ESCLUSIVO

Tre torinesi su quattro bocciano Appendino

Più della metà chiede un cambiamento e molti rivalutano l'amministrazione targata Fassino. Il sondaggio di Swg sull'operato della sindaca grillina e la (in)soddisfazione dei suoi concittadini

Se nel 2016 i torinesi hanno scelto il cambiamento, mandando a casa una classe dirigente anchilosata e legata a un sistema di potere che si perpetuava da 23 anni uguale a se stesso, oggi i cittadini del capoluogo sembrano orientati analogamente su una scelta volta alla discontinuità. Secondo il 53 per cento degli elettori, Torino “ha decisamente bisogno di cambiare” e sono addirittura di più rispetto a quattro anni e mezzo fa quando rappresentavano il 41% della popolazione totale. Per il 33%, poi, la città “ha bisogno di cambiare ma è sulla strada giusta” e solo il 14% ritiene che “non ha bisogno di grandi cambiamenti”. Tra chi chiede una discontinuità più marcata, il 45% è costituito da persone che nel 2016 avevano votato Chiara Appendino. E infatti molti dei suoi ex supporter oggi si definiscono “pentiti” di aver votato la sindaca e uno su due (il 49%) arriva addirittura a rivalutare Piero Fassino (il 29% considera le due esperienze uguali e solo il 16% preferisce Appendino).

È questo il quadro che emerge dal sondaggio effettuato da Swg tra il 2 e il 6 novembre sul giudizio dei torinesi nei confronti della sindaca, consultando un campione di 700 elettori con interviste telefoniche o online. Una ricerca commissionata dal notaio Andrea Ganelli.

Sull’efficacia dell’operato di Appendino poco più di un quarto (il 27%) si esprime positivamente, mentre il 73% ritiene la sua azione poco o per nulla efficace. Così emerge dalla rilevazione demoscopica che solo il 34% degli elettori della prima cittadina in carica oggi confermerebbe la propria scelta. Il 38% ammette senza difficoltà di aver “sbagliato” a votarla e di essere dunque “pentito”, mentre un residuale 20% pur definendosi non contento di come ha lavorato la sindaca dice “confermerei comunque la scelta”. E questo dovrebbe interrogare sia il centrodestra sia il centrosinistra, giacché evidentemente un elettore su cinque, pur non essendo soddisfatto, non pensa di sentirsi rappresentato dalle altre offerte sul mercato elettorale.

Così, in un combinato disposto tra dinamiche nazionali e locali, il Movimento 5 stelle è passato dal 30% ottenuto nel 2016 all’8,5 di cui viene accreditato oggi, passando per il 24,2% ottenuto alle politiche 2018 e il 13,3% delle europee 2019. Una curva che, se confermata, consentirebbe solo a due o al massimo tre candidati nelle proprie liste di approdare nella futura Sala Rossa.

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