REGIONE

Compromesso nel centrodestra
per sedare l'azzardo della Lega

La maggioranza cerca un modo per uscire dalla sabbie mobili. La proposta di Cirio: riduzione delle distanze dai luoghi sensibili, slot solo nei tabaccai e tesserino del giocatore. Il vicepresidente Carosso ambasciatore con le opposizioni. E gli operatori tornano in piazza

Un vertice per sconguirare la crisi. Il centrodestra ha discusso ieri, per la prima volta, della legge sull’azzardo che da due settimane tiene inchiodato il Consiglio regionale del Piemonte. E questo già la dice lunga sul perché la riforma tanto cara alla Lega sia finita in un vicolo cieco. Nel giorno in cui Palazzo Lascaris riapre il suo portone agli eletti, dopo oltre sei mesi di lockdown, l'aula è un Vietnam di emendamenti ostruzionistici, così una maggioranza mai così spaccata si è riunita, assieme ad Alberto Cirio, per trovare il modo di uscire dalle sabbie mobili in cui sta sprofondando.

Serve un compromesso, una via di fuga che consenta a tutti di uscirne in modo onorevole. È proprio il governatore a indicare la strada, ridimensionando quello che è stato definito dalle minoranze come un colpo di spugna sulla riforma contro la ludopatia, approvata nella passata legislatura. Limitazione della distanza minima dai luoghi sensibili (il cosiddetto distanziometro), slot solo nelle tabaccherie e non nei bar, potestà ai Comuni di regolare gli orari di gioco e l’introduzione, caldeggiata da Fratelli d’Italia, del tesserino del giocatore che consenta a ogni individuo un numero ben definito di giocate. Una forma di controllo simile a quella attuata sulla vendita delle sigarette ai maggiorenni attraverso la tessera sanitaria. E ulteriore proroga dei termini in cui scattano le limitazioni previste dalle norme introdotte cinque anni fa. Basterà? La strada è lunga e tortuosa. 

Nei giorni scorsi il botta e risposta tra Lega e Fratelli d’Italia ha allarmato il presidente della Regione: il partito di Giorgia Meloni ha chiesto il ritorno in commissione della legge Leone (dal nome del consigliere leghista primo firmatario) annunciando che mai avrebbe votato il provvedimento; per tutta risposta la Lega, con il coordinatore piemontese Riccardo Molinari, ha paventato il rischio di una crisi di maggioranza: “Dicano se sono dentro o fuori” ha tuonato lo stesso Molinari in un’intervista di ieri allo Spiffero. Meglio correre ai ripari, ma ora uscirne è tutt’altro che semplice.

Serve innanzitutto trovare una sintesi tra i tre partiti di maggioranza, dopo che anche Forza Italia, spinta dal capogruppo Paolo Ruzzola, si è dichiarata contraria all’annullamento del distanziometro previsto nella norma della Lega. Poi bisogna aprire un canale con l’opposizione: “Allo stato attuale, con tutti gli emendamenti ostruzionistici delle minoranze, non riusciremmo a portare a casa la norma prima di cento giorni” ha sentenziato il presidente di Palazzo Lascaris Stefano Allasia. Impossibile tenere bloccato per più di tre mesi il Consiglio, in piena pandemia, per una legge che non viene vissuta dall’opinione pubblica come prioritaria. Il compito di trattare con le opposizioni è toccato al vicepresidente della Regione Fabio Carosso, che oggi tenterà un primo approccio per capire se centrosinistra e grillini siano disposti a scendere dalle barricate in cambio di un annacquamento della norma.

Il tutto mentre gli operatori del gioco legale torneranno a manifestare davanti alla sede del parlamentino piemontese questa mattina (ore 9,30) sotto le bandiere dei sindacati Filcom, Fismic e Confsal. L’ennesima mobilitazione per “salvare migliaia di posti di lavoro già messi a rischio prova dalla pandemia”. Il 20 maggio, infatti, scadranno i termini previsti dalla legge del 2016 entro i quali gli operatori dovranno adeguarsi: cioè per spostare le proprie attività – ricevitorie, sale scommesse e bar e tabacchi possessori di macchinette e slot – a una distanza superiore di 500 metri (o 300 per i piccoli centri) da luoghi sensibili quali banche, ospedali, scuole, chiese. Per alcuni di questi potrebbe voler dire semplicemente chiudere.

FdI ha già fatto sapere che non intende votare nessun provvedimento che depotenzi la legge in vigore: l’ordine arriva direttamente da Meloni e nessuno intende disobbedire, neppure i consiglieri Davide Nicco e Paolo Bongioanni che pure erano apparsi meno granitici dei colleghi. La direttiva impartita dalla leader e arrivata attraverso il proconsole locale Andrea Delmastro e il segretario piemontese Fabrizio Comba non ammette cedimenti. La massima concessione possibile è quella di non partecipare alla votazione, evitando di esprimersi contro e aprire una crisi potenzialmente irreversibile. Forza Italia è divisa: il compromesso di Cirio potrebbe assicurare, oltre al voto del governatore, anche quello di Alessandra Biletta (e quello scontato dell’assessore Andrea Tronzano), mentre il capogruppo Ruzzola e il collega Carlo Riva Vercellotti sembrano più difficili da convincere. Numeri risicati e rischio altissimo di nuove tensioni.