LOTTA AL COVID

Vaccinazioni, disabili in coda

Sono certamente tra le categorie più fragili ma per loro non è stata prevista alcuna corsia preferenziale. "Molti di noi non hanno contatti con altre persone da mesi". Appello a Cirio: la Regione intervenga autonomamente a ridefinire i criteri

C’è una parte della popolazione tra le più fragili, se non la più fragile ed esposta ai rischi delle conseguenze del Covid in assoluto, che ancora non sa quando verrà vaccinata. E che la logica avrebbe voluto fosse tra le prime a poter contare sull’immunità data dal vaccino. Invece i disabili, stando al piano presentato giorni fa dalla Regione, sono inseriti nella seconda fase insieme agli over 60, ai soggetti a rischio e al personale scolastico ad alta priorità. Seconda fase che paradossalmente, in conseguenza della scarsità di dosi e delle forniture del farmaco di AstraZeneca limitato ai 55 anni, è stata superata cronologicamente dalla terza che riguarda il personale scolastico e le forze dell’ordine.

“Capisco che il problema riguarda un pò tutti ma noi stiamo soffrendo in modo particolare questa situazione. Molti di noi non hanno contatti con altre persone da mesi, salvo i genitori sui quali grava tutto il peso del nostro sostegno, altri ancora, per paura del contagio, hanno rinunciato alla fisioterapia e alle visite di controllo, con gravi conseguenze per la propria salute”, spiega Andrea Bes, che questa situazione paradossale la vive con preoccupazione e pure un po’ di rabbia.  “Purtroppo invece, siamo tuttora esclusi dalla vaccinazione. Personalmente – dice – trovo insostenibile questo ritardo che ci penalizza ulteriormente”. Un ritardo e una mancata priorità che le associazioni dei disabili e delle loro famiglie hanno più volte segnalato alla Regione. 

“Se è vero che sono stati vaccinati e stanno ricevendo tutt’oggi il vaccino i disabili ospiti delle strutture, per quelli che vivono a casa loro, in famiglia l’immunizzazione ad oggi è negata”, spiega Giancarlo D’Errico, presidente di Anffas Torino. “Purtroppo il ministero della Salute e la struttura commissariale di Domenico Arcuri non hanno ritenuto, nonostante le richieste più che motivate, di rivedere i criteri. Così accade che i disabili vengano dopo gli ultraottantenni, ma anche dopo il personale della scuola e le forze dell’ordine”.  D’Errico ricorda le pressanti richieste sia verso Roma sia indirizzate alla Regione per sanare un vulnus che non può sfuggire a nessuno, pur differenziando tra le varie gravità e complessità delle dsabilità. “Chi ha la tetraparesi spastica, bloccato sulla sedia a rotelle, se si prende un raffreddore che diventa polmonite rischia seriamente la vita, appare ovvio debba riceve al più presto il vaccino”. Il presidente di Anfass ricorda i colloqui e le interlocuzioni con l’assessore al Welfare Chiara Caucino e a quello della Sanità Luigi Icardi finalizzati ad ottenere che “alla fine della vaccinazioni nelle Rsa si procedesse con i disabili, graduando in base alle patologie indicate dal medico di medicina generale”.

D’Errico afferma come “questa istanza è stata portata dal Piemonte al tavolo di Arcuri, senza però ottenere alcun risultato. Così come non c’è verso a far capire che quando la Regione fa le comunicazioni sulle vaccinazioni non vengono mai date notizie sui disabili. Stanno enfatizzando tutto sulle Rsa e adesso sugli anziani, senza fare alcun cenno a quella parte di popolazione che ha estremo bisogno di avere in fretta il vaccino”. Richiesta ineccepibile, viste le condizioni e visto pure che chi assiste i disabili, sgravando il sistema pubblico, non ha alcun titolo per essere immunizzato riducendo i rischi per gli assistiti. 

Assodato che Governo (almeno il precedente) così come il commissario nazionale si sono rivelati sordi a un’istanza oggettivamente impossibile da obiettare, forse è arrivato il momento per la Regione e il sui presidente Alberto Cirio di esercitare la tanto agognata autonomia per una causa su cui nessuno avrà da ridire. Il governatore e la sua giunta ascoltino le richieste dei disabili e se del caso assumano una decisione che potrà essere in contrasto con le direttive nazionali, ma certo non con il buon senso e la logica. Se si sta procedendo su un terreno normativamente impervio come quello del possibile acquisto in proprio dei vaccini per far fronte alla scarsità di dosi, perché non decidere di vaccinare, se non prima, almeno insieme agli ultraottantenni almeno i disabili più a rischio?

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