VERSO IL 2021

Centrodestra in panne, cambia lo schema per Torino

La battuta d'arresto alle regionali fa suonare il campanello d'allarme. Salvini abbassa la cresta e si dovrà accontentare di due città su cinque. E così persino la moribonda Forza Italia torna in gioco. A bordo campo si scalda la Porchietto

Uscendo dal seggio a Milano dove aveva appena votato, ieri Matteo Salvini ha spiegato e di fatto annunciato che per le comunali del prossimo anno “sarà giusto partire in autunno” con i nomi del candidati sindaci, aggiungendo che “a Milano, così come a Roma proporremo un’idea di città diversa da quelle di Sala e della Raggi”. Qualche ora più tardi da quell’annuncio in cui, freudianamente o meno, il leader della Lega ha citato solo le due città su cui, è noto, punta e punterà nelle trattive con gli alleati per avere un suo candidato, per lui le cose si sarebbero messe male, o comunque non come aveva annunciato e auspicato.

Il risultato delle regionali, con la mancata vittoria della leghista Susanna Ceccardi in Toscana e con la lista del quasi plebiscitariamente riconfermato governatore del Veneto Luca Zaia che fa tre volte tanto i voti di quella della Lega, insieme alla vittoria delle Marche del candidato di Fratelli d’Italia, Francesco Acquaroli  avrà come inevitabile conseguenza l’appallottolare e gettare nel cestino il foglio con la spartizione delle grandi città tra il partito di Salvini, quello di Giorgia Meloni e quello di Silvio Berlusconi. Città che andranno al voto in primavera, tra le quali c’è Torino da ieri poi non più così certa di dover vedere il Capitano esprimere il candidato a governarla, come previsto dal Cencelli messo nero su bianco mesi fa dalle tre forze della coalizione.

Il tavolo nazionale del centrodestra, attorno al quale si decideranno le candidature delle metropoli, non sarà quello apparecchiato prima dell’indigesto boccone toccato ingoiare a Salvini, nonostante la nuova strategia attuata in Toscana senza la sua sovraesposizione sulla Ceccardi memore di come andò con Lucia Borgonzoni in Emilia Romagna. Non è un caso che se la Meloni è corsa nelle Marche per festeggiare Acquaroli, il leader della Lega abbia esternato da via Bellerio e non accanto a Zaia riconfermato per la terza volta. Le stesse parole della leder di Fdi – “Il nostro partito è l’unico che cresce a livello nazionale” – sono fiele per Matteo e aperitivo di quel che accadrà allo stringersi delle trattive.

Trattative di fronte alle quali è lecito chiedersi semmai sarà possibile che Forza Italia, pur con tutti i travagli che la segnano da tempo e la pesantissima sconfitta del suo candidato in Campania Stefano Caldoro asfaltato da Vincenzo De Luca, non porti a casa neppure un candidato sindaco. Oggettivamente impossibile. E dunque ecco che il risiko si fa interessante e, forse, sorprendente proprio per Torino.

Guardando alle caselle, proprio la batosta subita da Caldoro porta ad escludere un candidato espressione del partito del Cav per Napoli, dove la Meloni ha pronto da far scendere in campo il magistrato della Dda Catello Maresca e la Lega tiene in caldo, non si sa mai, l’armatore Guido Grimaldi. Salendo, a Bologna il centrodestra pare voler riprovare il modello civico che con Giorgio Guazzaloca dal 1999 al 2004 lasciò il centrosinistra in minoranza e il nome che circola è quello del presidente dell’Ascom Giancarlo Tonelli. A Milano Salvini non rinuncia per tutto l’oro del mondo e pare sia attratto dall’idea di candidare la parlamentare europea Silvia Sardone, l’ex forzista passata alla Lega, anche se tra i nomi circola quello del presidente dell’Ordine dei Giornalisti Alessandro Galimberti. Roma è città aperta a una battaglia tra Salvini e Meloni, con il primo che ha già provveduto a farla tappezzare di manifesti con il suo faccione, tanto per far capire l’aria che intende far tirare in vista della resa dei conti con l’alleato.

E Torino? Se Forza Italia non tocca palla a Napoli, Bologna, Roma e Milano, a Berlusconi non resta (si fa per dire) che indicare l’uomo o la donna cui affidare la missione di conquistare per la prima volta da parte del centrodestra la guida della città. La Lega non fa mistero di avere pronto il “civico” Paolo Damilano, ma quel non appartenere al partito non equivarrebbe a evitare di conteggiare, al tavolo nazionale, l’imprenditore come candidato proposto da Salvini. E questo schema era valido fino a ieri. Fratelli d’Italia, pur avendo subito la cocente sconfitta in Puglia sembra provare a mettere in archivio l’inattesa débâcle di Raffaele Fitto, celebrando il marchigiano Acquaroli e tenendo pronto, per Torino, l’ex prefetto Filippo Dispenza. Ma anche per la Meloni vale lo stesso discorso per Salvini: se si deva dare, e non si può pensare il contrario, un candidato sindaco al Cav non è certo a Milano, Roma o Bologna che si deve guardare. Tanto più che il Capitano non ha mai mostrato di volersi accapigliare per scegliere e intestarsi chi correrà sotto la Mole, tantomeno la Meloni s’imbarcherebbe in contrasti riservando un braccio di ferro con l’alleato per città politicamente per lei più importanti, Roma in primis. E ancora, non lo ammetterà mai ma lo stesso plenipotenziario di Salvini, nonché capogruppo alla Camera, Riccardo Molinari quanta convenienza avrebbe a puntare i piedi per un candidato del suo partito, libero nell’essere civico, che potrebbe in qualche modo oscurarlo in parte?

Insomma, l’ipotesi di un candidato sindaco proposto da Forza Italia, da ieri, non è più lontana dalla realtà e dal possibile come invece lo è stata per mesi. E guardando questa eventualità, che si potrebbe tradurre nelle prossime settimane al tavolo nazionale, non è difficile scorgere la figura da mandare in campo: la deputata Claudia Porchietto. Dell’ex assessore regionale al Lavoro, imprenditrice e già presidente dell’Api, si era parlato quando l’appuntamento elettorale era ancora lontano e gli equilibri interni alla coalizione parevano ridurre pressoché a zero le possibilità. Dopo il voto di ieri molto se non tutto è destinato a cambiare. Gli equilibrii e le manovre interne al centrodestra sono in gran parte da riscrivere. E se è vero che Porchietto è esponente di Forza Italia, il suo stesso percorso politico a partire dalla provenienza dal mondo dell’impresa, ne avvicina molto il profilo a quello di un candidato civico, condizione che – come si osserva con un po’ di cinismo – potrebbe tornare presto a incarnare anche in conseguenza del destino di Forza Italia.

L’ottimo rapporto costruito con Alberto Cirio e i segnali di sostegno che arrivano da stakeholder del capoluogo, il tutto unito a una capacità di tessere relazioni con l’establishment ma in grado di parlare agli strati popolari della città, pongono Porchietto – nel nuovo schema di spartingaia dei comuni al voto nella primavera prossima – come una ipotesi vincente per il centrodestra. L’essere una candidata temibile agli occhi degli avversari, che ne riconoscono capacità e preparazione, è una ulteriore carta a suo favore.

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