LOTTA AL COVID

"Così smettiamo di vaccinare", medici di base contro la Regione

"Disorganizzazione, carenza di programmazione, cambio di regole e comunicazioni contraddittorie". Il sindacato dei camici bianchi scrive a Cirio e Icardi: "Subito un cambio di passo o potrà venire meno la nostra disponibilità" - DOCUMENTO

“Comunicazioni contraddittorie, cambi di regole e carenza di programmazione”. È durata davvero poco la luna di miele tra i medici di famiglia e la Regione Piemonte sulla campagna vaccinale. L’esercito dei camici bianchi sul territorio, come lo aveva annunciato l’assessore Luigi Icardi, minaccia la diserzione. “Senza una risoluzione delle criticità attraverso la garanzia di linearità del programma vaccinale, non sarà possibile per tutti i medici proseguire con l’attuale collaborazione”, scrive Roberto Venesia, segretario regionale della Fimmg, in una lettera inviata allo stesso Icardi, al presidente Alberto Cirio e ai vertici dell’Unità di Crisi.

Partita, soprattutto a Torino, in ritardo rispetto al primato segnato dal Piemonte che era stata la prima regione a siglare l’accordo, la discesa in campo dei medici di medicina generale presenta in fretta una serie di problemi che, per la gran parte, i sanitari addebitano proprio alla catena di comando ragionale. Se “l’altalena della disponibilità delle dosi di AstraZeneca impedisce una programmazione delle sedute vaccinali nonché l’accorpamento delle stesse al fine della programmazione del richiamo rigidamente fissato a 84 giorni” – e questo non può essere fatto ricadere sui vertici regionali – la Fimmg elenca altri ostacoli domestici. Venesia cita “la disposizione dell’Unità di Crisi del 16 aprile 2021 secondo cui per familiari conviventi, caregiver, genitori, tutori, affidatari si utilizza il vaccino Vaxzevria (il nuovo nome di AstraZeneca), a meno che gli stessi non rientrino nelle altre due prime categorie, ovvero ultraottantenni ed estremamente vulnerabili”, per dire che questa direttiva “non solo contrasta con quanto indicato fino ad oggi, ovvero che tali categorie fossero da indicare sulla piattaforma delle preadesioni per effettuare un vaccino con Mrna, ma sembra indicare la somministrazione con Vaxzevria anche per i caregiver e conviventi di età inferiore a 60 anni”. Il sindacato chiede “un chiarimento coerente e preciso”.

Sempre citando la stessa disposizione con la quale si autorizza l’uso del vaccino Pfizer e Moderna per gli over 70 e over 60 a una serie di condizioni e tenuto conto delle scorte di magazzino, i medici obiettano che  a loro “verranno riservate tutte le dosi di AstraZeneca per i pazienti 60-79 anni, i pazienti dai 60 ai 79 anni dei seguiti da medici di base che non aderiscono alla campagna, saranno vaccinati presso le Asl con vaccino a Mrna”, con la conseguenza di “ discriminazioni, iniquità e conflittualità”. Non solo: “per gli over 80 e vulnerabili il cui medico ha deciso di non fare le vaccinazioni, potranno dover subire attese più lunghe”. Per contro “verranno “premiati” – perché per copertura e reazioni avverse è acclarato che i vaccini a Mrna siano preferibili – i pazienti dei medici che non vaccinano nei propri studi? Tale “premio” però sarà procrastinato a una successiva fase, ritardando quindi la copertura delle coorti 60-79 anni”.

La lettera della Fimmg a Cirio

Nella lettera ce n’è anche per la commissione costituita nell’ambito del Dirmei per valutare casi di estrema vulnerabilità non rientranti nelle categorie ministeriali e segnalati dal medico di medicina generale. “Come ci dovremmo comportare con chi, prima dell’istituzione di tale tavolo, è stato ormai vaccinato con AstraZeneca pur essendo candidabile a tale valutazione?” Ed è pensabile, si chiede ancora Venesia, che in caso di segnalazione di uno o due casi dubbi da parte di ogni medico, “il gruppo di lavoro possa evadere 3mila, 6mila richieste in tempi utili da anticipare la vaccinazione rispetto alle prossime fasi vaccinali?”.

Chiede risposte chiare e rapide, il principale sindacato dei medici di famiglia, peraltro il più pronto a salutare e annunciare con enfasi l’accordo stipulato con la Regione. “Stanchi, ma ancora collaborativi”, scrive Venesia – i medici di famiglia non escludono un “venir meno della disponibilità”.

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