LOTTA AL COVID

Con il vaccino a tutti gli over 65 avremmo il 90% di morti in meno

Se ce ne fosse ancora bisogno il professor Costa rimarca l'importanza di accelerare con le somministrazioni. Ma Torino resta indietro rispetto al resto del Piemonte: al 3 marzo erano state utilizzate solo il 61% delle dosi ricevute. Sospeso l'utilizzo di un lotto di AstraZeneca

“Il piano vaccinale potrebbe essere in grado di ridurre del 75 per cento il rischio di ricovero e del 70 quello di passaggio in terapia intensiva nel momento in cui fosse coperta interamente la fascia degli ultrasessantacinquenni. Alle stesse condizioni sarebbe possibile ridurre di più del 90% la quota di decessi attribuibili a Covid-19”. 

Le parole pronunciate dall’epidemiologo  Giuseppe Costa, nel corso dell’audizione dinanzi alla commissione del Consiglio regionale sull’emergenza Coronavirus, sono la più chiara e indiscutibile conferma di come occorra procedere con la massima rapidità  nella campagna vaccinale in Piemonte. Tanto più ora che i vaccini ci sono. Un’accelerazione che, finalmente, parrebbe profilarsi anche per Torino visto che proprio il capoluogo continua a segnare ritmi percentualmente inferiori rispetto alle altre Asl e al resto del territorio piemontese. Non è un caso che il commissario dell’Asl Città di Torino Carlo Picco annunci per lunedì o al massimo martedì l’apertura di un terzo punto vaccinale in via Artom negli spazi messi a disposizione dal Cus Torino in grado, con 15 linee e un centinaio di persone a turno, di inoculare a pieno regime un migliaio di dosi al giorno. Più o meno la metà di tutte quelle che oggi si riescono a somministrare nel capoluogo. Tutto bene, nessun problema, insomma  tant’è che lo stesso Picco spiega di ricevere solo lettere di elogio. Magari, chissà, ci scappa pure una medaglia. Fino a una settimana fa l'Asl di Torino aveva inoculato 63.352 dosi sulle 103.182 ricevute, il 61% mentre il resto della regione si attestava su percentuali tra l'80 e il 90 per cento. Da allora, però, la Regione ha smesso di fornire i dati aggiornati: "Non è una gara" è stata la spiegazione.

QUI LA RELAZIONE DEL PROF. COSTA

Presto, poi, si ricorrerà anche ai privati, prevedendo un apporto dalle cliniche di circa 2.500 iniezioni al giorno, fatto salvo concludere formalmente l’intesa con i gruppi, visto che le due associazioni di categoria, l’Aiop e l’Aris (questa in rappresentanza degli istituti religiosi) hanno chiesto alla Regione un accordo quadro, mentre da corso Regina Margherita e dal Dirmei erano già partite le richieste ai singoli operatori in un cortocircuito che ha provocato più di un’irritazione. Non l’unico, peraltro. Già, perché nella foga di annunciare l’avvio della vaccinazione per gli over 70, in Regione ci si sarebbe dimenticati di specificare con chiarezza il ruolo dei medici di famiglia ai quali la comunicazione per l'avvio della vaccinazione in studio è giunta in molti casi dopo che questi fossero già stati subissati di telefonate dei loro assistiti i quali, in base a quanto stabilito, devono dare la loro adesione attraverso una piattaforma online e non tramite il medico di base.

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Nelle Asl nulla è stato fatto, lamentano i medici sul territorio. Tant’è che nelle chat impazzano commenti non proprio lusinghieri sull’organizzazione e gli stessi sindacati dei medici in lettere inviate ai loro associati se non tirano il freno poco ci manca, ricordando quali siano i doveri e quali le libere scelte in fatto di adesione alla campagna vaccinale. “I pazienti compresi nella fascia di età che vai dai 70 ai 79 anni, che cominceranno ad essere vaccinati a partire dal 15 marzo, si faranno la preadesione in autonomia attraverso un portale dedicato; noi non dobbiamo prenotare nessuno!” si legge in una missiva della Fimmg. Nella stessa si spiega ai sanitari pure che “ll medico di medicina generale non è assolutamente tenuto ad andare a vaccinare a domicilio i propri pazienti negli orari e nei giorni decisi dall'Asl”.

Insomma, dire che il sistema sia ancora da perfezionare (e in fretta) è ricorrere a un eufemismo. E questo di fronte alla prospettiva non poco rassicurante prefigurata, dati alla mano, da Costa sull’impatto positivo di una rapida immunizzazione delle fasce di età a maggior rischio, insieme alle persone più fragili per patologie o disabilità. Un’audizione, quella dell’epidemiologo che se da un lato ha aperto più di uno spiraglio di speranza, dall’altro ha rafforzato interrogativi. Come quelli che esprime, per il Pd, il consigliere Daniele Valle, coordinatore della commissione: “A che punto siamo con le vaccinazioni nelle diverse Asl? Abbiamo notizia che l’azienda Città di Torino sia significativamente indietro rispetto alle altre e nonostante le continue richieste non è possibile accedere a dati aggiornati differenziati per territorio. Il governo aggiorna e rende pubbliche le statistiche delle consegne e delle somministrazioni quotidianamente, settimanalmente noi consiglieri riceviamo un monitoraggio puntuale delle Rsa. Perché non è possibile per i vaccini?”. E, ancora: “La Regione intende adottare un proprio specifico piano vaccinale, con indicazioni ulteriori rispetto al piano nazionale, o si tratta della consueta annuncite?”. Intanto non sono chiare le categorie che avranno una corsia preferenziale. In pista ci sono già il personale scolastico e le forze dell'ordine, l'assessore Matteo Marnati è pronto a spedire migliaia di dosi nelle aziende pubbliche purché procedano autonomamente alla somministrazione e intanto la stragrande maggioranza delle dosi di AstraZeneca che sono arrivate o arriveranno entro la fine di marzo (150mila su 170mila) dovrebbero essere utilizzate per gli over 70. Almeno secondo il piano varato non più di 48 ore fa dal Dirmei. “Apriamo ad altre categorie perché abbiamo scorte sovrabbondanti o perché la nostra capacità di somministrare vaccini è già spremuta al massimo e quindi siamo costretti a vaccinare altri che non appartengono alle categorie più urgenti?” si chiede ancora Valle.

Dai consiglieri dem arriva anche l’ennesimo richiamo, confortato dal quadro fornito dall’epidemiologo, sul tracciamento dei casi. Con un bollettino odierno che ne attesta 2.232 nuovi e con un numero di decessi che sale drammaticamente a 42, “continuiamo a fare meno tamponi delle altre regioni simili alla nostra e ci sono casi in cui alcune persone vengono inviate addirittura fuori provincia per un tampone molecolare. A tutto questo – rimarca Valle insieme al collega Domenico Rossi – va aggiunto che il metodo utilizzato non consente di sistematizzare le informazioni raccolte per trarre delle informazioni sui luoghi del contagio”. Come non dare ragione al professor Costa quando dice che anche su questo fronte “servono passi da gigante”? Magari basterebbero già passi normali, senza inciampi su frettolosi annunci.

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