ANALISI

Caccia grossa al voto grillino,
"ma non esiste un elettorato 5s"

Rispetto al 2016 il quadro a Torino è mutato: "Per intercettare i cittadini che si rivolsero ad Appendino bisogna individuare problemi concreti e indicare delle soluzioni". La sfida non sarà nelle periferie ma nei "quartieri cuscinetto". L'analisi del sociologo Cepernich

È come il Sacro Graal, tutti lo cercano ma esisterà davvero? Da destra a sinistra, in vista delle prossime amministrative, è partita la caccia al voto grillino. Una caccia all’oro appena iniziata e chissà quanto ancora durerà se, come sembra, le elezioni verranno posticipate al prossimo autunno. Come si esprimeranno gli oltre 107mila elettori che al primo turno di cinque anni fa scelsero il Movimento 5 stelle? E quelli che si sono aggiunti al ballottaggio decretando il successo di Chiara Appendino contro Piero Fassino?

Nel centrodestra per penetrare in quella zona grigia la Lega si è affidata a Paolo Damilano, imprenditore cuneese in grado, secondo i suoi sostenitori, di allargare il consenso di una coalizione a trazione sovranista, proprio come fece Appendino accreditandosi tra gli stakeholder cittadini, mentre il simbolo con le cinque stelle faceva incetta di voti nelle periferie. A sinistra, invece, ancora si strologa su chi possa essere più “inclusivo”: il chirurgo Mauro Salizzoni, che nel confronto pubblico di ieri ha strizzato l’occhio al M5s indicando nel partito di Luigi Di Maio e Davide Casaleggio il vero argine contro i forconi, oppure Stefano Lo Russo che punta sulla “discontinuità” con l’attuale amministrazione? O qualcuno degli altri candidati in pectore?

Interpellato sul tema il sociologo Cristopher Cepernich, professore associato all’Università di Torino, non pare avere dubbi: “Io resto convinto, a distanza di anni, che un vero e proprio elettorato 5s a Torino non ci sia”, di più “in un quadro fluido come quello degli ultimi anni posso affermare che gli elettori del M5s di cinque anni fa non sono gli stessi di adesso”. Allora, prosegue Cepernich “l’elemento unificante era di tipo reattivo”, in sostanza era un elettorato che si è ritrovato dalla stessa parte non tanto sulla base di un programma convincente, quanto piuttosto per la voglia, diffusa in città, di una cesura con il cosiddetto sistema Torino, cioè con quell’apparato di potere che aveva amministrato per 23 anni il capoluogo piemontese. Dal livello nazionale, dove Matteo Renzi aveva intrapreso la sua parabola discendente, a quello locale il Pd venne identificato come il partito da disarcionare a tutti i costi e così fu, grazia anche ai voti decisivi degli elettori di destra che accorsero alle urne in soccorso di Appendino durante il voto di ballottaggio. Oggi lo scenario è completamente diverso: a Roma il M5s ha governato fino a qualche giorno fa proprio con il Pd e nel nome di Giuseppe Conte pareva aver stretto un’alleanza di ferro, mentre a Torino è rimasto per cinque anni all’opposizione. Ora che succederà? Non è tutto, secondo Cepernich “sarebbero inutili eventuali accordi tra classi dirigenti poiché mi pare impossibile che qualcuno, nei partiti tradizionali e quindi viepiù in un partito liquido come i Cinquestelle, possa essere in grado di orientare il suo elettorato”.

Unica soluzione, allora, è “focalizzarsi sui bisogni della cittadinanza, c’è una questione di accesso alle opportunità che la città, a partire da un certo periodo storico, non ha più dato ad alcuni. Un problema che c’era cinque anni fa come adesso” quindi bisogna partire proprio da qui, “analizzando i bisogni di quelle persone che sono diversi a seconda dei quartieri a cui ci si rivolge perché Mirafiori e Falchera sono due mondi completamente diversi”. Non c’è dunque una periferia ma “più periferie”. E secondo Cepernich “se nella cosiddetta zona Ztl esiste un consenso ormai consolidato per il Pd, allo stesso modo nei distretti più decentrati è più facile che il voto di protesta che nel 2016 ha premiato il M5s ora si concentri su Lega e Fratelli d’Italia”, motivo per cui “le elezioni si vinceranno in quei quartieri cuscinetto che vanno da Vanchigna a Nizza Millefonti, un anello in cui il voto è più contendibile”. Lì vive quel ceto medio che la crisi determinata dal Covid, che si acuirà con il passare dei mesi, potrebbe spazzare via. Con conseguenze sulle urne oggi difficilmente determinabili.

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