EMERGENZA SANITARIA

Allarme personale nelle Rsa

Mancano infermieri e oss. Molti migrano verso gli ospedali. Soltanto 5 le strutture dedicate a ospitare i positivi. Tasso di contagio al 10%, ma 400 su 700 sono ancora indenni dal virus. Ad Alessandria scontro tra Pd e Asl

Mancano circa 2mila operatori sociosanitari e più di 300 infermieri. L’emergenza più grave nelle Rsa, adesso, è quella del personale. Per fronteggiare la diffusione del Covid e arginare la sua diffusione nelle strutture che ospitano le persone più fragili le piante organiche adeguate nella normalità dovrebbero essere rafforzate, invece si stanno pericolosamente riducendo. 

A fronte di un organico di circa 2.200 infermieri, all’ultimo rilevamento da parte dei dipartimento per le emergenze e la malattie infettive di pochi giorni fa, ne risultano 1.874. Numeri ancora più alti per gli Oss: i 12.488 della pianta organica in realtà sono solo 10.621. Le conseguenze di questi numeri, sono altri numeri. Drammatici. Negli ultimi 15 giorni nella casa di riposo CanonicoBoretto di Susa ci sono stati 13 decessi per Covid, quasi uno al giorno. Ad Alessandria nella storica Teresa Michel su 234 ospiti fino ad oggi se ne contano 100 positivi come positivi, quasi tutti con sintomi, sono 27 dipendenti. Quasi tutti contagiati i circa 40 anziani della casa di riposo di Arquata Scrivia. L’elenco potrebbe andare avanti, anche se il quadro complessivo delle Rsa, per fortuna, è molti diverso da quello dei primi mesi dell’anno quando nelle case di riposo il Coronavirus compì una strage.

Delle circa 700 strutture sul territorio regionale 400 risultano per ora indenni dal Covid e, secondo il monitoraggio del Dirmei, le maggiori criticità si concentrano su una ventina di esse. La stessa percentuale di positività al virus tra gli ospiti è del 10%, minore rispetto a quella relativa alla popolazione sopra i 75 anni che in Piemonte arriva al 15%. In numeri assoluti su circa 23.500 ospiti ne risultano positivi poco più di 2300, anche se la cifra è, com'è facile immaginare, in continuo aggiornamento.

Una situazione che pur molto grave non può definirsi fuori controllo come, invece, lo era stata all’esordio della pandemia e nei mesi successivi contando migliaia di morti. Ma ci vuol poco, nonostante le norme severe introdotte a partire dai dolorosi divieti di visite da parte dei parenti passando per lo screening con tamponi rapidi ogni 15 giorni, per perderlo quel controllo. La continua diminuzione del personale non può che accentuare i rischi. Turni di lavoro più gravosi, più probabilità di commettere errori per stanchezza, meno sorveglianza degli ospiti e altre inevitabili carenze.

“Gli operatori delle Rsa sono sempre di meno e sempre più esasperati”, conferma Michele Assandri, presidente regionale di Anaste, una delle associazioni che rappresentano i gestori della strutture assistenziali. E racconta un fatto che spiega come stia andando le cose nelle Rsa per quanto riguarda il personale. “Un nostro dipendente, con un’anzianità di tre anni e contratto a tempo indeterminato si è dimesso dalla struttura a poche centinaia di metri da casa per un contratto di sei mesi per lavorare in ospedale a un’ora di distanza. L’aumento di stipendio è minimo, purtroppo sono le condizioni di lavoro che la carenza di personale e l’impegno ulteriore dovuto ai rischi del virus a indurre il personale a rispondere ai bandi della Regione tramite le Asl”. Una coperta corta che viene tirata da una parte e dell’altra, ma corta rimane. Con il rischio concreto di veder peggiorare rapidamente la situazione nella Rsa e conseguente crescita dei ricoveri dei loro ospiti negli ospedali.

Le stesse Rsa dedicata interamente ai positivi al virus sono ancora poche. Solo cinque, la Botticelli, la Piccola Molea Torino, la Debouchè a Nichelino, la Clinica della Memoria a Collegno e la San Giuseppe ad Asti. Circa 500 posti in tutto e la consapevolezza in Regione che trovare strutture idonee a questo scopo è tutt’altro che semplice. E per niente semplice risulta comprendere alcune cose che capitano nel rapporto tra le Asl e le strutture assistenziali, nella diversa valutazione che i vertici delle aziende non di rado danno della situazione rispetto a quel che emerge non solo dai gestori, ma dai dati stessi.

Un direttore di una piccola Rsa dell’Alessandrino ha deciso di fare, a spese della struttura, i tamponi non ogni quindici giorni come disposto dalla Regione con l’invio del test rapidi, bensì ogni settimana agli ospiti e quotidianamente ai dipendenti. Quando dopo aver accertato alcuni casi di positività li ha subito segnalati all’Asl, dall’azienda si è sentito rimproverare perché non aveva rispettato il protocollo. Redarguito per essere stato più coscienzioso del dovuto. Vanno anche così, purtroppo, le cose.

L’Asl guidata dal commissario Valter Galante ha risposto con un inusuale comunicato alle domande poste dal Pd e dalla lista dell’ex sindaco di Alessandria Rita Rossa in vista del consiglio comunale (in videoconferenza) alla presenza dei vertici della stessa azienda sanitaria. I dem avevano denunciato la grave situazione in alcune case di riposo, incominciando proprio dalla Teresa Michel, ritardi nell’effettuazione dei tamponi e la presenza di veri e propri focolai. Oltre a rispondere nel corso del consiglio comunale, l’Asl ha pure diffuso una nota dai toni piccati. “Per fini propagandistici vengono diffuse affermazioni non veritiere che mettono in allarme la popolazione”, così il commissario Galante. “La situazione è certamente seria ma non trascurata”, assicura Orazio Barresi, direttore del Sisp, il servizio da cui, tra l’altro, dipende la gestione dei tamponi e l’invio delle mail per “liberare” chi dopo la malattia risulta negativo. Mail che proprio in provincia di Alessandria capita di dover aspettare anche per più di una settimana dopo l’esito del test. Ma “tutto è sotto controllo”, comprese le Rsa dove l’emergenza personale potrebbe aggravarne una peggiore, purtroppo già vissuta in Piemonte.

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