VERSO IL 2021

Chiappendino punta su Giorgis

Se Saracco era la carta civica, il giurista piddino è il candidato politico ideale dell'intesa giallorossa. E infatti piace ai partiti romani mentre a Torino sarebbe una garanzia sia per la sindaca uscente e sia per l'ex governatore

“Se glielo impongono, lui accetta”. Nella battuta che circola in questi giorni nel Pd torinese a proposito della candidatura a sindaco di Andrea Giorgis, si nascondono due verità. La prima: l’attuale sottosegretario alla Giustizia, unico piddino piemontese nel Governo, non sgomita per partecipare alla corsa verso Palazzo Civico, preferendo restare in quello di via Arenula, magari non escludendo che un non improbabile rimpasto lo possa far salire ancora, viceministro del grillino Alfonso Bonafede, o magari addirittura al vertice di qualche altro dicastero. La seconda verità è che, per chi ben conosce il cursus e la formazione politica del cinquantacinquenne costituzionalista, sa come lo spirito di servizio declinato in quella che un tempo si chiamava disciplina di partito vedrebbe Giorgis non rifiutare una richiesta come quella che potrebbe profilarsi.

La decisione, pochissimi giorni fa, del rettore del Politecnico Guido Saracco di rinunciare alla candidatura ha fatto alzare le quotazioni, almeno nell’area della sinistra del partito, del deputato torinese che nel corso della sua seconda legislatura è entrato nel Governo giallorosso e dal quale, si nota da più parti, uscirebbe con una certa malavoglia per provare ad entrare nella stanza che prima di lui e dell’attuale sindaca, è stata occupata da Piero Fassino e prima ancora da colui che da sempre è uno dei suoi più convinti sostenitori, Sergio Chiamparino.

Giorgis piace all’ex sindaco e presidente della Regione per molte ragioni, ma il professore ordinario di Diritto Costituzionale all’Università subalpina raccoglie ampi consensi anche a livello nazionale, dove oltre all’apprezzamento per la serietà e il rigore, il sottosegretario viene visto come la figura più incline a favorire una convergenza con i Cinquestelle tra i politici puri e, dunque, senza la necessità di dover pescare nuovamente tra i civici dopo la rinuncia di Saracco. Non è un caso che quando a Roma, nelle scorse settimane, si prese a parlare della ministra grillina all’Innovazione ed ex assessora Paola  Pisano come potenziale candidata a sindaco al suo nome come alternativa finì affiancato proprio quello di Giorgis. “Ne abbiamo due al Governo – venne riferito ai torinesi – o una o l’altro”, fu l’azzardo con più di un fondo di concretezza.

A quello che sarebbe più di un viatico del Nazareno, il riottoso (ma pronto a obbedire all’“imposizione”) Giorgis deve aggiungere il suo storico supporter. La stima di Chiamparino per lui è nota e non nasce oggi, ne riconosce e apprezza le doti intellettuali, ma anche la sua fedeltà, del resto è stato la sua longa manus in Sala Rossa. Sarà pure, come dice il Chiampa “un po’ troppo prufesur” rimarcandone benevolmente il tratto più teorico che pratico, ma il giurista è la figura che, insieme a quella di Mauro Salizzoni, l’ex governatore vede con maggior favore come suo indiretto successore a Palazzo di Città.

L’idea di Giorgis sindaco a Chiamparino, nel suo ruolo di manovratore dietro le quinte, piace anche per un’altra ragione: sarebbe l’uomo in grado di dargli garanzie, di tranquillizzarlo per altri cinque anni. Ma di quali garanzie necessita colui che passò il testimone all’altro ex ragazzo di via Chiesa della Salute e che, poi, con Chiara Appendino formò il solido ircocervo del Chiappendino, custode di una concordia istituzionale fondato su quel “Sistema Torino” sopravvissuto dopo la breve fatwa elettorale della sindaca grillina? Semplice: la garanzia di salvaguardare il mito di se stesso, quella vulgata del “miglior sindaco” della stagione più esaltante degli ultimi decenni. Con un rinnovamento (generazionale) domestico che non guardi troppo al passato quando Torino, anche a causa di quella grandeur non sorretta da concreti piani di investimenti strutturali, è precipitata nel vortice del debito monstre. E di fronte a quelle casse prosciugate, con un’amministrazione sull’orlo del dissesto, qualcuno ha udito una parola di Appendino all’indirizzo del Chiampa? Mai. La grillina bon ton ha semmai messo in croce Fassino, che pure a rimettere in sesto la baracca ci ha provato, in parte riuscendovi. Insomma, il mito è stato salvaguardato (anche) dal Chiappendino e, in fondo, anche alla sindaca uscente farebbe comodo un successore che mostrasse benevola indulgenza verso i suoi cinque anni. Capiterà, forse, se Giorgis accetterà di candidarsi dopo che glielo avranno imposto. E se arriverà quella elettorale, sarà anche la vittoria del Chiampa. E di Appendino.

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