando l'agenda per il 2021, si candida a farlo per l'interesse di Torino".

Il messaggio è piuttosto chiaro, anche per chi deve intenderlo governando ora la città e immaginando di poter continuare a farlo alleato con gli sconfitti di quattro anni fa da Appendino. “Una ampia coalizione, politica e civica, di centrosinistra, alternativa a chi ha deluso alla guida della città in questi anni e a una destra non credibile e inadeguata a governare, che soffia sul fuoco dei problemi senza davvero affrontarli". Traduzione possibile: tutti i freni tirati verso eventuali riedizioni torinesi dell’alleanza di Governo.

L’aria che tira, oggi, è questa. Il clima del Pd, come da prassi viene definito dai due segretari “positivo e collaborativo”. Ma quella faccia da italiano in gita, con nuvole grigie e vento che spazza via, della metà del non rimpianto Chiappendino? Cosa medita o rimugina? Scelta tattica, figlia di un cinismo della ragione di cui il Chiampa è interprete e maestro, oppure malcelato nervosismo per quei paletti piantati sperando che diventino bandierine di vittoria tra un anno?

A dire che per un’alleanza con i Cinquestelle “non ci sono le condizioni” è stato proprio il suo pupillo, Giorgis, ala meno dura verso i grillini di un partito dove altri sono fin dall’inizio i fautori del no pasaran rivolto a sindaca e compagnia. E proprio il borsino dell’attuale sottosegretario alla Giustizia potrebbe pure risalire in questo scenario dove le primarie aleggiano, ma senza essere totem. Per l’ex presidente della Regione sarebbe come si dice con formula stantìa un rinnovamento nella continuità, la sua. Tiene le carte ben coperte come quando gioca a scopone, il Chiampa?

Abituato i suoi e pure gli altri a non stupirsi più di atteggiamenti solo in apparenza contraddittori – dal tiramolla sulla ricandidatura alla presidenza della Regione al mi dimetto dopo l’elezione a consigliere, mentre è ancora lì – l’ex ragazzo di via Chiesa della Salute difficilmente mancherà di riservare sorprese anche in questa occasione. Da qui all’entrata nel vivo per le comunali di tempo ce n’è ancora. E pochi credono di poterlo vedere come semplice spettatore della partita.

The sound of silence, in questo caso, non è la colonna sonora de Il laureato, ma il suono del silenzio ancora da decifrare del Chiampa, nel giorno in cui scorrono i titoli di coda sull’alleanza con i grillini e il protagonista non è (solo) più il rettore.

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