POLITICA & GIUSTIZIA

Appendino condannata: "Resto sindaca, mi sospendo dal M5s"

Caso Ream, sei mesi per falso in atto pubblico. Una pena che però la mette al riparo dalla legge Severino. Annunciato il ricorso in appello. Otto mesi all'ex capo di gabinetto Giordana, due in meno all'assessore Rolando, prosciolto il direttore Lubbia

La sindaca di Torino Chiara Appendino è stata condannata a sei mesi per falso in atto pubblico nel caso Ream. Prosciolta invece dal capo di accusa più insidioso, quello per abuso d'ufficio, uno dei reati per cui la legge Severino prevede la decadenza degli amministratori pubblici.

Ha retto l’accusa di falso ideologico, mentre la sindaca è stata assolta per abuso d’ufficio. Secondo la Procura, il Comune di Torino non avrebbe inserito nel bilancio 2017 i 5 milioni di euro versati come caparra dalla società Ream, che durante l’amministrazione guidata da Piero Fassino si era interessata alla riqualificazione dell’ex area Westinghouse, progetto poi assegnato al gruppo Esselunga. I pm Marco Gianoglio ed Enrica Gabetta avevano chiesto per Appendino una pena di 1 anno e 2 mesi. La sindaca era in aula alla lettura della sentenza, i suoi legali, Luigi Chiappero e Luigi Giuliano, hanno annunciato il ricorso in appello. Stessa condanna per l’assessore comunale al Bilancio, Sergio Rolando. Otto mesi, invece, per l’ex capo di Gabinetto Paolo Giordana. Prosciolto, infine, Paolo Lubbia, direttore del settore finanze del Comune.

“Erano quattro i capi d’imputazione, tre sono caduti. È rimasto il falso in atto pubblico del 2016, ma è caduto quello del 2017”.commenta l’avvocato Chiappero. Poi prosegue: “La tenuità della condanna dimostra l’irrilevanza del fatto. Leggeremo le motivazioni e ci appelleremo, fiduciosi di poter ribaltare la sentenza”. “Porterò a termine il mio mandato da sindaco, come da statuto domani mi autosospenderò dal movimento. Ricanditura? Non è tema di oggi”, ha dichiarato a caldo la sindaca.

«Come è evidente anche dalle carte processuali, non ho tratto alcun vantaggio personale, anzi: l’accusa, nella sostanza, era di aver ingiustamente “avvantaggiato” il Comune», scrive su Facebook, commentando la sua condanna, la sindaca, che ribadisce: «Ricorrerò in appello, certa della mia innocenza e della mia assoluta buona fede. Non ho mai avuto alcun problema a risanare un bilancio “disastrato” come quello ereditato anche con manovre impopolari», prosegue Appendino che, riferendosi al debito nei confronti di Ream, rileva che «questa cifra, definita dal perito “peanuts” noccioline (parliamo di meno dello 0,4% del bilancio dell'Ente), poteva anche essere inserita nel bilancio 2016, senza portare in dissesto l’ente, sempre a detta dei periti. Non avrei mai avuto, dunque, il movente – ribadisce – per commettere intenzionalmente il falso». La sindaca spiega dunque che «semplicemente, in un quadro normativo molto complesso e in una situazione definita dai periti “unicum”, “peculiare” e “eccezionale”, abbiamo scelto di imputarla al 2018 perché ritenevamo fosse la scelta giusta da fare alla luce delle informazioni in nostro possesso e degli accordi intercorsi. Se è stato fatto questo errore – rimarca –, ribadisco che è stato fatto in assoluta buona fede e senza alcuna volontarietà di commettere il falso». E riafferma che «questa è la tesi per cui ci batteremo fino all'ultimo grado di giudizio». Infine ricorda che «questa sentenza non pregiudica la possibilità di rimanere in carica e, quindi, porterò regolarmente a scadenza il mio mandato, in attesa del giudizio in appello. Come previsto dal nostro regolamento interno, invece, – conclude – mi autosospendo dal Movimento 5 Stelle, sempre fino al prossimo grado di giudizio che auspico arrivi nei tempi più brevi possibili».

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