IL NUOVO GOVERNO

Draghi ha Pisano all'uscio

L'ex ministra mentre fa gli scatoloni tesse l'elogio pubblico del premier incaricato: "Ha sconsigliato strade dannose per le fasce deboli". Un tentativo per accreditarsi? Forse. Ma pesa il lungo curriculum di flop e inciampi. E c'è chi la sogna sindaca

Nemmeno il tempo di fare gli scatoloni che già cerca una nuova collocazione. Paola Pisano, ministra uscende del BisConte, è folgorata sulla via del premier incaricato. “Da quando la pandemia del Covid-19 ha stroncato vite e danneggiato economie, Mario Draghi ha sconsigliato strade dannose per le fasce deboli della popolazione e ne ha indicate di proficue per disincagliare l’economia” scrive la ricercatrice torinese promossa al rango ministeriale dopo i disastri combinati da assessora della giunta pentastellata di Chiara Appendino. E proprio nella funzione di segnaposto o, se si preferisce, di scalda poltrona della sindaca grillina pare sia da ravvisare la ragione di cotanta fulminea carriera: per le malelingue la sua presenza nell’esecutivo avrebbe dovuto rappresentare la garanzia per il futuro della prima cittadina al termine del mandato a Palazzo civico. Anzi, più d’uno aveva ipotizzato un avvicendamento: Appendino ministra e Pisano candidata sindaca. Le cose, per entrambe, sono andate diversamente dalle previsioni ed è inutile moccicare troppo, soprattutto per donne concrete e determinate quali sono.

In un’altra epoca Pisano sarebbe stata definita ua mosca cocchiera, lei che da esterna al Movimento 5 stelle era stata ingaggiata attraverso la call pubblica con la quale Appendino scelse, dopo la vittoria del giugno 2016, buona parte della sua squadra. Di estrazione borghese, maritata con un imprenditore, ha connotato la sua azione con quel piglio tecnocratico che tanto l’ha invisa a una larga fetta del Movimento, quella più ruspante, la stessa parte che nel frattempo faticava a rendersi conto di come le cose stessero cambiando. E ai primi segni di malpancismo fu l’allora capo politico Luigi Di Maio a sedare gli smottamenti, lo stesso che su indicazione di Chiara la volle con sé nel secondo gabinetto Conte, quello giallorosso. La prova ministeriale è stata al livello di quella assessorile. E se a Torino la maledicono per il caos dell’Anagrafe e la ricordano per i droni svolazzanti in una delle feste patronali di San Giovanni tra le più tristi della storia cittadina, a Roma è la principale responsabile del fallimento dell’app Immuni e del flop “Innova per l’Italia”, il bando che avrebbe dovuto reperire robot per sanificare ospedali e ambienti pubblici. Per non dire del piano “per l’innovazione tecnologica e la digitalizzazione del Paese”, un campionario di wishful thinking, di banali buone intenzioni, di proclami di principio, immerso in una coltre di fuffa. Piano cui ha contribuito Davide Casaleggio, puntualmente ringraziato (assieme all’ex numero uno di Finpiemonte Mario Calderini, al rettore del Politecnico Guido Saracco, al presidente della Compagnia di San Paolo Francesco Profumo).

Ora la mosca cocchiera del M5s ha fiutato l’aria e pare ronzare attorno all’ex presidente della Bce. D’altronde chi più dell’ex ministra dal tratto “tecnico”, potrebbe apprezzare il profilo del nuovo esecutivo con politici-tecnici o tecnici-politici? Insomma, che sia un disperato tentativo di accreditarsi per un posticino nel nuovo corso? Chissà. Per quanto remota, una sua conferma nei palazzi ministeriali romani – come ministro o sottosegretario – appare comunque più probabile della prospettiva circolata ieri in alcune interessate veline di un suo ritorno in campo per la poltrona da sindaco di Torino. Il nome della Pisano, infatti, è stato tra i pochi su cui si registra una sincera convergenza tra grillini e dem: entrambi, seppur con toni diversi, esprimono un giudizio non esattame lusinghiero nei suoi confronti. Difficile che con questo curriculum possa davvero immaginare un futuro politico a Torino: non le resta, dunque, che sperare in Draghi. Meglio, in Di Maio.

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