CANTIERE

"Contro sovranismo e populisti ci vuole una Buona Destra"

Presentata a Torino la nuova formazione che guarda alla tradizione del conservatorismo europeo e punta a dare una casa a chi non si sente rappresentato da Meloni e Salvini. Il fondatore Filippo Rossi: "Non si fa politica sulla paura, noi costruttori di futuro"

“Partiti che esprimono una politica becera e razzista, stimolando la paura e alimentando gli istinti peggiori dei cittadini, a colpi di fake news e propaganda strumentale”. Non avresti dubbi ad attribuire a qualunque esponente, ma anche semplice elettore, di centrosinistra questo ritratto delle due principali forze del centrodestra se davanti non avessi un intellettuale convintamente e solidamente di destra, ideologo di Gianfranco Fini nell’avventura di Futuro e Libertà, già a capo del think tank FareFuturo, autore parecchi anni fa di Fascisti Immaginari e recentemente di Dalla parte di Jekyll, saggio-manifesto sulle due destre, quella buona e quella che non lo è. La Buona Destra, Filippo Rossi, da oggetto del suo libro la sta trasformando in soggetto politico. Per annunciarne ufficialmente la nascita, ieri, ha scelto Torino, “simbolo dell’Unità d’Italia, molto importante per un partito nazionale”.

Rossi, fare un nuovo partito, soprattutto farlo crescere non è una passeggiata e lei lo sa. Ma è più facile fare una cattiva destra, come lei definisce quella della Lega e di Fratelli d’Italia, piuttosto che una buona?    
“Purtroppo sì. La strada del populismo è una scorciatoia e come tutte le scorciatoie sono più semplici. La strada della buona destra affronta la politica dal punto di vista delle complessità, dell’approfondimento, delle decisioni difficili fuggendo dalla propaganda”.

Il populismo lo ha appena evocato. Gli altri motivi per definire cattiva la destra di Meloni e Salvini?
“Perchè investe sui sentimenti peggiori. La paura, l’odio, la diffidenza, l’indifferenza, l’egoismo”.

Non crede siano, in parte, anche figli del nostro tempo?
“Sono sentimenti anche legittimi, ma sono anche quelli più di chiusura rispetto a una politica che sappia costruire un futuro facendo leva su altri sentimenti, come il coraggio, la volontà di guardare avanti, la speranza. Anche chi spera ha paura, ma mette l’accento sulla speranza. E avere coraggio non significa non avere paura. Però fare della paura un motore di consenso chiude lo spettro politico. Così abbiamo la Meloni che dice: se si devono fare muri li facciamo. La politica deve costruire ponti non muri”.

Questa frase se la facciamo leggere a dieci persone non ce n’è una che dica che l’ha detta uno di destra.
“Invece io di destra lo sono”.

Di quella buona, come dice lei. Insomma più Thatcher e meno, anzi niente, Orban?
“Direi più Merkel. Thatcher è figlia di un altro tempo, grande leader conservatrice ma la tradizione italiana è più vicina al popolarismo tedesco”.

Ma allora hanno ragione i suoi detrattori di destra che sostengono il vostro sia un centrismo mascherato, che guardiate a quella parte lì?
“Noi guardiamo alle destre europee, ai repubblicani francesi che non si sono mai alleati con Marine Le Pen, alla Cdu in Germania, alla destra liberale austriaca. L’anomalia è tutta italiana”.

C’è Forza Italia. Pensate di rivolgervi a quel che resta del suo elettorato?
“Premesso che non sono un convinto assertore dei popoli politici, per dirla più chiaramente sono convinto che la gente vota come le pare. Il voto è una scelta, non è un’appartenenza. Detto questo, non esiste un’offerta della destra liberale, moderata, europea. Può essere individuata nell’attuale Forza Italia, ma è un partito in declino. Non un declino culturale e ideologico, ma semplicemente perché quel partito nel bene e nel male è stato ed è un partito proprietario, e quando il leader è in declino il partito lo segue”.

Quindi lei sostiene che non tutto l’elettorato di Lega e Fratelli d’Italia vota convinto, ma lo fa anche perché manca un’offerta diversa?
“Abbiamo tutti il vizio di fare analisi politiche dal punto di vista della domanda, ma la scelta dipende dall’offerta”.

La Buona Destra è europeista?
“Noi siamo per gli Stati Uniti d’Europa, bisogna fare un passo avanti non indietro. Vogliamo un’Italia forte e un’Europa ancora più forte”.

Non esagerò a scendere in piazza con le sardine, pur dicendosi una sardina di destra?
“No. Quello delle sardine è stato un messaggio chiaro, il primo accenno di quello che poi è successo in queste ultime elezioni, ovvero la crisi del populismo. Anche alla maniera dei ragazzi, quelle piazze dissero che non era vero che il populismo e l’estremismo erano vincenti in Italia”.

Qualche tempo fa a Bruxelles ha presentato il suo libro con Carlo Calenda. E più di una volta e di due lei ha ripreso post del fondatore di Azione condividendoli. Lo vede come un interlocutore?
“Sì, può essere davvero un interlocutore. È una di quelle persone che guardano alla politica con voglia di complessità senza semplificare i messaggi”.

Soprattutto sul terreno dell’economia. La Buona Destra che ricette ha?
“Uno Stato che spenda meno in spesa corrente e investa di più. E poi sono terrorizzato dalla brucrazia. Fa male a tutti, alle imprese, ai lavoratori, ai professionisti”.

Avete annunciato il vostro congresso in primavera. In quel periodo si voterà in città importanti tra cui Torino dove il centrodestra prova, con più chance rispetto al passato di vincere per la prima volta nella storia. Voi ci sarete?
“È ancora presto per dirlo. Ma una cosa, che vale per Torino come per le altre città, è chiara: non saremo la gamba moderata di Fratelli d’Italia e della Lega. Non stiamo con l’estremismo di destra. Piuttosto non partecipiamo”.

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